“Sulla produttività il testo che le controparti hanno sottoposto al giudizio e alla firma delle organizzazioni sindacali dal titolo ‘Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia’ contiene elementi non condivisibili”. E’ quanto si legge in una lettera inviata dal leader della Cgil, Susanna Camusso, a tutte le strutture del sindacato di Corso Italia. Camusso chiede di proseguire il confronto sulla produttività.
“La Cgil – si legge nel testo della lettera – considera non esaurito il confronto, in particolare sul salario, sulla democrazia e sulle normative contrattuali”. “Il lungo confronto – scrive – ha determinato, rispetto alle prime stesure, e grazie alla determinazione della Cgil, anche elementi d`avanzamento nella difesa della condizione delle persone e, proprio per questo, il negoziato merita la prosecuzione”.
Il giudizio della Cgil, dunque, “resta negativo su alcune parti sostanziali del testo proposto, ritenendo che la scelta del governo e delle controparti di considerare le condizioni di lavoro l’unica variabile della produttività su cui agire, ha fin dall’inizio segnato negativamente il negoziato, rendendo così la produttività da scelta strategica per lo sviluppo del paese a riduzione del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici”. “La Cgil continua a ritenere che il contratto nazionale – spiega Camusso – debba avere la funzione di tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni dell’insieme dei lavoratori di ogni singolo settore, incrementando i minimi tabellari che determinano anche le relative incidenze, mentre il secondo livello (che attualmente riguarda meno del 30% del lavoro dipendente) deve aggiungere risorse legate alla produttività nell’impresa”. Per questo il sindacato guidato da Camusso propone una formulazione “diversa” del testo per rendere esplicita la separazione tra i due livelli: “la garanzia del potere d’acquisto da attuarsi nei rinnovi contrattuali; l’introduzione di un altro elemento distinto, che scatterebbe laddove non vi sia la contrattazione aziendale”.
Invece “la soluzione presente nel testo considera l’indicatore Ipca, già non esaustivo del recupero del potere d’acquisto, indicatore onnicomprensivo del primo e secondo livello di contrattazione. In questo modo si andrebbe alla differenziazione dei minimi salariali e alla riduzione della protezione del potere d’acquisto delle retribuzioni”, spiega Camusso. E “questa scelta ha un ulteriore effetto recessivo, visto il già presente impoverimento delle retribuzioni e relative contrazioni dei consumi, e perde l’effetto di incentivazione della produttività a fronte di fattori organizzativi e di investimenti che le rendessero disponibili”. (LF)
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