106ª Seduta
Presidenza del Presidente
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale Montagnino.
La seduta inizia alle ore 14,40.
IN SEDE REFERENTE
(1903) Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’ equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale, approvato dalla Camera dei deputati
(Seguito dell’esame e rinvio)
Riprende l’esame sospeso nella seduta pomeridiana del 6 dicembre scorso.
Interviene nella discussione generale il senatore GALLI (LNP), rilevando preliminarmente che il dibattito svoltosi in Commissione ha evidenziato la mancanza di una visione strategica coerente ed unitaria sui temi dell’economia e del lavoro da parte di una maggioranza sempre più divisa al suo interno. Si registra inoltre un evidente scostamento rispetto agli impegni assunti dallo schieramento di centro-sinistra nel corso della campagna elettorale del 2006: nel disegno di legge all’esame, infatti, non si trova traccia della pur annunciata abrogazione integrale del decreto legislativo n. 276 del 2003, al quale vengono invece apportate modifiche non molto rilevanti, ma senza dubbio molto discutibili. Una caratteristica alquanto negativa del Governo in carica e della maggioranza parlamentare che lo sostiene consiste infatti nel promuovere interventi apparentemente marginali, ma che convergono tutti nell’unico deleterio fine di porre un freno allo sviluppo delle attività produttive. D’altra parte, vi sono altri vistosi elementi di differenza tra le promesse elettorali e la realtà attuale: la concertazione, presentata dalla maggioranza di centro-sinistra come chiave di volta del processo di riordino del mercato del lavoro e dello Stato sociale, è stata di fatto vanificata nei suoi effetti, poiché il Protocollo siglato il 23 luglio del 2007 e sottoposto ad una consultazione dei lavoratori è stato poi stravolto con il disegno di legge all’esame, che ne ha modificato i contenuti in misura non irrilevante.
Anche le norme che intervengono a modificare l’innalzamento dei requisiti anagrafici di accesso al pensionamento di anzianità introdotto con la legge n. 243 del 2004 – frutto anch’esse di promesse elettorali – sono presentate come il ripristino di condizioni di maggiore gradualità nell’aumento dell’età pensionabile, ma, in realtà, attraverso vari meccanismi, a partire dall’adozione del sistema delle decorrenze per i pensionamenti di vecchiaia e per chi ha conseguito 40 anni di anzianità contributiva, creano condizioni più rigide e penalizzanti per quel che concerne l’accesso ai trattamenti.
Le modifiche alla riforma del mercato del lavoro del 2003 introdotte con il disegno di legge all’esame – prosegue il senatore Galli – non tengono conto del costante peggioramento della situazione economica, e della stagnazione produttiva, che viene invece celata dietro stime sulla crescita del PIL per il 2008 tanto ottimistiche quanto inattendibili. In realtà, l’attuale maggioranza non dispone di alcuna ricetta credibile per lo sviluppo economico e per l’occupazione e mentre si esauriscono gli effetti positivi delle politiche poste in essere in questo campo nella passata legislatura, si evidenzia una sostanziale incapacità propositiva, che emerge da misure che ostacolano lo sviluppo delle imprese e intervengono in modo tale da attenuare e tendenzialmente vanificare i positivi effetti sull’occupazione realizzati con la legge n. 30 ed il decreto legislativo n. 276 del 2003.
Il presidente TREU, dopo aver fatto presente al senatore Galli che nel corso della discussione generale alcuni interventi dei senatori appartenenti ai Gruppi politici del centro- sinistra hanno cercato di approfondire i temi legati alle strategie da porre in essere per l’occupazione e lo sviluppo economico, dichiara conclusa la discussione generale e dà la parola al relatore ed al rappresentante del Governo per le repliche.
Replica quindi agli intervenuti il relatore alla Commissione ROILO (PD-Ulivo), il quale fa presente preliminarmente che, all’atto del suo insediamento, il Governo attualmente in carica non trovò la positiva situazione alla quale ha fatto riferimento il senatore Galli nel suo intervento, ma, al contrario, dovette fare fronte a una condizione di sostanziale stagnazione dell’economia e di incremento del debito pubblico, peraltro ampiamente censurato nelle competenti sedi dell’Unione europea, e a una realtà sociale attraversata da forti ed irrisolte tensioni. Tali tensioni, che derivavano in larga misura dai rapporti instaurati con le parti sociali, nella passata legislatura, dal Governo di centro-destra, si sono ulteriormente aggravate nel 2004, a causa della riforma previdenziale varata in quell’anno, fortemente osteggiata dalle organizzazioni sindacali, che contro di essa proclamarono uno sciopero generale.
I positivi risultati registrati negli ultimi mesi sul versante dei conti pubblici e della ripresa produttiva non sono quindi l’effetto delle misure adottate nella passata legislatura, ma la conseguenza degli interventi posti in essere con la legge finanziaria per il 2007, rispetto alla quale la manovra di finanza pubblica per il 2008, attualmente all’esame della Camera dei deputati, si pone in una linea di stretta continuità. Dall’inizio della XV legislatura sono stati inoltre avviati significativi interventi a sostegno dello sviluppo, con il rilancio di qualificati investimenti pubblici, in particolare nel campo delle infrastrutture, volti a promuovere la crescita economica del Paese. Non a caso, in una situazione di rallentamento delle economie di tutti i Paesi dell’Unione europea, le stime più attendibili fanno ritenere che la crescita dovrebbe attestarsi poco al di sotto del 2 per cento del PIL e potrebbe proseguire con un andamento simile anche nel prossimo anno.
Sempre guardando ai risultati conseguiti in circa un anno e mezzo di attività di governo – prosegue il relatore – non si può non ricordare l’impegno profuso per ricondurre i conti pubblici nell’ambito dei parametri europei e per assicurare il rispetto degli obblighi assunti in tal senso dal precedente Governo nelle competenti sedi comunitarie. Il rigore nella finanza pubblica è infatti il quadro di riferimento entro il quale si sono attuati gli interventi di carattere sociale e per lo sviluppo posti in essere nell’attuale legislatura: non è una linea facilmente perseguibile, non sempre essa ha trovato il consenso sperato all’interno dell’opinione pubblica e a volte ha generato contrasti nell’ambito della stessa maggioranza, pur tuttavia è l’unica strada perseguibile.
In tale contesto, si colloca anche il disegno di legge all’esame, che dà attuazione ad un importante accordo stipulato dal Governo con le parti sociali ed è il risultato della concertazione adottata come asse portante delle politiche sociali e del lavoro, diversamente da quanto ha fatto il precedente Governo di centro-destra, scarsamente interessato al confronto con le parti sociali.
Nei contenuti, il Protocollo del 23 luglio 2007 presenta molte soluzioni positive ai problemi dello sviluppo e dell’occupazione: è un accordo che, senza alcuno scambio, prevede conquiste volte a realizzare maggiori condizioni previdenziali e lavorative. Non a caso il referendum indetto su di esso dalle organizzazioni sindacali ha avuto un esito positivo e, soprattutto, ha fatto registrare un elevatissimo livello di partecipazione al voto. Sono difficilmente comprensibili, a questo proposito alcune polemiche, l’eco delle quali è risuonata anche nel corso del dibattito in Commissione, circa i condizionamenti a cui quel voto sarebbe stato sottoposto. In realtà, i lavoratori si sono espressi liberamente, senza alcuna strumentalizzazione o condizionamento. Anche le recenti reazioni dopo il gravissimo incidente sul lavoro alla Thyssen Krupp di Torino, dimostrano che i lavoratori stessi non hanno remore a criticare anche duramente il sindacato, ove ritengano che quest’ultimo non ne tuteli i diritti in modo conseguente.
Proseguendo nella sua replica, il relatore osserva che la previsione contenuta nel disegno di legge in titolo, di una modulazione graduale nell’innalzamento dell’età pensionabile rispetto al cosiddetto “scalone”, che porta bruscamente a 60 anni l’età pensionabile a decorrere dal 2008, determina una condizione di maggiore equità, tiene conto della particolare condizione di coloro che svolgono attività usuranti ed evita che i problemi di equilibrio della spesa previdenziale vengano posti a carico esclusivamente dei lavoratori dell’industria, addetti, in molti casi, a mansioni pesanti e nocive. La soluzione individuata con il disegno di legge all’esame tiene infatti conto dell’esigenza di chiamare tutti i lavoratori, e non solo una parte di essi, a sostenere gli oneri connessi all’equilibrio del sistema previdenziale. Non si tratta quindi di una scelta imposta dalla componente più radicale della maggioranza, ma dell’adempimento di una parte importante del programma con cui l’Unione si è presentata agli elettori, che, per questo aspetto, coincide anche con le richieste avanzate dai sindacati confederali.
Sempre sul versante previdenziale, occorre poi ricordare che il Governo ha adottato significative misure per l’innalzamento dell’importo delle pensioni più basse, utilizzando a tal fine il maggior gettito delle entrate fiscali, e che nel disegno di legge all’esame sono presenti misure riguardanti la totalizzazzione dei periodi contributivi e il riscatto degli anni di studio universitario, che favoriscono le giovani generazioni e verso le quali anche i senatori dei Gruppi politici di opposizione hanno espresso apprezzamento.
Anche l’eliminazione della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e del rapporto di lavoro intermittente costituisce la realizzazione di impegni assunti con gli elettori, mentre la soluzione individuata con la revisione della disciplina sui contratti a termine ha il pregio di costituire un freno agli abusi, nel rispetto delle esigenze di flessibilità del lavoro, che non devono certo essere misconosciute. Sotto questo profilo, appare convincente ed equilibrata la soluzione individuata al fine di consentire la stipulazione di un ulteriore contratto a termine una volta superato il limite di trentasei mesi: il rinvio alle parti sociali del compito di definire la durata del predetto ulteriore contratto e la previsione che esso venga stipulato presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, con l’assistenza di un rappresentante di un organizzazione sindacale adeguatamente rappresentativa consentono una gestione della flessibilità in grado di scongiurare il rischio che essa degeneri nel precariato o nella violazione delle norme contrattuali in materia retributiva, come oggi purtroppo avviene non soltanto nelle aree del Mezzogiorno ma anche nelle regioni più ricche del paese, sopratutto per le donne e per i giovani.
Nel corso del dibattito – prosegue il relatore – è emerso un diffuso consenso nei confronti delle misure che rimodulano i trattamenti di disoccupazione: occorre altresì sottolineare la rilevanza delle norme di delega per il riordino del sistema degli ammortizzatori sociali, che puntano a porre fine ad ingiustificate disparità tra i lavoratori legate esclusivamente alle dimensioni delle aziende presso le quali sono impiegati, e ad estendere alcune tutele a lavoratori che finora ne sono stati privi.
Vi sono dunque molte ragioni per sollecitare l’approvazione definitiva di un provvedimento come quello all’esame, che recepisce fondamentali richieste provenienti dal mondo del lavoro. Al tempo stesso, l’impegno del Governo sul versante sociale non può ovviamente esaurirsi con il varo delle norme che recepiscono il Protocollo del 23 luglio 2007. Deve anzitutto essere affrontata la questione salariale, sulla quale già è stata avviata congiuntamente con la 6a Commissione permanente un’indagine conoscitiva per approfondire i profili fiscali e contributivi del problema. In generale, il tema del livello delle retribuzioni e della difesa del loro potere di acquisto è di grande attualità, e riguarda soprattutto il lavoro dipendente. Occorre in primo luogo procedere rapidamente al rinnovo dei contratti collettivi di lavoro, e, per questo profilo, l’azione del Governo presenta delle ovvie limitazioni, mentre proprio su questo terreno il presidente della Confindustria potrà dare dimostrazione della sua più volte asserita sensibilità al problema. Vi è poi l’aspetto relativo al fisco, ai prezzi e alle tariffe, sul quale invece più ampio è il campo di intervento dell’Esecutivo. Altri temi di rilievo che dovranno essere affrontati quanto prima riguardano le iniziative di contrasto del precariato – rispetto al quale già nella legge finanziaria per il 2007 sono state adottate importanti misure, sopratutto per quel che concerne la pubblica amministrazione, dove il fenomeno ha assunto dimensioni particolarmente consistenti -, la definizione di nuovi assetti contrattuali, più funzionali alle esigenze dei lavoratori e delle imprese, e la prosecuzione dell’impegno già assunto con l’approvazione della legge n. 123 del 2007, sul fondamentale tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, rispetto al quale è indispensabile che sia l’Esecutivo sia le imprese adottino misure sempre più incisive, in primo luogo per porre finalmente fine al quotidiano stillicidio di morti sul lavoro.
Il sottosegretario MONTAGNINO, intervenendo in replica, osserva che il relatore, nel suo intervento, non ha solo puntualizzato alcuni profili fondamentali del provvedimento all’esame, ma ha anche risposto a gran parte dei quesiti, dei dubbi e delle osservazioni emersi nel corso della discussione generale.
Per dare conto del punto di vista del Governo, occorre pertanto precisare in via preliminare che il disegno di legge all’esame è ancorato a princìpi e criteri di azione che riguardano i temi della crescita economica e dell’equità sociale e che mirano a determinare una radicale inversione di tendenza rispetto alla condizione di stagnazione protrattasi per tutti gli anni della XIV legislatura, malgrado le reiterate previsioni ottimistiche sull’andamento del PIL formulate annualmente dal precedente Governo e puntualmente smentite dai fatti. Ancora oggi, peraltro, la situazione economica non è brillante e il Governo deve superare ostacoli di varia natura per riprendere il cammino verso una crescita equilibrata, una maggiore coesione sociale e una più stringente garanzia dei diritti fondamentali che attengono all’equità.
In questo contesto, il disegno di legge che dà attuazione al Protocollo del 23 luglio 2007 affronta le problematiche della previdenza, del lavoro e della competitività anche con il fine di assicurare maggiori tutele ai soggetti più deboli del mercato del lavoro e di operare una redistribuzione di risorse per garantire più elevati livelli di inclusione sociale e di occupazione.
Per molti aspetti, l’accordo del 23 luglio presenta notevoli differenze rispetto a quelli che lo hanno preceduto. Nella passata legislatura, in particolare, fu sottoscritto il Patto per l’Italia, i cui contenuti però hanno trovato una limitatissima attuazione: si pensi ad esempio al reddito di ultima istanza, che avrebbe dovuto sostituire l’istituto del reddito minimo di inserimento, e il cui avvio, in una delle ultime leggi finanziarie della XIV legislatura, è rimasto lettera morta, salvo per le censure della Corte costituzionale. Analogamente, sempre nella passata legislatura, è rimasto fermo alla fase dell’esame in Commissione il disegno di legge sul riordino del sistema degli ammortizzatori sociali e degli incentivi all’occupazione, collegato alla progettata e inattuata revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Nel Patto per l’Italia era comunque presupposto uno scambio tra le parti contraenti, che è invece assente nel Protocollo del 23 luglio, in quanto quest’ultimo opera una redistribuzione di risorse nel senso sopra indicato, all’esito di una concertazione che costituisce un notevole passo avanti rispetto al dialogo sociale; quest’ultimo ha caratterizzato il rapporto del Governo di centro-destra con le organizzazioni sindacali e datoriali, e ha prodotto, tra l’altro, la riforma previdenziale del 2004, fortemente osteggiata dai sindacati.
Contrariamente al dialogo sociale, che si limita alla consultazione delle parti, la concertazione realizza intese nelle quali il Governo è direttamente coinvolto al fine di raggiungere finalità che riguardano l’intera collettività e non solo i soggetti rappresentati: l’assenza di alcune associazioni datoriali tra i firmatari del Protocollo del 23 luglio è peraltro legata a motivi specifici, che investono singoli aspetti dell’intesa e peraltro giova ricordare, a questo proposito, che anche il Patto per l’Italia non fu sottoscritto dalla maggiore organizzazione sindacale dei lavoratori.
Il Protocollo affronta molteplici aspetti, su alcuni dei quali il dibattito in Commissione ha fatto registrare anche l’assenso dei Gruppi politici dell’opposizione: l’intesa quindi deve essere giudicata nella sua complessità, a partire dai suoi profili più qualificanti.
Sul versante previdenziale – prosegue il Sottosegretario – il massiccio investimento di risorse previsto per ricondurre ad una maggiore gradualità l’innalzamento dei requisiti anagrafici per l’accesso alle pensioni di anzianità, superando le troppo drastiche misure adottate con la legge n. 243 del 2004, è stato compiuto non soltanto al fine di mantenere un impegno assunto con gli elettori, ma anche e soprattutto al fine di abolire una misura iniqua, tenendo conto al tempo stesso delle condizioni obiettive concernenti la composizione demografica della società italiana e la sua evoluzione nel lungo periodo, al fine di salvaguardare i diritti previdenziali di coloro che hanno intrapreso da poco una attività lavorativa o che la intraprenderanno. La rimodulazione dei requisiti di accesso ai trattamenti sulla base di un principio di gradualità tiene conto della necessità di salvaguardare l’equilibrio complessivo del sistema previdenziale, come peraltro è dimostrato dal conseguimento, nel 2013 – cioè in un momento di particolare pressione sul sistema medesimo – dello stesso risultato che si propone di conseguire la norma attualmente vigente.
Le disposizioni che figurano nel disegno di legge in titolo affrontano anche il problema della posizione previdenziale dei lavoratori addetti a mansioni usuranti. Nel corso della discussione generale, da parte dei senatori appartenenti ai Gruppi politici di centro-destra, sono stati avanzati numerosi dubbi sull’entità della spesa prevista e sulla congruità della relativa copertura finanziaria. In realtà, la Ragioneria generale dello Stato ha effettuato la verifica delle coperture finanziarie relative a questa parte del provvedimento all’esame, senza sollevare particolari obiezioni. Non è inoltre esatto quanto ha sostenuto il senatore Turigliatto, circa il fatto che gli oneri derivanti dall’attuazione della delega legislativa su tale materia verrebbero a gravare sugli stessi soggetti beneficiari della disciplina all’esame, poiché, per le finalità in discussione, sono destinate specifiche ed ingenti risorse pubbliche. In alcuni interventi dei senatori appartenenti ai Gruppi politici dell’opposizione è stata sostenuta la necessità di mantenere una limitazione numerica dei beneficiari nella misura di 5000 soggetti per ogni anno: il Governo ha invece escluso di porre un limite di natura numerica all’esercizio di un diritto soggettivo, ritenendo che la concessione dei benefici può essere regolata in base a criteri tali da assicurare la coerenza con il limite delle risorse finanziarie disponibili. Viene inoltre introdotta una clausola di salvaguardia, in base alla quale, nel caso in cui, in sede di monitoraggio delle domande presentate e accolte, si verifichino scostamenti rispetto alle disponibilità finanziarie, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale informa tempestivamente il Ministro dell’economia e delle finanze al fine dell’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978. E’ altresì previsto che l’atto di esercizio della delega, di cui al comma 3 dell’articolo 1 del disegno di legge in titolo, sia munito di relazione tecnica, al fine di consentire la verifica dell’osservanza delle disposizioni costituzionali in materia di copertura delle leggi di spesa.
Proseguendo nella sua replica, il rappresentante del Governo osserva che la discussione generale, peraltro ricca e approfondita, ha posto in luce altri temi, relativamente al riordino del mercato del lavoro.
Risultano in particolare convincenti ed adeguate le soluzioni individuate nel disegno di legge n. 1903 per quanto concerne sia il limite di trentasei mesi posto alla successione dei contratti a tempo determinato sia il regime della relativa deroga, la cui determinazione, quanto alla durata temporale, è rimessa all’autonomia delle parti sociali. Si tratta, infatti, di una disposizione equilibrata, che si avvicina a quanto era stato previsto dalla Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati in un emendamento poi non recepito nel voto finale dell’Assemblea di Montecitorio, e che, contrariamente a quanto è stato sostenuto da alcuni, non rappresenta in alcun modo una rinuncia del Parlamento a disciplinare direttamente un rilevante profilo contrattuale, dato che, fermi restando i vincoli di legge, le parti dispongono delle competenze necessarie a risolvere la questione della durata del contratto a termine ulteriore, sulla base delle effettive esigenze di ciascun comparto produttivo.
Un altro punto su cui il testo trasmesso dalla Camera dei deputati si discosta da quanto era stato deliberato dalla competente Commissione di quel ramo del Parlamento riguarda la definizione del lavoro notturno nell’ambito dei lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti. A tale proposito, occorre sottolineare che il riferimento al decreto legislativo n. 66 del 2003, in luogo del rinvio alla contrattazione, consente una individuazione più precisa dell’ambito soggettivo di applicazione della norma all’esame, anche in relazione alle già richiamate esigenze di coerenza con le disponibilità finanziarie.
Con la cancellazione del cosiddetto staff leasing – del quale peraltro le imprese si sono avvalse in misura molto limitata – si supera una situazione di intermediazione ingiustificata, in considerazione della natura a tempo indeterminato del rapporto instaurato, mentre la limitazione della possibilità di ricorrere al lavoro intermittente ad alcuni comparti produttivi e sulla base delle intese conseguite tra le parti sociali, dà attuazione ad una parte significativa del Protocollo del 23 luglio. Si è ritenuto di non includere esplicitamente la ristorazione tra i predetti comparti produttivi, poiché la si riteneva già compresa nel turismo, che, insieme allo spettacolo, è appunto uno dei due settori nei quali è consentito un limitato ricorso a tale tipologia contrattuale.
Nel campo della previdenza complementare, poi, il Governo, nell’anticipare l’entrata in vigore di una disciplina varata nella scorsa legislatura, ha conseguito risultati soddisfacenti, che però devono essere consolidati.
Avviandosi alla conclusione, il rappresentante del Governo osserva che il Governo di centro-destra, nella passata legislatura, intraprese con grande energia una riforma del mercato del lavoro che, però, priva del suo naturale completamento con il riordino in senso universalistico del sistema degli ammortizzatori sociali e con l’introduzione di misure di democrazia economica, si è risolto, per molti aspetti, in una unilaterale operazione di compressione del costo del lavoro e di riduzione delle tutele, a vantaggio dei datori di lavoro. La tendenza a trasformare la flessibilità in precariato deve essere pertanto disincentivata anche agendo sul versante dei costi. Ciò ovviamente non significa identificare meccanicamente flessibilità e precarietà: occorre anzi agire nel senso di valorizzare la flessibilità laddove essa rappresenti un adattamento alla costante evoluzione dell’organizzazione produttiva, ma ciò non può giustificare in alcun modo la discriminazione retributiva o la perdita di diritti. A tale proposito, occorrerà anche una riflessione sull’attuale disciplina del trasferimento di ramo d’azienda, al fine di evitare che, tramite essa, si realizzino impropri aggiramenti delle norme poste a garanzia della stabilità dell’occupazione.
Il senatore Viespoli, nel suo intervento, si è richiamato al rapporto ISFOL 2007, per segnalare l’esigenza di mantenere fermo il principio della sinergia tra pubblico e privato nei servizi di intermediazione della domanda ed offerta di lavoro. Il Governo non ha alcuna intenzione di cancellare le norme che hanno aperto a soggetti privati la possibilità di fornire servizi all’impiego: si tratta infatti di una riforma introdotta nel 1997 da un Governo di centro-sinistra, sulla quale si è innestata la successiva riforma del 2003. Al tempo stesso, occorre tenere presente il rafforzamento del dialogo interistituzionale tra Governo, Regioni e province, sulla esigenza di rendere più efficace e incisivo il sistema pubblico: tale esigenza, alla quale si riferisce anche il citato rapporto ISFOL, può e deve essere recepita, proprio al fine di creare le condizioni per rendere più dinamico e competitivo il mercato del lavoro.
Dopo avere richiamato le disposizioni contenute nel disegno di legge n. 1903, relative alla revisione dei coefficienti di trasformazione e all’attivazione di politiche volte ad assicurare tassi di sostituzione sostenibili per le pensioni calcolate con il sistema contributivo, il rappresentante del Governo sottolinea la rilevanza delle misure adottate in favore dei giovani anche per quel concerne la totalizzazione dei periodi contributivi, l’integrazione degli emolumenti corrisposti per i contratti di ricerca, le agevolazioni per il riscatto ai fini previdenziali degli anni di studio universitario e per l’accesso al credito, misure, peraltro, che hanno riscosso anche l’apprezzamento dei rappresentanti dei Gruppi politici dell’opposizione. Sono altresì meritevoli di attenzione le deleghe legislative contenute nel disegno di legge in titolo che si propongono di sostenere l’occupazione femminile, di promuovere la sicurezza del lavoro nel comparto agricolo e di incentivare l’occupazione nel medesimo settore.
Il PRESIDENTE avverte che non è ancora pervenuto il parere della Commissione bilancio sugli emendamenti. In considerazione della iscrizione del disegno di legge n. 1903 all’ordine del giorno dell’Assemblea del Senato per la seduta prevista nella mattina di giovedì 13 dicembre, ritiene comunque opportuno iniziare l’illustrazione degli emendamenti, riservandosi però, ai sensi dell’articolo 126-bis del Regolamento, di dichiarare inammissibili, anche successivamente alla loro illustrazione, gli emendamenti sui quali la 5a Commissione permanente abbia espresso un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.
Il senatore SACCONI (FI), in relazione all’imminente inizio della discussione del disegno di legge in Assemblea, già richiamato dal Presidente, propone che la Commissione prenda in considerazione la possibilità di riunirsi nella giornata di domani, mercoledì 13 dicembre, anche successivamente al termine della seduta pomeridiana dell’Assemblea, in aggiunta alle due sedute già previste.
Rispondendo ad un quesito posto dal PRESIDENTE , il sottosegretario MONTAGNINO precisa quindi di non disporre al momento di elementi di informazione certi circa l’eventuale intenzione dell’Esecutivo di porre anche al Senato la questione di fiducia sul disegno di legge in titolo, facendo però presente di non poter escludere tale ipotesi.
Si passa quindi all’illustrazione degli ordini del giorno e degli emendamenti presentati.
Il senatore BOBBA (PD-Ulivo) illustra l’ordine del giorno n. G/1903/1/11 che riprende i temi già affrontati dalla Commissione in sede di espressione dei rapporti sul disegno di legge finanziaria per il 2008, per quel che concerne la disciplina del welfare familiare. In quella occasione, infatti, era già stata affrontata la questione di una rimodulazione dei periodi di congedo familiare e delle relative indennità, questione che viene ora riproposta all’attenzione della Commissione. Anticipando i contenuti dell’emendamento 1.193, di cui è firmatario, il senatore Bobba si sofferma quindi su una ipotesi di copertura degli oneri finanziari connessi alle misure per i congedi parentali e ad altre misure in favore della famiglia, basata sull’applicazione di una contribuzione aggiuntiva pari al 7 per cento della retribuzione corrisposta ai pensionati iscritti alla gestione separata INPS, che lavorano in regime di piena cumulabilità. Si tratta di una misura di carattere solidaristico che consente di destinare alle famiglie le risorse derivanti da un prelievo contributivo che non lede la posizione di lavoratori che godono già di condizioni particolarmente favorevoli per quel che riguarda la loro permanenza sul mercato del lavoro.
Il senatore Bobba rinuncia quindi ad illustrare l’ordine del giorno n. G/1903/2/11.
Si passa all’illustrazione degli emendamenti.
Nel dare per illustrato l’emendamento 1.58, il senatore SACCONI (FI) preannuncia l’intenzione di dare per illustrati tutti gli emendamenti di cui è primo firmatario.
Viene dato quindi per illustrato l’emendamento 1.1.
Il senatore DI SIENA (SDSE), considerato l’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea, avverte che si limiterà ad illustrare gli emendamenti 1.132 e 1.197, riservandosi di illustrare gli altri emendamenti a sua firma, in una successiva seduta. Prima di passare a dare conto del contenuto delle predette proposte emendative, il senatore Di Siena svolge alcune considerazioni in ordine alla condotta che la sua parte politica intende adottare in occasione dell’esame del disegno di legge n. 1903. Rispetto all’esito dell’iter di approvazione di tale provvedimento alla Camera dei deputati, che ha portato ad un voto di fiducia su un testo diverso da quello licenziato dalla Commissione lavoro pubblico e privato di quel ramo del Parlamento, si sono infatti create delle differenziazioni in seno alla maggioranza di centro-sinistra, che hanno indotto una parte di essa a sollecitare una verifica politica generale, da svolgersi in tempi contenuti, circa il prosieguo dell’azione di Governo. Della situazione conseguente al voto della Camera dei deputati occorre prendere atto, senza alcun infingimento, poiché essa ha determinato – sottolinea il senatore Di Siena – una lesione delle prerogative parlamentari che non può costituire un precedente rispetto al dibattito in corso. Per tale ragione, i Gruppi politici che fanno capo alla componente di sinistra della maggioranza hanno deciso di esercitare in pieno, nel corso della trattazione in Commissione del disegno di legge n. 1903, tutte le prerogative riconosciute ai singoli parlamentari, al fine di evidenziare gli elementi di critica e le loro ragioni.
Nel merito, gli emendamenti 1.132 e 1.197 propongono alcune correzioni alla progressività delle quote costituite dalla somma dell’età anagrafica e della anzianità contributiva. Pur valutando positivamente il superamento del cosiddetto “scalone” e accettando il principio di un innalzamento graduale dell’età pensionabile, come conseguenza ineludibile dei mutamenti della composizione demografica della società italiana, i proponenti delle proposte emendative predette ritengono che con il Protocollo del 23 luglio si sia creato un meccanismo compensativo che favorisce coloro i quali sono più prossimi al compimento del requisito anagrafico e contributivo per l’accesso ai trattamenti ma diventa sempre più penalizzante per coloro i quali accederanno ai medesimi trattamenti negli anni a venire. L’ipotesi contenuta nel disegno di legge in esame appare costruita su un presupposto di invarianza della spesa, che non può essere dato per scontato e che avrebbe dovuto essere preliminarmente verificato nell’ambito della maggioranza.
Stante l’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea, il PRESIDENTE rinvia il seguito dell’esame.
La seduta termina alle ore 16,30.