In Italia, il nome di Arvedi è un nome notissimo fra tutti quelli che si occupano di siderurgia, e abbastanza noto fra quelli che hanno qualche cosa a che fare con l’industria metalmeccanica. Ma in un grande Paese industriale che, come il nostro, stenta a porre l’industria al centro del discorso pubblico, non si può dire che, fino a ieri, questo nome sia stato noto al grande pubblico. Da oggi però, qualcosa cambierà. E ciò non solo perché, proprio ieri, ha conquistato l’onore della prima pagina sul maggiore quotidiano economico italiano, il Sole 24 Ore. Ma perché la notizia che è stata riportata ieri su questa prima pagina e nelle pagine interne di altri giornali è davvero grossa. Grossa e, per così dire, doppia.
Primo: come scrive Rita Querzè sul Corriere della Sera, “il gruppo Arvedi ha acquisito”, dalla tedesca ThyssenKrupp, la Acciai speciali Terni, la mitica Ast, nonché le sue “controllate commerciali in Germania, Italia e Turchia”.
Secondo, come scrive Matteo Meneghello sul Sole 24 Ore, con questa mossa il gruppo Arvedi “si candida al ruolo di leader” della siderurgia italiana. E ciò “con un potenziale di fatturato da 7,5 miliardi” di euro e con “oltre 6.600 dipendenti”. Col che, in un’ideale classifica dei nostri maggiori gruppi siderurgici, lo stesso Arvedi non solo supera Marcegaglia, ma“spodesta (almeno per il momento) Acciaierie d’Italia”, ovvero la ex Ilva, e si piazza al primo posto.
Vediamo, dunque. A fine 2021, il gruppo Arvedi poteva vantare una produzione annua pari a 4,5 milioni di tonnellate di acciaio, frutto del lavoro di 4.300 dipendenti. Dal canto suo, la Ast, con 2.300 dipendenti, si attestava su una produzione annua di 1 milione di tonnellate.
Il gruppo Arvedi, fondato nel 1963 da Giovanni Arvedi, conosce una prima svolta dieci anni dopo, nel 1973, con l’apertura a Cremona dell’Acciaieria Tubificio Arvedi. E da allora in poi si è sempre caratterizzato come un gruppo siderurgico che ha puntato tutte le sue carte sull’innovazione. Tanto da aver messo a punto, negli anni, ben due tecnologie di processo. Prima, all’inizio degli anni ‘90, la cosiddetta Isp, ovvero Inline Strip Production, volta alla produzione di laminati piani di acciaio particolarmente sottili. Poi, nel corso del decennio successivo, la tecnologia Esp (Endless Strip Production) che ha reso possibile la fabbricazione di laminati sottilissimi direttamente dalla produzione a caldo, saltando la fase della laminazione a freddo.
“Il mio obiettivo non era produrre acciaio, ma produrlo in modo nuovo”, ha detto Giovanni Arvedi in un’intervista rievocativa pubblicata su La Provincia di Cremona il 21 febbraio dell’anno scorso. Intervista in cui annunciava la sua volontà di lasciare la Presidenza dell’Acciaieria, mantenendo però quella della finanziaria del gruppo, la Finarvedi.
Fatto sta che, forte delle sue qualità tecnologiche e delle sue conseguenti capacità produttive, il gruppo Arvedi aveva già provato a espandersi. A fine 2014, aveva acquisito l’antica Ferriera di Servola (Trieste), per poi spegnere, nel 2019, la sua area a caldo e mantenere nello stabilimento un impianto per la lavorazione a freddo di nastri d’acciaio.
Nel 2017, insieme al gruppo indiano Jindal South West e alle italiane Delfin e Cdp, Arvedi aveva costituito Acciaitalia, ovvero una delle due cordate industriali che si erano contese l’acquisizione della ex Ilva. Una gara poi vinta da AM InvestCo Italy, l’altra alleanza, quella capitanata da ArcelorMittal, rimasta poi sola dopo l’uscita di scena di Marcegaglia.
Attualmente, il gruppo Arvedi include, oltre all’Acciaieria di Cremona, l’impianto della Arinox – sito a Sestri Levante (Genova) e specializzato nella produzione di nastri di precisione in acciaio inox – nonché l’impianto di laminazione a freddo di Servola (Trieste). Ma con l’acquisizione della Ast, siglata lunedì 31 gennaio a Essen, in Germania, dopo una trattativa definita in gran parte già nello scorso settembre, il gruppo lombardo fa adesso un vero e proprio balzo in avanti che lo porta al vertice della nostra siderurgia.
Allo stesso tempo, Arvedi potrà offrire un adeguato contesto industriale all’acciaieria di Terni, ovvero a un sito produttivo, vocato da almeno quarant’anni alla produzione di acciai speciali, che – nei vari passaggi proprietari seguiti alla liquidazione della società pubblica Finsider (1988) – non ha più trovato un assetto stabile.
“Il Governo ha seguito con la dovuta attenzione e discrezione la vicenda e oggi siamo soddisfatti per il risultato positivo della vendita dell’Ast”, ha dichiarato il 16 settembre dell’anno scorso il Ministro dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, commentando le notizie relative alla definizione dell’accordo per il passaggio di proprietà da ThyssenKrupp ad Arvedi. “Questa conclusione – ha aggiunto in quell’occasione Giorgetti – rappresenta un tassello importante per la valorizzazione e il rilancio dell’acciaio italiano. Accogliamo con favore che la proprietà passi a un gruppo italiano e auspichiamo che questo si traduca anche in uno sviluppo dell’area industriale e in una tutela per il territorio interessato.”
Positive anche le prime reazioni dei sindacati dei metalmeccanici. “La conclusione della trattativa tra ThyssenKrupp e il Gruppo Arvedi con l’acquisizione di Acciai Speciali Terni è una buona notizia”, ha detto lunedì Rocco Palombella, Segretario generale della Uilm-Uil. Ciò, innanzitutto, “perché una parte essenziale del nostro settore siderurgico torna sotto il controllo di una importante società italiana che consolida e rafforza la sua posizione nel mercato nazionale e internazionale”. Ma anche perché “i lavoratori ternani” fin qui, e “da anni”, “hanno subìto il disinteresse e la mancanza di investimenti da parte di una multinazionale che aveva ormai deciso di uscire dal mercato dell’acciaio inox”.
“Salutiamo positivamente e con fiducia le notizie del closing (…) che vede la cessione degli impianti della Ast di Terni dalla ThyssenKrupp al gruppo italiano Arvedi”, hanno dichiarato, sempre lunedì, il Segretario generale della Fim-Cisl, Roberto Benaglia, e il responsabile siderurgia della stessa organizzazione, Valerio D’Alò. A loro giudizio, tale operazione “è indice di un settore” che non si segnala solo per “crisi e difficoltà”, ma che, anzi, può essere un “importante volano di rilancio per l’economia del Paese”. E ciò tanto più “in un momento storico in cui il mercato, i prezzi e la richiesta dell’acciaio offrono possibilità concrete di rilancio”.
Sulla stessa linea Francesca Re David e Gianni Venturi, rispettivamente, Segretaria generale e responsabile siderurgia della Fiom-Cgil. I quali hanno sottolineato, ieri, che “l’obiettivo di una cessione del sito ternano che ne preservasse l’integrità produttiva e l’integrazione con le controllate commerciali in Italia, Germania e Turchia è stato conseguito con ThyssenKrupp che”, peraltro, “manterrà una quota del 15% in Ast”. I due dirigenti sindacali hanno anche affermato che “l’acquisizione da parte del gruppo Finarvedi della maggioranza (…) di Ast può rappresentare un’opportunità di rilancio del settore degli acciai speciali e dell’intera siderurgia italiana”.
“Si apra ora il confronto sul piano industriale che confermi le produzioni di eccellenza, i livelli occupazionali, salariali e gli standard di sicurezza per tutte le lavoratrici e i lavoratori diretti, somministrati e dell’indotto”, hanno aggiunto Re David e Venturi.
Unanimi le richieste sindacali di un confronto con l’Esecutivo e con i Poteri pubblici locali. “Serve un impegno del Governo italiano e delle istituzioni locali per garantire fattori localizzativi in grado di affrontare le sfide che abbiamo di fronte”, scrivono ancora gli stessi Re David e Venturi. Mentre Benaglia e D’Alò, dopo aver ricordato che il nostro settore siderurgico “vive ormai da anni fasi altalenanti tra eccellenze e difficoltà”, affermano che il settore stesso “necessita, anche a fronte della transizione ecologica, di una regia da parte del Governo al quale continuiamo a chiedere da mesi un tavolo nazionale sulla siderurgia”. Da parte sua, anche Palombella insiste sul fatto che i sindacati attendono dal Governo “l’avvio, dopo molti annunci, di un confronto per la discussione di un piano nazionale della siderurgia”, ovvero di “un settore industriale strategico e imprescindibile per il presente e il futuro del nostro Paese”.
“Il confronto che si aprirà con la proprietà e con le Istituzioni”, concludono quindi Re David e Venturi, potrà “rappresentare un modello per l’intero Paese”; un Paese che “ha l’obbiettivo di governare le transizioni ecologica e tecnologica per garantire lavoro di qualità pur nella competizione globale”.
@Fernando_Liuzzi