Il ministro Giuseppe Valditara è certamente una persona vanagloriosa che pensa di poter esercitare il suo ruolo facendo il contrario di quanto – al suo posto – sarebbe politicamente corretto. Il 18 febbraio davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze alcuni studenti hanno subito un’aggressione da parte di altri ragazzi appartenenti ad una organizzazione di destra (imparentata con FdI).
Un ministro che sa fare il suo mestiere stigmatizza il fatto che in uno istituto scolastico siano accaduti certi fatti, chiede alle autorità preposte di svolgere una inchiesta, poi – se ha dello spirito – incarica gli uffici di predisporre una circolare nella quale si invitano gli insegnanti di ogni ordine e grado a ricordare – in prossimità della ricorrenza – il significato della Festa del 25 aprile. Con un po’ di pazienza avrebbe avuto la soddisfazione di raccogliere le proteste – da parte di partiti, sindacati, movimenti, presidi, docenti, oves et boves et omnia pecora campi – perché non si riconosceva a lui – in quanto ministro di destra – il diritto di emanare una direttiva che sarebbe stata ritenuta strumentale se non addirittura provocatoria. Ma Valditara è un uomo tutto di un pezzo, che dice quello che pensa senza pensare a ciò che dice. Così quando una dirigente scolastica di un altro istituto ha avvertito il dovere di scrivere una lettera aperta di solidarietà con le vittime dell’aggressione evocando di sottecchi il fascismo (come prodotto di una colpevole indifferenza da bandire per sempre) il ministro l’ha sommersa con un comunicato inutilmente aggressivo che si concludeva con la minaccia di provvedimenti disciplinari “se l’atteggiamento dovesse persistere”.
Le conseguenze, Valditara, doveva immaginarle: Si è trattato di un autogol clamoroso sul piano politico che ha trasformato Valditara nel Comunardo Niccolai della squadra di governo, consegnando ad una sinistra a cui rimangono solo gli occhi per piangere e qualche colpo di mano sui temi dell’antifascismo, un’occasione propizia per organizzare una manifestazione nazionale, durante la quale la preside “ribelle” è stata festeggiata come la Pulzella d’Orleans, mentre sotto il palco ha avuto luogo l’incontro di Teano 2, tra Conte, Schlein e Landini a presagire una riscossa contro la maggioranza e il governo di destra. Il ministro è uomo di mondo; dovrebbe aspettarsi altre prese di posizione, altre “lettere di cui non sa cosa farsene” se resterà al ministero di Trastevere. Farebbe bene a lasciar perdere perché un po’ di antifascismo non fa male a nessuno.
Come scrisse Piero Calamandrei le Costituzioni si scrivono sempre CONTRO un passato che un popolo intende lasciarsi alle spalle. In questo senso la Carta del 1948 è inequivocabilmente antifascista. In quella piazza fiorentina piena di gente in una bella giornata di sole c’era a mio avviso un’assenza importante per una manifestazione contro il fascismo. Se è sfuggita al ministro, io me ne sono accorto. Tra tanto sventolio di bandiere rosse e variopinte, tra tanti striscioni e cartelli di condanna e protesta, non si intravvedeva una sola bandiera ucraina. E noi sappiamo perché: in quella manifestazione le bandiere ucraine sarebbero state considerate divisive e pertanto non gradite dagli organizzatori e dai partecipanti; se non addirittura ritenute ostili e provocatorie, giustificabili soltanto se esibite insieme ai vessilli della Federazione russa. Pertanto, cari compagni, a me non interessa un antifascismo che, nel momento in cui esprime sentimenti e valori di libertà, evita accuratamente di condannare il massacro dell’Ucraina e ignora il vero fascismo dei nostri tempi, minaccioso nel cuore dell’Europa. Se il vostro è l’antifascismo dell’indifferenza (l’atteggiamento stigmatizzato dalla preside redarguita), dell’equidistanza tra l’aggressore e l’aggredito, di chi esprime comprensione per le ragioni di Putin, tenetevelo pure.
Giuliano Cazzola