Corre seri pericoli la linea riformista che sembrava avere un grande spazio dentro la Cgil. Le conclusioni del direttivo di martedì scorso fanno infatti temere una involuzione dei rapporti all’interno della confederazione. La decisione presa a grande maggioranza dall’organo confederale di dare mandato alla segreteria di decidere quando e come proclamare lo sciopero generale altro non è che una scivolata a favore di chi chiedeva da tempo la proclamazione di questo benedetto sciopero generale.
Le notizie sono uscite frammentarie dalla riunione del direttivo, rigidamente a porte chiuse, ma sembra che si sia formato un consistente gruppo a favore della proclamazione della fermata generale del lavoro e quindi di una linea politica della Cgil molto più rigida di quanto non volesse Susanna Camusso e di quanto le sue prime decisioni e prese di posizione avessero mostrato.
Alla minoranza congressuale, formata in pratica dai meccanici e da una parte di bancari e di dipendenti pubblici, quelli che non erano andati in sede congressuale oltre il 18%, si sono aggiunti altri pezzi: il forte sindacato dei pensionati, la federazione dell’Emilia, i chimici, la scuola. Non sufficienti a cambiare i numeri degli schieramenti confederali, ma certo capaci di far impensierire i dirigenti di una confederazione che ha sempre guardato con grandissima attenzione (certamente troppa) alla propria unità interna.
Susanna Camusso ha comunque tenuto ferma la sua linea, cedendo solo nell’affermare per la prima volta che lo sciopero generale forse si farà e limitandosi a farsi dare il mandato per proclamare la fermata quando e come crederà opportuno. Il che però non è stato giudicato sufficiente dal gruppo dei dissidenti, che insistono perché lo sciopero abbia luogo entro aprile e non oltre. E ha fatto una certa impressione leggere le dichiarazioni di Gianni Rinaldini e Gorgio Cremaschi, gli sconfitti dal congresso di un anno fa, che intimavano di decidere al più presto per lo sciopero generale, come fossero maggioranza e grandi elettori del segretario.
Lo sciopero generale rappresenta per loro un approdo necessario, perché, avendo sposato, almeno i meccanici, la linea della rottura con tutto e tutti, solo in quella decisione simbolo vedono un modo per rafforzarsi. Ma per la linea riformista, che è poi quella che ha eletto Susanna Camusso segretaria generale della confederazione, cedere a questa minoranza, che tale resta per quanto rafforzata dai nuovi apporti, significherebbe rinunciare al tentativo in atto di rimettere la Cgil al centro delle relazioni industriali. Sarebbe comunque la fine del dialogo con gli imprenditori, anche se questo peraltro non va molto bene, in pratica si è fermato, come si è fermato, o meglio non è mai decollato il confronto interno al sindacato sui temi della rappresentanza. E’ evidente che adesso l’attenzione è tutta rivolta a questi possibili tavoli di confronto, perché se qualcosa si movesse in questa direzione le pressioni interne alla Cgil potrebbero restare tali, mentre in caso contrario la situazione potrebbe degenerare pericolosamente e la confederazione si troverebbe un’altra volta isolata. Spetta quindi anche alla Confindustria e alle altre organizzazioni datoriali di ridare impulso al dialogo che hanno avviato sui temi dello sviluppo, come a Cisl e Uil di provare davvero la percorribilità del dialogo sui temi della rappresentanza, seguendo i pochi fili di confronto rimasti in vita. Alla Cgil serve avere qualche risultato tangibile del suo sforzo di dialogo, a loro sarebbe utile riuscire a recuperare su una linea riformista un interlocutore come la Cgil.
Massimo Mascini