Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno messo a punto e definitivamente approvato il regolamento che attua l’accordo del maggio scorso su rappresentanza e contrattazione. Un testo importante perché in tal modo quell’accordo, così innovativo per il nostro sistema di relazioni industriali, può finalmente entrare nella sua fase operativa. Pierangelo Albini, direttore centrale di Confindustria per i problemi sindacali, sa bene che adesso comincia l’azione più difficile, perché vanno trovati i contenuti di una nuova politica sindacale, ma sottolinea la valenza di un accordo che ha introdotto le regole per avere relazioni industriali oggettivamente più funzionali, come chiesto dalla difficile realtà economica nella quale viviamo.
Albini, ormai avete un sistema di regole molto preciso.
Sì, in effetti abbiamo compiuto con questo regolamento un bel passo in avanti. Ci sarà da farlo funzionare, naturalmente, ma adesso abbiamo un vero e proprio sistema di regole su rappresentanza e contrattazione.
Un sistema importante per il futuro delle relazioni industriali.
Sotto due punti di vista. Perché il testo unico fissa regole precise per il funzionamento delle relazioni industriali e perché così abbiamo creato le premesse per avere un vero e proprio ordinamento sindacale. Un sistema nel quale l’autonomia delle parti sociali fissa regole e sanzioni.
Il sindacato adesso è vincolato nei suoi comportamenti?
Abbiamo fissato le condizioni per introdurre nelle relazioni industriali il principio maggioritario, sul quale si regge la democrazia.
Avrebbe dovuto essere normale per il sindacato, che è una realtà democratica.
Sì, avrebbe dovuto essere così, ma non lo è mai stato. Perché nessun sindacato prima dell’accordo del 31 maggio dell’anno passato aveva accettato di rimettersi alle decisioni della maggioranza.
Anche per responsabilità del padronato, che lo ha consentito?
Il modello precedente al 31 maggio si basava sull’autoriconoscimento, che è principio molto diverso da quello introdotto col testo unico.
Il sindacato ha firmato l’accordo. Accetterà fino in fondo questo sistema?
Questa è la sfida che ci attende. Se sapremo dare consistenza alle regole che abbiamo firmato avremo un nuovo sistema di relazioni industriali. Altrimenti resteremo nel vecchio modello, che dal mio punto di vista ha esaurito la sua funzione. E anche la sua forza.
Il fatto che la Fiom affermi di non sentirsi vincolata non dà molta garanzia di funzionamento di questo sistema.
No, non le dà. E dimostra quanto sia difficile per una parte del sindacato rimettersi alle decisioni della maggioranza. Ma è solo accettando queste regole che si creano le premesse per un cambiamento sostanziale della dinamica che caratterizza le nostre relazioni industriali.
Il sindacato, ma in generale le parti sociali sono in un cono d’ombra, il loro ruolo è molto appannato rispetto a un passato nemmeno tanto lontano. Questo accordo riuscirà a dare nuovo smalto alla loro azione?
L’intesa cambia le regole del gioco. Ma non cambia necessariamente i contenuti. Per dare una svolta alle nostre relazioni industriali serve anche questo secondo passaggio. C’è bisogno di relazioni industriali di grande qualità, di maggiore intelligenza, perché le difficoltà da affrontare sono straordinariamente differenti da quelle che abbiamo affrontato prima di questa lunga stagione di crisi.
Il fatto che il sindacato per raggiungere questo accordo sia riuscito a superare divisioni al proprio interno molto forti e a lungo sedimentate si spiega appunto con l’urgenza di far fronte alle difficoltà economiche, così forti?
Io sinceramente spero che questo processo di avvicinamento di culture sindacali molto differenti sia voluto e consapevole.
Potrebbe non esserlo?
Se l’accordo non fosse sorretto da una piena consapevolezza darebbe frutti limitati e non ci assicurerebbe l’approdo a una diversa cultura delle relazioni industriali.
Lei dice che adesso occorre definire nuovi contenuti delle relazioni industriali. Le indicazioni che sono venute in questi giorni da Pordenone possono essere utili a delineare questi nuovi contenuti?
Certo, le proposte avanzate dall’Unione industriali di Pordenone al sindacato e alle autorità regionali si fondano sulla necessità di trovare soluzioni condivise ai temi della crisi. e individuano alcuni interessanti linee di intervento.
Il sindacato afferma che con questo accordo viene rafforzato il ruolo del contratto nazionale. ma proprio la crisi ha messo in evidenza la necessità di trovare soluzioni al livello territoriale. Questo non creerà dei problemi?
Non possiamo non partire in ogni considerazione dal fatto che noi tradizionalmente abbiamo due livelli di contrattazione, quello nazionale e quello aziendale o territoriale. E con questi ultimi accordi abbiamo voluto disciplinare l’esigibilità di tali accordi. Ma è indubbio che la situazione che stiamo vivendo ci costringerà a spostare l’asse della contrattazione verso il secondo livello. perché, come dimostrano anche le proposte che vengono da Pordenone, anche a questo livello di confronto le parti sociali possono trovare con le istituzioni del territorio soluzioni adeguate per accrescere la competitività delle aziende.
Le aziende cosa portano a casa con questo accordo?
L’impegno delle organizzazioni sindacali a rispettare le regole e a costruire relazioni industriali più collaborative. Del resto, questa è una stagione nella quale occorre creare nuova ricchezza, piuttosto che contendersi quella, poca, che abbiamo.
Una legge sulla rappresentanza rischia di rompere questo meccanismo?
Sarebbe una chiara dichiarazione di sfiducia nei confronti dell’autonomia delle parti sociali. Delle due l’una, o si riconosce questa autonomia e si costruisce un modello che depotenzi il suolo delle organizzazioni di rappresentanza.
Matteo Renzi non mostra molta fiducia nel sindacato, che critica abbastanza aspramente.
Certamente si possono individuare aspetti di debolezza e quindi spazi di miglioramento nei comportamenti delle organizzazioni sindacali. Però credo che in questi anni di crisi abbiano dimostrato grande senso di responsabilità. E gli va riconosciuto che con gli accordi raggiunti dal 2011 hanno compiuto un buon pezzo di strada verso un diverso, migliore sistema di regole.
Massimo Mascini