Non è facile parlare di partecipazione. E’ il classico argomento sul quale tutti sono concordi nell’affermare che si tratta della via migliore da prendere, che è questo lo strumento principe per avere risultati concreti sulla via della produttività, quindi della competitività. Ma poi, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, di avviare un processo appena concreto, tutto si rarefà, c’è sempre qualcuno che esce dalla comune prima di prendere un qualsiasi impegno. Storicamente erano la Confindustria e la Cgil a non essere favorevoli a qualcosa che andasse oltre le parole e questo bastava per smontare anche i più volenterosi. Perché era chiaro a tutti che senza il consenso del più grande sindacato e dell’industria era difficile uscire dal vago.
Un muro contro il quale si sono scontrati in tanti. Ma che forse oggi mostra qualche crepa: non si sta sgretolando, ma l’aria sta cambiando. Nel corso del seminario che Il diario del lavoro ha organizzato a Villa Piccolomini il 13 aprile scorso, le posizioni sono apparse leggermente cambiate rispetto al passato, almeno per quanto si riferisce alla Cgil. Gaetano Sateriale, che dopo essere stato dieci anni sindaco di Ferrara è tornato in Cgil ed è molto vicino a Susanna Camusso, ha espresso nel corso del dibattito una posizione innovativa rispetto alla tradizione della confederazione, aprendo in maniera sostanziale alla partecipazione, dando cosi’ seguito a quanto aveva gia’ affermato recentemente in un articolo .
pubblicato dal nostro giornale. La tesi di Sateriale e’ che la partecipazione è un obiettivo da inserire nelle piattaforme aziendali per cercare di recuperare competitività, e affrontare questo argomento oggi è “utile e urgente”, se si vuole davvero aiutare le imprese sui mercati internazionali. Un passo in avanti importante perché si inserisce in quel dialogo difficile che la confederazione guidata da Susanna Camusso sta portando avanti con le altre confederazioni e soprattutto con la Confindustria, per mettere a fuoco un diverso sistema di contrattazione che ponga fine alle divisioni degli ultimi anni e riconsegni alla Cgil un ruolo da primo attore.
Un’apertura interessante, dunque, quella di Sateriale, anche se su questa posizione non si sono trovati, o non si sono trovati completamente, altri esponenti delle parti sociali. Pierangelo Albini per Confindustria, e Paolo Pirani per la Uil, hanno infatti confermato di preferire alla via contrattuale quella della sperimentazione attraverso gli enti bilaterali, mostrando quindi l’esistenza di resistenze anche forti verso queste possibili nuove sperimentazioni. Ma a noi è sembrato che già aver messo in moto questo meccanismo di confronto e di analisi significhi qualcosa; quanto meno, che la via può essere percorsa, e che confrontandosi possono uscire nuove indicazioni importanti.
Del resto, e questo è senz’altro importante, nel corso del seminario vari esponenti di grandi aziende – Marco Mondini di Electrolux, Angelo Stango di Indesit, Gianpiero Giacardi di Autostrade, Mario Gorga di Enel, Davide Calabrò di Eni- hanno espresso il loro favore nei confronti dei sistemi di partecipazione, parlando delle loro esperienze, ricordando come le aziende che la praticano abbiano poi performances migliori. Il punto, e su questo è stato molto chiaro Pietro De Biasi di Ilva, è che la partecipazione comporta un cambiamento di fondo del modo di essere del sindacato. Chi segue una via conflittuale non potrà mai praticare la partecipazione, perché è l’atteggiamento di fondo che deve cambiare. E questo non significa solo prendere atto che la contrapposizione tra capitale e lavoro è finita, che sarebbe il minimo, ma entrare in una logica tutta diversa.
Se si entra nella logica che la partecipazione può entrare nel gioco tra le parti sociali e influenzare anche la contrattazione, perché costituisce il modo per risolvere assieme i problemi dell’impresa e migliorarne la produttività, allora si è compiuto un passo importante. E la contrattazione articolata diventa così davvero il luogo dove possono crescere i risultati aziendali e dove è possibile praticare la redistribuzione di questi risultati. Con soddisfazione comune di aziende e lavoratori. E con un beneficio generale per il paese che può avere risultati industriali in crescita, una ripresa dei consumi interni e avviare così un felice corso economico che ci porti lontano dalle secche nelle quali attualmente ci troviamo.
Massimo Mascini