Giorgio Airaudo, segretario nazionale della Fiom, cosa succede se vince il sì, cosa se vince il no?
Premetto che per noi il referendum è illegittimo, è il referendum di Marchionne che ha come unico precedente Pomigliano, e caratterizzato dal trucco di un’unica risposta utile. Se si vota no quantomeno si riceverà la minaccia di non ricevere eventuali investimenti. Se invece vincerà il sì sarà il primo contratto nazionale aziendale, dal momento che la newco è fuori dal contratto nazionale. Questo comporterebbe un peggioramento delle condizioni dei lavoratori, che con il nuovo contratto avranno 40 minuti di pausa in meno sulle 7 ore e mezza di lavoro e un rischio superiore di usura. Subiranno inoltre una limitazione alla libertà di sciopero e saranno soggetti a una maggiore mercificazione del rapporto di lavoro, dal momento che le 120 ore di straordinario sono una grossa invasione del lavoro rispetto al tempo libero, in cui è concentrato anche il lavoro di cura.
La nuova formulazione sulla newco, che esclude i sindacati non firmatari, ha aperto un problema sulla rappresentanza?
Sì certamente. Il problema più grave riguarda il fatto che viene impedito ai lavoratori di votare i propri rappresentanti. I delegati, dunque, saranno scelti dal sindacato. L’altra questione è che si impedisce ai lavoratori iscritti al sindacato non firmatario dell’accordo di avere propri rappresentanti all’interno dell’azienda. Questo crea una rappresentanza dimezzata e un problema di agibilità sindacale, oltre che una lesione ai principi della Costituzione. Inoltre porterà maggiore conflitto nelle sedi legali, ma anche nei luoghi di lavoro.
Secondo lei come si può risolvere?
È innanzitutto necessario far cambiare idea alla Fiat, ma anche agire a livello nazionale con lo sciopero per evitare che il modello del Lingotto si diffonda in altre aziende metalmeccaniche. Sarà necessario poi intervenire con una legge che regoli la rappresentanza sindacale.
Tre motivi per votare no?
Avere maggiori garanzie sul futuro del proprio lavoro e più sicurezza; difendere la propria condizione di lavoro, affinché quest’ultimo sia più umano e dignitoso. Infine difendere la libertà sindacale, scegliendo i propri rappresentanti e non accettare un modello dove sono i lavoratori a trovarsi sempre nella condizioni peggiori.
Francesca Romana Nesci