La contrattazione, soprattutto quella aziendale, insieme a un sistema di relazioni industriali stabili ed efficienti, possono favorire gli investimenti e sostenere lo sviluppo. E’ necessario però che cambi la cultura di fare contrattazione, che il sindacato faccia un passo avanti non distinguendo più la contrattazione in difensiva o espansiva a seconda dei contesti economici, ma che le consideri entrambe parte di una stessa strategia tutta orientata allo sviluppo dell’impresa e quindi dell’occupazione. Le aziende, dal canto loro, dovrebbero credere nel sistema paese e non investire all’estero per ridurre il costo del lavoro, ma creare occupazione e sviluppo in Italia.
Questi sono i temi principali emersi nel corso del convegno organizzato dalla Fim Cisl al quale hanno preso parte Roberto Santarelli, direttore generale di Federmeccanica, Stefano Dolcetta, ad Fiamm spa e vicepresidente di Federmeccanica, Vito Gamberale, ad della F21 s.g.r, Giuseppe Farina, segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, Luigi Sbarra, segretario confederale Cisl.
La crescita dipende da tanti fattori, ma la contrattazione, secondo le parti sociali, ha un valore aggiunto che può incidere significativamente sull’aumento della produttività delle imprese.
Molti gli spunti di riflessione che sono emersi nel corso del convegno.
Si è partiti dalle esperienze concrete. Dolcetta e Gamberale hanno riferito di come sia possibile fare la scelta giusta, ossia investire in Italia, dove sicuramente la manodopera costa fino anche a tre, quattro volte di più rispetto ad esempio ai paesi dell’Europa dell’Est ma la professionalità è più elevata. Questo perché, hanno spiegato, l’obiettivo è il recupero della competitività. E, a loro avviso, non sarà il minor costo della manodopera a garantirlo, ma processi produttivi più avanzati, formazione più estesa, contrattazione mirata e costruttiva che fornisca contratti ad hoc per recuperare produttività. E questo, come dimostrano i casi reali, può essere fatto utilizzando lo strumento della contrattazione, mantenendo le imprese italiane e portando in Italia produzioni de localizzate all’estero.
La contrattazione insomma ha il potere di fornire risultati concreti, come garantire occupazione e aumentare la produttività dell’impresa. Per questo è importante estenderla anche in quelle aziende di piccole dimensioni, dove l’assenza del sindacato rappresenta un limite.
Per far fronte a questo problema secondo i sindacati la soluzione è la contrattazione territoriale.
Solo così, ha detto Farina, sarà possibile far arrivare il sindacato in realtà troppo piccole che altrimenti risulterebbero escluse dai vantaggi della contrattazione e dalle opportunità di crescita. Per le piccole aziende, infatti, secondo la Cisl, la contrattazione territoriale è l’unico modo per poter garantire questo salto, mettere in rete le imprese, che altrimenti sarebbero troppo frammentate.
I contratti territoriali, dice Farina, offrono condizioni migliori, sia sul piano del welfare che della bilateralità e aiutano una contrattazione di qualità. Non è però d’accordo Santarelli secondo il quale la contrattazione territoriale non rientra tra le priorità e le specificità delle piccole aziende, dove il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore è fluido, si basa sul consenso e la cultura conflittuale è assai diversa. La contrattazione territoriale in questi casi sarebbe inutile, se non addirittura dannosa. Federmeccanica teme poi che la contrattazione territoriale crei ulteriore confusione, aumentando i livelli che diventerebbero tre con la contrattazione nazionale e aziendale. Invece sarebbe disposta a parlare di contrattazione territoriale qualora si decidesse di sostituirla con il livello nazionale.
Dolcetta ha poi precisato che per aumentare la produttività e quindi contribuire alla crescita in Italia si dovrebbe lavorare di più, tenendo gli impianti sempre in funzione per ammortizzarne i costi e pagando di più i lavoratori come viene fatto ad esempio in Germania.
La contrattazione dovrebbe occuparsi anche del debito sovrano, secondo Gamberale, per evitare che questo vanifichi tutti gli effetti positivi dell’aumento di produttività.
Nel corso del convegno si è parlato anche di metalmeccanici e di Fiat.
Le parti sociali hanno commentato la piattaforma della Fiom per il nuovo contratto dei metalmeccanici. Federmeccanica ha dichiarato di vedere molto complicata la riapertura di una trattativa perché un contratto già c’è ed è quello del 2009 e perché, oltre che disdetto, il contratto del 2008 è stato recesso. Nonostante questo il Consiglio di Federmeccanica esaminerà il documento e risponderà formalmente al sindacato. Anche per la Cisl la piattaforma è inutile se ha come unico risultato dividere ulteriormente il sindacato metalmeccanico. Invece la Fiom, dice Farina, dovrebbe fare i passi in tutt’altra direzione per ritrovare la strada di un percorso unitario.
A pesare su tutto questo anche il difficile rapporto con la Fiat, che sicuramente, dice Farina, è ugualmente responsabile e rappresenta l’estremo opposto della Fiom.
La Fim non condivide la scelta del Lingotto di uscire da Confindustria e ribadisce la sua contrarietà a prendere in considerazione la possibilità di fare un accordo sul contratto dell’auto. Per quanto riguarda poi la possibilità di sottoscrivere un accordo di gruppo solo per la Fiat, Farina dice di voler prima aver chiari i prodotti e gli investimenti per Melfi, così come è stato per Pomigliano e Mirafiori. Infine c’è il rapporto con il sindacato, quello firmatario degli accordi, che non può essere messo da parte e che la Fiat deve chiarire come continuare a gestire.