La nuova assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che sostituirà l’indennità ordinaria di disoccupazione dal 1° gennaio 2013, non porterà niente di buono ai lavoratori del settore delle costruzioni. In particolare perché il settore edile è soggetto, per sua peculiarità, a lavori molto brevi che rischiano di non far raggiungere al lavoratore il numero di 52 settimane di lavoro continuo per poter ottenere l’Aspi e di dover quindi ripiegare sulla mini Aspi, pari al 50% delle settimane lavorate nell’anno mobile dalla data di licenziamento. Inoltre, la riforma degli ammortizzatori sociali si basa su criteri che, a differenza dei precedenti, non tengono più conto dei diversi tassi di disoccupazione tra una zona e un’altra del Paese, annullando il maggiore sostegno al reddito per le aree di crisi previsto dalla precedente normativa. Questo creerà un vero e proprio disastro sociale nel Mezzogiorno che presenta un alto tasso di disoccupazione.
“Siamo molto preoccupati”, dice il segretario nazionale degli edili della Uil, Donato Ciddio, perché “in tal modo i lavoratori che hanno perso il lavoro verranno penalizzati due volte, oltre a lavorare meno in regioni dove c’è maggiore disoccupazione, rischiano così di percepire meno sostegno al reddito o addirittura di non percepirlo affatto, non riuscendo a rientrare nei nuovi requisiti”.
Le organizzazioni sindacali del settore edile, Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, hanno messo a punto un documento congiunto per chiedere all’esecutivo di riconsiderare questo, ed altri punti, al fine di “migliorare il ddl rafforzando diritti e tutele per le lavoratrici e i lavoratori”.
In particolare nel documento esprimono le loro considerazioni sul disegno di legge di riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali presentato dal governo al Parlamento e in particolare sugli effetti e le modifiche che ricadranno nel settore delle costruzioni.
Pur giudicando positivo l’impegno dell’esecutivo sul contrasto al falso lavoro autonomo, i sindacati ritengono che il requisito dei 6 mesi previsto dalla legge per le partite Iva, oltre i quali il rapporto di lavoro potrebbe essere riconosciuto come dipendente, rischia di rendere inefficace il provvedimento, essendo “troppo elevato” in un settore come quello delle costruzioni dove la durata delle fasi lavorative è spesso molto più.
Un altro punto del ddl che rischia di ridurre il lavoro regolare è quello relativo alle nuove norme che permettono ‘l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro per una medesima attività’ ad un massimo di 3 lavoratori oltre ai soggetti legati da rapporto parentale o coniugale, e che Feneal, Filca e Fillea ritengono possa destrutturare ulteriormente un settore già fortemente frammentato e caratterizzato dalla microimpresa.
Francesca Romana Nesci