La notizia la si poteva dare già la sera di giovedì 23 novembre in poche di righe. Più o meno così: si è riunita a Milano l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia, il gruppo siderurgico pubblico-privato attualmente proprietario degli stabilimenti e delle attività della ex-Ilva. La riunione, però, non si è conclusa. Dopo essersi prolungata, secondo diverse fonti, per tre o quattro ore, è stata rinviata alla giornata di martedì 28 novembre. Al termine dell’incontro, non è stato emesso nessun comunicato. In mattinata, i sindacati dei metalmeccanici – Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil – hanno tenuto un presidio davanti alla sede della società, in viale Certosa.
In realtà, dietro a queste scarne informazioni, c’è un vero e proprio dramma industriale. Un dramma le cui proporzioni e le cui possibili prospettive non sembrano essere state ancora percepite né dal nostro sistema dell’informazione, né – a monte – dal nostro sistema politico. Fin qui, solo i sindacati si sono mostrati consapevoli della gravità della situazione.
Ma torniamo alla giornata di ieri. L’unica notizia rilevante che è trapelata dall’incontro milanese è che i due soci di Acciaierie d’Italia – quello privato, ovvero ArcelorMittal (62%), e quello pubblico, ovvero Invitalia (38%) – hanno chiesto al Presidente del Consiglio di Amministrazione di Acciaierie d’Italia Holding, Franco Bernabé – che si è dimesso, come peraltro preannunciato, da tale incarico -, di congelare le sue dimissioni fino a martedì prossimo.
Ora, il punto è che tali dimissioni non sono un incidente di percorso dovuto a motivi personali, ma il sintomo e la conseguenza di una situazione di crisi decisionale che, al momento, appare non governata. E ciò sia a breve che in senso strategico.
A breve, secondo numerose fonti, sta il fatto che le risorse finanziarie presenti nelle casse del Gruppo sono quasi esaurite. Per quanto possa apparire incredibile, si teme che, entro poco tempo, ciò potrebbe non consentire, al più grande gruppo siderurgico attivo nel nostro Paese, di pagare le sue bollette energetiche. Il che potrebbe portare a un blocco delle sue attività produttive.
Per superare questi gravissimi rischi, i soci dovrebbero mettere insieme qualcosa come 300-320 milioni di euro. A quanto si sa, è pronto a fare la sua parte il socio pubblico, purché anche il socio privato faccia altrettanto. Ma fin qui, a quanto pare, su questo punto di vitale importanza non è stata ancora raggiunta un’intesa.
Da un punto di vista strategico, si parla poi di altre cifre. Un piano industriale degno di questo nome, ovvero un piano che avvii la decarbonizzazione del centro siderurgico di Taranto, dovrebbe contare, almeno, su 4 miliardi e mezzo di euro.
A questo proposito, si tenga presente che, fra gli addetti ai lavori, si parla di un Memorandum d’intesa che il Governo italiano avrebbe firmato con ArcelorMittal ai primi di settembre. Stando a quanto scrive oggi sul “Corriere della Sera” Michelangelo Borrillo, il Governo si sarebbe impegnato a contribuire in modo rilevante (2,27 miliardi di euro) al finanziamento di un piano pluriennale di decarbonizzazione dell’impianto tarantino. Nel fare ciò, l’Esecutivo conterebbe di poter ricorrere all’utilizzo di fondi previsti dell’Unione Europea come il cosiddetto RePowerEU. In tale contesto, Acciaierie d’Italia dovrebbe mettere a disposizione del progetto altri 2,35 miliardi.
Purtroppo, però, è abbastanza evidente che risulta difficile ragionare su questi impegni di rilevanza strategica se, nell’immediato, i soci non riescono a mettersi d’accordo sulla conduzione quotidiana della società. Il che significa, in pratica, che è difficile ragionare sul futuro del Gruppo se il suo socio privato non manifesta una sua volontà propositiva.
Ecco quindi il commento sconsolato di Loris Scarpa, il Coordinatore nazionale per la siderurgia della Fiom-Cgil: “L’assemblea dei soci del più grande impianto siderurgico d’Europa discute di 320 milioni di bolletta e non trova una soluzione quando servirebbero 5 miliardi per rilanciare produzione, occupazione e ambiente”.
Mentre Rocco Palombella, Segretario generale della Uilm-Uil, ha rincarato la dose: “Ormai, si è superato qualsiasi limite. Ancora una volta è prevalsa l’irresponsabilità dell’assemblea dei soci nel non assumere le decisioni necessarie e definitive per il rilancio dell’ex Ilva. Dopo mesi di rinvii, l’assemblea si è conclusa con un nulla di fatto”. E ciò mentre “il Governo continua a rimanere in silenzio”.
Martedì prossimo, occhi puntati sulla ripresa dell’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia.
@Fernando_LIuzzi