Giovanni Centrella è il nuovo segretario generale dell’Ugl. Ha preso il posto di Renata Polverini che ha fatto il salto nella politica diventando governatore della Regione Lazio. Un’eredità difficile per le capacità della Polverini, ma anche perché il mondo del lavoro è attraversato da divisioni ed è oggetto di attacchi da tante parti. Centrella ha però i suoi canoni fissi, vuole un sindacato autonomo, fermo sulle sue idee, lontano dalla politica, quanto più possibile legato alle altre confederazioni, perché uniti si è più forti. E’ anche disposto a trovare un accordo con Cgil, Cisl e Uil per avere regole sulla rappresentanza. Noi, dice, non abbiamo paura a contrarci.
Centrella, qual è l’obiettivo cui lei punta prendendo la segreteria generale dell’Ugl?
Ho un solo vero obiettivo, quello di fare sindacato nel territorio e per il territorio. In stretto contatto con i lavoratori, la base del sindacato. Perché è a loro che si devono dare risposte, positive o negative che siano.
Lei dice che il sindacato deve stare lontano dalla politica?
Quello che importa è che la politica sia una cosa, il sindacato un’altra. Sono due cose differenti, gli interessi possono anche essere vicini, perfino contigui, perché è interesse della politica che i cittadini stiano bene, interesse del sindacato che ci siano posti di lavoro, non sono interessi contrapposti. Ma il sindacato deve stare lontano dalla politica, solo così si realizza fino in fondo, fa il suo mestiere.
Non è sempre così.
No, ma quella è la strada da seguire. L’Ugl negli ultimi anni ha fatto sei scioperi generali contro un governo che qualcuno definiva amico. Tutti noi sindacati, grandi e piccoli, dovremmo capire che se stiamo vicini alla politica ne siamo condizionati in qualche modo. E invece dovremmo essere attenti solo agli interessi dei lavoratori, dovremmo badare per prima cosa alla salvaguardia dei posti di lavoro.
Non volete nessun rapporto privilegiato con il governo?
Certamente no. Vogliamo avere un rapporto stretto con questo governo e anche con quelli che verranno in futuro, quale che sia la composizione che li sorregge, ma in un rapporto chiaro di autonomia, perché noi dobbiamo essere al servizio solo dei lavoratori.
Ci sono però le situazioni di emergenza.
Come quella attuale, lo capiamo bene e per questo vogliamo essere vicini al governo, ma senza dimenticare il nostro compito. Prendiamo la manovra economica. E’ necessaria, va bene, ma non devono pagare sempre i soliti, i dipendenti pubblici e le famiglie. Per questo cerchiamo un percorso comune con il governo, per dosare i sacrifici.
Fatto sta che il nostro è il paese dell’evasione fiscale più alta.
Servirebbe una diversa politica fiscale, più attenta alle esigenze, per esempio, di chi deve aprire un’azienda e non può essere caricato di troppe imposte, per lo più inique. Serve maggiore conoscenza, maggiore informazione, servono correttivi, quello del quoziente familiare, per esempio, ma non solo quello.
Come devono essere a suo avviso i rapporti tra sindacato e aziende?
Di tipo partecipativo. Non è più tempo di restare lontano dagli obiettivi aziendali, la partecipazione è tutto, questo però non deve significare essere dei notai della volontà delle aziende. Prenda la vertenza Fiat, che ha avanzato tante richieste al sindacato. Noi siamo pronti a discutere, ma la Fiat deve capire che deve dare risposte ai lavoratori e vorremmo che da questa trattativa non uscisse stravolto il contratto nazionale.
L’accordo sulla struttura contrattuale del 2009 resta per voi un punto cui attenersi in futuro?
Senz’altro. Quell’accordo contiene tante cose buone, ha cambiato i rapporti tra il sindacato e le aziende, ma anche tra il sindacato e il governo, che adesso dovrebbe ricordarsi di averlo firmato. Ma soprattutto in quell’accordo ci sono le basi per la partecipazione.
Adesso partirà la contrattazione di secondo livello nelle aziende. Voi siete favorevoli a queste trattative?
Molto favorevoli, perché con i contratti aziendali si allargano spesso e volentieri i benefici per i lavoratori, ma non si deve derogare ai contratti nazionali, questi devono essere protetti.
Adesso potrebbe partire una trattativa sui temi della rappresentanza. Voi siete favorevoli a regole che indichino la forza effettiva di ciascun sindacato?
Nessuna paura a misurarci con gli altri sindacati. L’Ugl è quella che è, è presente in tutti i settori del mondo del lavoro, ha i suoi alti e bassi. All’Atm di Milano abbiamo avuto adesso un buon risultato, rappresentiamo il 10% dei lavoratori. Quella è la nostra forza e ci teniamo a dimostrarla. Ma non dimentichiamo che un sindacato è fatto di tante cose, di quante sedi ha nella penisola, quali Caf, quanti uffici del patronato, quante sono le persone che vi si rivolgono. Io ho girato l’Italia, le assicuro che non ho alcuna paura a contarmi con gli altri.
Che rapporti vuole avere con le altre confederazioni?
Di collaborazione continua. Solo il sindacato unito fa gli interessi dei lavoratori. Se siamo divisi e deboli non riusciamo a essere credibili con i governi, di destra o di sinistra che siano. Allora, mettere da parte le ideologie, non dividerci. Siamo quattro, dovremmo andare avanti uniti, a testa bassa, come facevano le legioni romane, altro che ognuno andare per la propria strada.
Massimo Mascini