La strada imboccata sembra quella di un modello elettorale tedesco con correzione all’italiana. Un sistema tutto orientato al proporzionale con la presenza, in cabina elettorale, di due schede: una per l’elezione di un solo candidato nel collegio uninominale, in cui vince il più forte; e una seconda squisitamente proporzionale in cui si vota la lista con candidati bloccati
Due i correttivi rispetto al modello tedesco: impossibilità di voto disgiunto e prevalenza del proporzionale sull’uninominale per l’attribuzione dei seggi. Questo significa che non potendosi, per vincolo costituzionale, aumentare il numero di eletti in Parlamento, i vincitori dell’uninominale vengono dopo e non prima gli eletti con il proporzionale.
Il partito dunque si riprende il signoraggio perduto e il nuovo principe si sdogana dall’indistinto delle vecchie aggregazioni elettorali che si scioglievano come neve al sole appena approdate in parlamento
Certo, qualche piccolo marchingegno è ancora nascosto tra le pieghe: patti di desistenza, cartelli elettorali tra i più piccoli se la soglia di sbarramento resterà al 5%. Tutto è ancora possibile ma solo entro certi limiti.
La campagna elettorale, condotta sotto il sole dell’estate, fin sotto gli ombrelloni come preannunciato spavaldamente dai cinquestelle, sarà rovente e senza esclusione di colpi: tutti contro il resto del mondo. Poi, a giochi finiti, si vedrà perché per governare bisognerà imboccare la vecchia strada del compromesso. E allora il politico si riprenderà la sua autonomia. Se ci riuscirà, in un paese, come il nostro, in cui la politica ha perduto qualsiasi capacità di autodeterminazione e sempre più è ostaggio di piccoli gruppi di potere che tirano a campare senza farsi troppi problemi per il futuro. Tutto si consuma in una breve stagione dove si sale e si scende a seconda le opportunità e dove manca una visione di più lungo raggio.
Il paese dunque si avvia rapidamente alle elezioni e già si avvertono gli scricchiolii di una maggioranza inquieta che dovrà varare la manovra e che al Senato potrebbe avere non pochi problemi se i 15 senatori bersaniani confermeranno il voto contrario.
A questo si deve aggiungere poi la querelle di Renzi con il ministro Alfano che piccato ha dichiarato che gli insulti di Renzi sono strumentali per fare cadere Gentiloni. Una riedizione del vecchio e abusato stratagemma, anch’esso tipicamente italiano, parlare a nuora a perché suocera intenda
Aldilà di queste schermaglie, rimane il problema di fondo sulla opportunità o meno di anticipare il voto in un momento in cui il nostro paese entro dicembre dovrà varare la fatidica legge di bilancio da 30 miliardi per onorare il patto sancito con l’Europa. La madre di tutte le manovre che sarà sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles e che nasconde, in cauda venenum, il temutissimo aumento automatico delle aliquote IVA se non saranno reperite le risorse concordate.
Grande parte della stampa, Repubblica in testa, è contraria a questa accelerazione, ma i partiti hanno ormai fatto la loro scelta e la discussione è semplicemente su quanto anticipare le elezioni.
Se questo è, allora sarebbe meglio non perdere tempo. E non perdere tempo significa andare al voto il prima possibile e lasciare al vincitore l’onore e l’onere di affrontare la legge di bilancio con tutto quello che ne discende.
I cinque stelle, i favoriti che già assaporano il gusto della vittoria, sono per questa opzione; a parole non temono nulla perché i famosi 30 miliardi sanno già dove reperirli. Gli altri partiti non si pronunciano o si nascondano dietro la consueta litania della perfida Europa che impone sacrifici e che ostacola la crescita del paese.
Chiacchiere da clima elettorale. La situazione è complessa ma forse proprio per questo serve una svolta: ovvero sia un governo uscito dal voto dei cittadini. Senza di questo si vivacchia, si fa amministrazione corrente, buona per un condominio ma non per un paese senza slancio e senza entusiasmo come l’Italia.
Certo l’ottimo potrebbe rivelarsi nemico del bene. Questo è il rischio a cui si va incontro se dalle elezioni non uscirà un vincitore e se, come il gambero, il paese ritornerò alla stagione dei pentapartiti e dei preamboli forlaniani. Rimane però che per conoscere il sapore del budino bisogna mangiarlo e in questo caso si deve anche essere pronti a restarne disgustati.
Roberto Polillo