“La proposta di riforma della Politica agricola varata dalla Commissione Europea premia chi ha tanta terra e non ci fa niente”. E’ quanto dichiarato dal presidente della Coldiretti, Sergio Marini, in occasione dell’XI edizione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato a Cernobbio. Il tema della revisione della Politica agricola comune (Pac) è stato al centro di un dibattito al quale ha preso parte, tra gli altri, anche il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, e il presidente della Commissione Agricoltura Senato, Paolo Scarpa Bonazza Buora.
“Invece di definire gli agricoltori attivi in base a quello che effettivamente fanno, il testo – ha denunciato Marini – varato dalla Commissione li definisce solo in base alla quantità di aiuti che ricevono premiando così le rendite e le dimensioni e non certo il lavoro e gli investimenti”. Con questa riforma, secondo il presidente della Coldiretti, “paghiamo il prezzo di una storica assenza dell’Italia nelle sedi comunitarie nei momenti in cui si prendono le decisioni importanti. Una situazione inaccettabile di fronte alla quale la Coldiretti è pronta a mettere in campo ogni azione utile per realizzare una riforma più equa e giusta, visto che si prospetta per l’Italia una trattativa tutta in salita”.
In gioco, ricorda Marini, ci sono circa 6 miliardi di fondi comunitari all’anno per i prossimi sette anni ma, soprattutto, il futuro di oltre 17 milioni di ettari di terreno coltivato dal quale nascono produzioni da primato che danno prestigio e competitività al Made in Italy nel mondo. “In un momento di forte crisi economica – ha sottolineato il presidente della Coldiretti – le risorse andrebbero, infatti, indirizzate verso un’agricoltura che dà risposte in termini di competitività, occupazione, sicurezza alimentare e soprattutto verso chi l’agricoltura la fa sul serio e ci vive”.
Il testo varato dalla Commissione premia invece le rendite e le dimensioni anziché il lavoro, la qualità e la produzione di cibo sano. Oltre a ciò, la proposta prevede una riduzione del budget (il 6 per cento, pari a circa 285 milioni di euro in meno all’anno) che l’Italia non merita affatto visto e considerato che in questo modo aumenterà in modo significativo il divario tra le risorse che il nostro Paese versa all’Unione Europea e quello che recupera attraverso la Politica agricola.