Se sul piano nazionale la discussione continua a languire, a Napoli il salario minimo fa un balzo in avanti. La Giunta del capoluogo campano ha infatti approvato un atto di indirizzo finalizzato alla tutela della retribuzione minima oraria salariale nei contratti del Comune di Napoli, per cui tutti gli operatori economici ai quali il Comune affiderà lavori, forniture e servizi dovranno prevedere un trattamento economico per i dipendenti non inferiore a 9 euro l’ora. La delibera è stata adottata su proposta dell’assessora al Lavoro Chiara Marciani e impegna direttamente sia l’Amministrazione che le società partecipate del Comune.
Il documento rappresenta un ulteriore tassello nel quadro delle iniziative volute dal sindaco Gaetano Manfredi per offrire maggiori tutele ai lavoratori. La delibera, infatti, integra il protocollo d’intesa su sicurezza e legalità negli appalti e nei subappalti, che il Comune di Napoli stipulerà con le organizzazioni sindacali. Lo schema del protocollo d’intesa, approvato dalla Giunta l’8 luglio scorso, è finalizzato anche ad assicurare ai lavoratori impiegati negli appalti le migliori garanzie economiche e normative. L’atto di indirizzo ha recepito l’ordine del giorno a firma del consigliere Sergio D’Angelo, che il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità nello scorso novembre.
“Questa delibera – spiega l’assessora Marciani – contiene anche vincoli sui contratti collettivi che devono essere applicati al personale impiegato nei lavori, nei servizi e nelle forniture oggetto di appalti pubblici, in coerenza con la disciplina prevista dal nuovo Codice dei contratti pubblici. L’Amministrazione intende garantire la dignità del lavoro e con gli ultimi atti approvati dalla Giunta vengono prescritte ulteriori garanzie, di sicurezza ed economiche, rispetto a quelle già previste dalla legislazione vigente”.
“Non abbiamo l’ambizione di sostituirci al Parlamento e alla politica nazionale, ma vogliamo lanciare un segnale dalla più grande città del sud, dove più che altrove è largamente diffuso il lavoro povero – evidenzia il consigliere D’Angelo – Basta paghe da fame, soprattutto da parte di chi esegue lavori per conto delle amministrazioni pubbliche”.
Il provvedimento incontra tuttavia la netta contrarietà da parte della Cisl di Napoli che, in linea con la posizione della confederazione, ritiene la misura un “atto inefficace, controproducente, che rischia di creare contenzioso e di schiacciare verso il basso i riferimenti retributivi dei lavoratori”, come spiega la segretaria generale Melicia Comberiati, che continua: “Avevamo già espresso la posizione della Cisl in quanto l’atto amministrativo deroga a quanto stabilito dall’art. 11, c. 1, d.lgs. n. 36/2023 (c.d. Codice degli Appalti) che indica la contrattazione collettiva da applicare al personale impiegato in lavori, servizi e forniture relativi ad appalti pubblici o concessioni, ossia il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.
“Inoltre – conclude Comberiati- atti di indirizzo come questo del Comune di Napoli non sono condivisibili nel metodo: semmai, dovrebbero essere promossi con la partecipazione ed il coinvolgimento attivo delle parti sociali. Per questo chiediamo un ulteriore confronto, nel quale proporre e stipulare un Protocollo o accordo quadro che escludano però la condizione di una soglia retributiva minima oraria, ma introducano invece il riconoscimento ai lavoratori del trattamento economico complessivo previsto dai CCNL maggiormente applicati e sottoscritti dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.
Elettra Raffaela Melucci