La Golden Lady Company proprietaria del sito Omsa di Faenza a Ravenna, chiude lo stabilimento, lasciando in mezzo alla strada 346 dipendenti. Secondo le organizzazioni sindacali Femca Cisl, Filctem Cgil e Uilta Uil, la chiusura non dipenderebbe dalle difficoltà da parte del gruppo di reperire profitti, ma sarebbe una scelta utilitaristica. Infatti il gruppo ha intenzione di spostare la produzione in Serbia, cosa che, secondo i sindacati, significherebbe guadagnare ancora di più sul costo del lavoro (inferiore a quello italiano anche sul piano dei diritti sindacali) e fruire della fiscalità di vantaggio che i governi locali di quei paesi assicurano alle imprese.
La situazione degli stabilimenti Golden Lady in Italia è molto critica. Più della metà dei lavoratori sono coinvolti dalla cassa integrazione: all’Omsa a Faenza (Ravenna) attualmente i dipendenti sono 242 in cassa integrazione straordinaria, alla Golden Lady a Basciano (Teramo) i dipendenti sono 471 in cassa integrazione ordinaria, a Gissi (Chieti) i lavoratori sono 382 in cassa integrazione in deroga, alla Filodoro a Casalmoro i dipendenti sono 715 di cui 400 in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione. Salvi gli stabilimenti in provincia di Mantova (Solferino, Castiglione delle Stiviere e Asola) che in tutto contano 878 dipendenti.
La vertenza Omsa ha una storia complessa alle spalle. Il 25 febbraio 2010, dopo le dichiarazioni di cessazione attività del sito di Faenza, le parti sociali avevano firmato un accordo presso il ministero dello Sviluppo economico con le istituzioni locali che sanciva l’impegno dell’azienda a favorire l’insediamento di nuove realtà imprenditoriali presso il sito, in modo da garantire ai dipendenti possibilità di reimpiego.
Un successivo accordo, raggiunto al ministero del Lavoro, prevedeva il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per due anni, condizionando però il secondo anno, così come prevede la legge, alla ricollocazione di almeno il 30% del personale in forza. Un anno dopo (18 febbraio 2011), per favorire la ratifica del secondo anno di cigs per cessazione attività, viene firmata un’intesa al ministero dello Sviluppo economico che prevede: un incentivo economico, pari a 30.000 euro lordi, a favore di un numero massimo di 80 dipendenti che dichiarassero, entro il 12 marzo 2011, di non opporsi alla risoluzione del rapporto di lavoro; nuove soluzioni imprenditoriali; prosecuzione fino all’esaurimento di alcune produzioni. Ciò nonostante, l’azienda dopo tre settimane, secondo fonti sindacali, ha fermato unilateralmente la tessitura. Infine il 20 aprile 2011 è stato firmato un accordo al ministero del Lavoro che avvia la cigs per 24 mesi per tutti i 242 dipendenti attualmente rimasti in Omsa.
Per i sindacati l’atteggiamento della Golden Lady è “inaccettabile e irresponsabile”. Ad oggi, sottolineano Femca, Filctem e Uilta, non c’è nessun impegno concreto nel trovare un’alternativa di lavoro alla produzione di calze da donna. I sindacati chiedono ad azienda e governo di presentare un piano di reindustrializzazione sostenibile per garantire l’occupazione del sito di Faenza e degli altri siti dove sono previste cessazioni di attività. Le organizzazioni sindacali per protestare contro l’Omsa hanno deciso di indire sabato 9 luglio una giornata d’iniziativa nazionale di tutte le lavoratrici e i lavoratori “Omsa” e “Golden Lady” con volantinaggi davanti ai punti-vendita Golden Point, Ravenna, Mantova, Roma, Milano, Faenza, Bologna, Teramo e Chieti.
Francesca Romana Nesci