Nel 2009 le posizioni lavorative a chiamata hanno raggiunto le 111 mila unità in media annua facendo registrare un incremento del 75% circa rispetto al 2007. Lo rileva l’Istat diffondendo per la prima volta le statistiche, relative al periodo 2006-2009, sull’utilizzo del lavoro a chiamata da parte delle imprese italiane, un tipo di contratto introdotto in Italia nel 2003.
Le attività economiche in cui sono più utilizzati i lavoratori intermittenti sono il settore degli alberghi e ristoranti, in cui si concentra circa il 60% del totale, mentre la restante quota è occupata prevalentemente nell’istruzione, sanità, servizi sociali e personali (12% circa) e commercio (circa il 10%). Il job-on-call non risulta affatto utilizzato, invece, nell’intermediazione monetaria e finanziaria.
La regione in cui si concentra il maggior numero di contratti a chiamata è il Veneto (intorno al 20%), che contribuisce a fare del Nord-est l’area in cui il ricorso al job-on-call è più elevato (circa 41%). Nel Nord-ovest c’è un’alta concentrazione di lavoratori a chiamata in Lombardia (intorno al 17%), mentre il Centro presenta una maggiore dispersione tra le diverse regioni. Generalmente basso è il ricorso al lavoro a chiamata nel Sud e ancor di più nelle Isole (rispettivamente 9 e 2% circa). (LF)
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