“L’unico capolavoro che ha fatto Bonanni in questi anni è aver diviso il sindacato, e quando un sindacato è diviso inevitabilmente si indeboliscono i diritti e le condizioni del lavoro” è quanto ha affermato Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil, concludendo a Venezia la manifestazione indetta in occasione dello sciopero generale della Cgil.
Per Schiavella la divisione del sindacato avviene proprio nel momento più delicato per il Paese “alle prese con una crisi economica senza precedenti e in presenza di un attacco frontale da parte del governo all’insieme dei diritti costituzionali”.
Schiavella spiega che la Cgil ha deciso di “scioperare per chiedere una politica economica diversa, dire che un altro modo per affrontare la crisi è possibile, tutelando chi ne sta pagando il prezzo più alto e colpendo chi al contrario ne sta traendo profitto”. Per un sindacato, ha ribadito, “fare questo è non solo un diritto ma un obbligo”. “A chi ci dice che il nostro sciopero è politico, prosegue, chiedo se invece non sia politica la fuga di Cisl e Uil davanti alle proprie responsabilità di sindacati confederali”.
Schiavella si è poi soffermato sulla manovra correttiva che “come tutti i provvedimenti di questo governo, mira a smantellare i diritti di cittadinanza e costituzionali” come dimostrano “gli attacchi al diritto del lavoro, alla libertà di informazione, alla magistratura, al welfare, alla scuola pubblica, alla ricerca, alla sanità”.
A suo giudizio è evidente il disegno sociale che c’è dietro: “contrapporre gli uni agli altri, distraendoli dai veri obiettivi, quelli di svuotare lo stato del suo ruolo e della sua funzione unificante e solidale ed affermare un modello di società fondato sulla disuguaglianza, dove i più deboli sono sempre più ricattati, succubi e sudditi dei più forti, dove i diritti sono concessi e non tutelati ed esigibili”.
Ne è conferma la vicenda di Pomigliano, ha aggiunto Schiavella, dove si è “voluto impostare il confronto con i sindacati non sull’organizzazione produttiva, come è logico accada quando un’azienda decide di investire su un sito produttivo, ma sui diritti, trasformando quel confronto in un ricatto e pretendendo addirittura un esito plebiscitario della consultazione”. “Ne è conferma ciò che accade nel mondo delle costruzioni, nei nostri cantieri e nel sistema degli appalti, ha osservato il leader degli edili della Cgil, che solo l’opera inesauribile di magistrati coraggiosi sta portando alla luce, e che noi denunciamo da tempo”, dove l’azione del governo ha spezzato in due il mercato “da una parte il mercato protetto, quello delle cricche, dei grandi appalti assegnati agli amici, e dall’altra la giungla, dove la crisi, il sistema del massimo ribasso, la riduzione dei controlli producono una concorrenza che cannibalizza le aziende sane a vantaggio di quelle che utilizzano il lavoro nero, riducono i diritti e la sicurezza, lasciano spazio a caporali e infiltrazioni criminali. Tutto questo lo chiamano modernità e chi, come la Cgil, dice no, viene definito malato di infantilismo, preistorico, conservatore”.
Ma sotto quella la bandiera della modernità “si cela il più grande imbroglio, di cui vittime saranno solo i lavoratori dipendenti, i pensionati, i giovani, le famiglie, costretti ancora una volta a pagare il conto della crisi” mentre continueranno a farla franca “i soliti furbi, chi possiede grossi patrimoni, chi ha le barche e le auto di lusso, i manager privati, chi specula sulle rendite finanziarie o si arricchisce con le speculazioni immobiliari, chi evade le tasse, chi vive fuori della legalità”.