Due settimane di congedo di paternità per tutti i dipendenti: la multinazionale Nestlé, in linea con le indicazioni europee, brucia le tappe rispetto alla legislazione italiana per sostenere i neo padri. Il Diario ha chiesto a Gianluigi Toia, responsabile delle relazioni industriali della Nestlé Italia, di spiegare questo nuovo progetto.
Innanzi tutto: come è nata l’idea del congedo di paternità?
Ci siamo interrogati sul “gender balance”. Come azienda assumiamo molte donne, ma è evidente che quando si sale di grado spesso le donne tendono a diminuire. Per noi questo rappresenta una perdita di professionalità preziose. Ci siamo quindi posti il problema di come evitare questa dispersione.
Che soluzione avete trovato?
L’idea è quella di incentivare la presenza dei padri durante la maternità. Si tratta di un periodo che spesso la donna deve spesso affrontare da sola. Come Nestlé abbiamo deciso di anticipare le indicazioni europee e impegnarci a integrare fino al 100% dello stipendio il trattamento previsto dalla legge per la paternità. Si è partiti subito dall’integrativo della San Pellegrino, ma la novità sarà estesa a tutta la Nestlè Italia.
Il congedo serve quindi a riequilibrare i ruoli in famiglia?
Sì, su questa esigenza anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato molto chiaro. Noi pensiamo che se anche l’uomo avrà un ruolo in un momento così bello, ma anche così carico di responsabilità per la donna, si incoraggeranno le lavoratrici a rimanere nel mondo del lavoro e a fare carriera.
Avete altre iniziative in corso?
Sì, il progetto parte da lontano. Abbiamo per esempio distribuito il “maternity e paternity kit” dove sono descritti tutti i diritti che i lavoratori hanno durante la nascita dei figli. Inoltre, il contratto degli alimentaristi prevede solamente un giorno di permesso retribuito per i padri alla nascita del figlio, mentre noi lo abbiamo portato a quattro.
Secondo lei qual è l’elemento che disincentiva maggiormente gli investimenti delle multinazionali nel nostro Paese?
Senza dubbio il costo del lavoro. Il problema delle pensioni è stato risolto. Ma il costo del lavoro è tra i più alti e il salario è tra i più bassi. Questo rappresenta un notevole problema di competitività.
Oltre alle norme sul lavoro, quali sono gli altri elementi che spaventano le imprese?
La burocrazia, i tempi dei processi e i comitati che bloccano tutto all’infinito.
Il tribunale delle imprese previsto dal decreto liberalizzazioni potrà migliorare la situazione?
Se davvero riesce a ridurre i tempi del contenzioso sì.
Luca Fortis