Un presidente di Confindustria che dichiara di pensarla esattamente come il segretario della Cgil, insieme al quale boccia con l’insufficienza la politica economica del governo, definendola “macelleria sociale”; un capo del governo che replica stizzito come il Silvio Berlusconi dei tempi migliori, accusando a sua volta la Confindustria di disfattismo; e infine una Confindustria che si spacca a metà, tra chi accusa esplicitamente il proprio leader di aver ecceduto nei toni, e chi, invece, si chiude in un silenzio imbarazzato. Forse non sarà del tutto colpa delle polemiche innescate nell’ultimo week end dal dibattito tra Giorgio Squinzi e Susanna Camusso a Serravalle se immediatamente lo spread torna a salire oltre i limiti di guardia (quota 485 lunedi), ma certo non giovano: in un quadro internazionale dove nessuno sa esattamente quale sia la situazione reale dell’economia degli altri paesi, bastano e avanzano certi titoloni sui giornali per far sballare il sismografo della crisi. Anche se, successivamente, lo stesso Squinzi ha fatto ricorso alla frase più gettonata di questi anni, “sono stato frainteso”, e se ha precisato che “non sono le mie parole a far impennare lo spread”, la sensazione che si viva alla giornata, senza una bussola che indichi la direzione, né alla Confindustria, né ai sindacati, né al governo, è piuttosto solida.
Squinzi, leader degli industriali da poco più di due mesi, ha già al suo attivo alcune uscite dai toni decisamente poco istituzionali, come l’aver definito “una boiata” la riforma del lavoro varata dal ministro Fornero, scelta lessicale che rimanda inevitabilmente al ragionier Fantozzi e alla corazzata Potemkin. Nelle scorse settimane, in occasione della presentazione dei dati economici del centro studi, aveva avuto un’altra uscita pesante, definendo catastrofica la situazione italiana. Per chi non ha memoria, val la pena di aprire gli archivi e rintracciare le parole di un altro presidente di Confindustria, Giorgio Fossa, anno 1997, che in una occasione simile denunciò il gravare di “una cappa di piombo sul paese”. Al governo c’era Romano Prodi, e come è noto tempo un anno e fece le valigie. Forse non era colpa di Fossa, né di Confindustria, ma quell’attacco proprio non giovò alla stabilita e alla credibilità dell’esecutivo. Ma forse, stavolta, non giova nemmeno che Mario Monti, il tecnico dai nervi d’acciaio, perda un pochino il suo gelido aplomb rispondendo a Squinzi per le rime: segno di debolezza, si direbbe. Tanto più nello stesso giorno in cui, pressato a rispondere sul suo futuro, non ha escluso del tutto la possibilità di una propria candidatura per il 2013.
Lo stesso Monti, del resto, qualche settimana fa si era pubblicamente lamentato di essere stato “abbandonato dai poteri forti”: dei quali, peraltro, non si ha traccia né notizia da tempo, a meno che per poteri forti non si intendano le cricche che hanno depredato in questi anni l’Italia, o il giro dei grandi banchieri che uno dopo l’altro sono stati iscritti come indagati, per motivi diversi, nei registri di varie procure. Gli unici poteri forti di questi tempi sembrano essere i misteriosi e incorporei “mercati” che di ora in ora stabiliscono il destino dei paesi europei; basandosi, più che su dati reali, su sensazioni, ma anche su conflitti di interesse, legati, per esempio, alla massa enorme di titoli derivati posseduti da entità fantasmatiche e inafferrabili, che di volta in volta scommettono sul possibile fallimento di Grecia, Spagna, Italia, ecc: sotto a chi tocca.
In parallelo, i paesi in questione annegano nel proprio sangue, sangue economico, si intende, quello richiesto dai sacrifici e dai tagli chiesti dalle varie Troike europee, messi in atto per scongiurare il fallimento, ma che intanto hanno già messo in ginocchio il popolo greco (bambini che svengono a scuola per la fame, ospedali senza farmaci e senza vitto per i malati, disoccupazione alle stelle ecc), e che minaccia sempre piu’ seriamente tutti gli altri, a catena.
Ecco, in questo quadro paradossale e da fantafinanza, il j’accuse del presidente di Confindustria, la “ola” che gli è subito arrivata dalle forze di opposizione (trasversali, come trasversale è la maggioranza, in un quadro politico nazionale che più confuso e modesto e maldestro sarebbe difficile immaginare), la levata di scudi dei grandi industriali (preoccupati, probabilmente, più che dai mercati dalla possibile perdita, causa eventuale ripicca governativa, dei ricchi incentivi di cui ancora godono le imprese) tutto questo, diciamo, sa veramente di commedia all’italiana, ma senza un Sordi, o un Verdone, e nemmeno un Fantozzi.
Resta però che i tagli del governo colpiscono effettivamente nei punti più deboli: sanità, scuola, pubblico impiego, (con 24 mila esuberi dichiarati). Resta che le tasse non scendono, e i recuperi dell’evasione sembrano aver subito uno stop; resta che di patrimoniale non si parla, e – per ammissione dello stesso Monti – per il semplice motivo che per colpire i patrimoni occorrerebbe sapere dove sono nascosti e individuarli; resta che, come ricorda ogni giorno il Corriere della Sera con un apposito “datario” nella home page del sito, sono passati “90 giorni, 22 ore, 18 minuti e 22 secondi” (al momento in cui scriviamo questo articolo) dal giorno in cui i presidenti delle Camere si sono impegnati a rivedere il sistema di finanziamento dei partiti; resta che la legge anticorruzione, piaga che distorce e affossa l’economia italiana, ancora non vede la luce; resta che le tasse non scendono, malgrado lo chiedano tutti, compreso il capo della Bce Mario Draghi, perché finché l’evasione è a quota 120 miliardi annui non è possibile diminuirle, ma solo aumentarle. E il cerchio non si chiude mai.
Un recente romanzo di Petros Markaris, titolo L’esattore, racconta di un serial killer che nella Grecia della crisi uccide e terrorizza gli evasori fiscali, recuperando in pochi giorni molte decine di milioni alle casse dello Stato. La principale difficoltà con cui si scontrano le forze di polizia che indagano sugli omicidi è l’entusiasmo della popolazione greca, incattivita dai tagli e del tutto sfiduciata nella propria classe dirigente politica e imprenditoriale, rispetto alla particolarissima “politica economica” praticata dal killer, che viene immediatamente considerato dai cittadini un vero e proprio eroe-giustiziere. E’ solo una fiction, certo, ma fa riflettere.
Nunzia Penelope