Viene datato dagli stessi promotori all’ottobre del 2006 il primo atto del nuovo raggruppamento di rappresentanza di artigiani e commercianti che prende il via oggi a Roma. In realtà, il tentativo di creare un forte polo di aggregazione imprenditoriale è molto più antico. Le stesse o quasi organizzazioni vararono una ventina d’anni fa un tentativo analogo, si riunirono in una sala del Cnel e cercarono di mettersi assieme. L’obiettivo era uno solo, rompere l’assolutismo della Confindustria, che negoziava con governi e sindacati per tutti gli imprenditori pur senza aver mai ricevuto nessuna delega in tal senso.
Un tentativo che non portò ad alcun risultato utile, un po’ perché la forza della Confindustria rimaneva altissima, un po’ perché poi il collante tra queste organizzazioni non era così forte da tenerle unite nonostante la differenza di interessi, quindi di obiettivi strategici. Ma restò sempre forte l’ambizione di costruire qualcosa che riuscisse non certo a mettere da parte la Confindustria, ma almeno a ridimensionarne la forza. Perché, appunto nei rapporti con gli esecutivi o i sindacati, tutte le organizzazioni datoriali avevano capacità di interlocuzione, ma alla fine chi prevaleva era sempre la Confindustria.
Lo si è visto anche l’anno passato, quando è stato ristrutturata la contrattazione. Chi ha dettato i tempi del negoziato e dato le indicazioni di fondo, sulle quali poi tutti si sono allineati, è stata sempre la Confindustria. Anche se c’era chi non era d’accordo. E quando, proprio facendo forza su queste posizioni critiche, il negoziato, partito con la sola Confindustria, è stato allargato a tutte le altre organizzazioni, le innovazioni sul canovaccio messo a punto da Confindustria sono state poche o nessuna. La linea è stata sempre quella di Confindustria.
Adesso forse qualcosa è cambiato. Le cinque organizzazioni, tre di artigiani, Confartigianato, Cna e Casartigiani, due di commercianti, Confcommercio e Confesercenti, sembrano fare sul serio. Sono partite col piede giusto o semplicemente hanno deciso di andare avanti a testa bassa. Hanno posto delle scadenze, si sono date obiettivi limitati e forse per questo più vicini, quindi raggiungibili. Hanno messo da parte, nelle dichiarazioni, non certo nei loro cuori, l’ambizione di spodestare dal trono Confindustria. Hanno, insomma, mostrato una grinta che prima non avevano mai palesato. Potrebbero avere successo, anche perché la Confindustria non è al massimo della sua forza di pressione verso i suoi abituali stakeholders.
Le relazioni industriali, anzi le relazioni sindacali, come si potrebbero chiamare da adesso in avanti, dato che proprio quelle organizzazioni di commercianti e artigiani hanno sempre mal sopportato che si parlasse sempre e solo di industria, non potranno che giovarsi di questo pluralismo datoriale. Perché le idee non bastano mai e siamo in un periodo in cui ne circolano davvero troppo poche. Ed è per questo che il sindacato non potrà non guardare con interesse a questa nuova formazione, perché avere davanti a sé più interlocutori gli consentirà di giocare sui diversi tavoli scegliendosi con chi stringere accordi, con chi chiudere le grandi vertenze.
Diverso forse il caso della politica, perché è vero che anche partiti e governi potranno avvalersi in senso tattico di questa pluralità di interlocutori, ma forse trattare con una sola parte forte, la Confindustria, è meglio che farlo con due avversari forti in ugual misura e portatori di interessi tra loro non coincidenti, quando non in contrasto tra loro.
Massimo Mascini