La multinazionale svizzera Nestlè propone ai dipendenti della Perugina di tagliarsi l’orario da 40 a 30 ore, in cambio dell’assunzione di un figlio. L’idea è quella di trasformare gli attuali contratti a tempo pieno in part-time e con i risparmi assumere i giovani lavoratori con contratto di apprendistato a tempo indeterminato, ma sempre con orario part-time. Questo perché, spiega Gianluigi Toia, responsabile relazioni industriali della Nestlè Italia, in un momento di difficoltà per l’economia, non solo in Umbria e in Italia, ma in molti paesi europei, la scelta della flessibilità aiuta le aziende ad aumentare l’efficienza in base alle esigenze produttive legate alla stagionalità. Inoltre, precisa la Nestlè, il lavoratore potrà scegliere volontariamente se ricorrere a questo “patto generazionale”, come lo definisce l’azienda, per favorire l’occupazione giovanile.
La Cgil, il sindacato nettamente maggioritario in Perugina, dà una lettura completamente diversa di questa proposta aziendale che, secondo la Flai, intende “barattare i diritti dei lavoratori dello stabilimento Perugina di San Sisto, acquisiti negli anni, con una prospettiva di lavoro, comunque flessibile per i figli”. Cosa “assolutamente inaccettabile oltre che impraticabile”, scrivono in una nota la Flai Cgil dell’Umbria e la Camera del Lavoro di Perugia, che sottolineano di avere già respinto questa proposta al tavolo ufficiale in Confindustria, “prima di tutto perché non risolverebbe né i problemi occupazionali, né quelli della fabbrica”.
“Quello che serve realmente – sostiene il sindacato – è un piano pluriennale serio di rilancio dello stabilimento di San Sisto e non certo un improbabile scambio tra diritti, che peserebbe comunque tutto sulle spalle dei lavoratori. Se Nestlè vuole veramente guardare al futuro e favorire l’occupazione giovanile, lasci perdere queste uscite estemporanee, e realizzi investimenti, assumendo giovani lavoratrici e lavoratori, senza per questo penalizzare chi per anni ha costruito la ricchezza di questa fabbrica”.
Per la Cgil, insomma, “gli errori commessi in questi anni dal management non possono ricadere sempre sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori di San Sisto che non hanno certo responsabilità”. Il meccanismo proposto dall’azienda, spiega la Flai, penalizzerebbe gli attuali dipendenti che subirebbero una perdita di salario in alcuni casi fino al 40%, mentre lo stipendio di un giovane nuovo assunto con contratto part-time non gli consentirebbe comunque un progetto di vita autonomo.
Per la Uila Uil il problema non è la proposta aziendale sul ‘patto generazionale’ che “potrà anche essere positiva per qualche lavoratore”, ma i contenuti del piano industriale presentato da Nestlè, ossia di un gruppo “che negli anni ha preferito investire altrove e non in Italia e che mira a ristrutturare lo stabilimento di San Sisto della Perugina, per trasformarlo in un sito per produzioni stagionali”. L’azienda ha, infatti, – continua la Uila – chiesto di introdurre, nei momenti di picco produttivo, un orario di lavoro di 6 ore al giorno per 6 giorni a settimana, distribuite su 4 turni: una soluzione che, a detta della Uila, penalizzerebbe due volte i lavoratori con la perdita di 4 ore di lavoro (rispetto alle 40 settimanali previste dal contratto) e, sul versante salariale, degli elementi straordinari e accessori della retribuzione. Il piano, inoltre, prevede che a periodi di massima produzione, ne seguano altri con l’applicazione di contratti di solidarietà, con la conseguente riduzione dei salari del 40%. Cosa “inaccettabile per la Uila” che chiede all’azienda di tornare a investire “seriamente” anche in Italia e “mirare a de-stagionalizzare la produzione dello stabilimento di Perugia”. “Per questo – conclude la Uila – al di là delle buone relazioni sindacali esistenti, serve un cambio di indirizzo da parte di Nestlè Europa”.