E’ accaduto quello che doveva accadere. E’ stato rinnovato il contratto dei metalmeccanici. Federmeccanica, Fim e Uilm hanno raggiunto un accordo che varrà per i prossimi tre anni. Una trattativa veloce che ha consentito di chiudere la partita prima della scadenza del vecchio contratto. Un accordo separato, perché la Fiom non lo ha sottoscritto, né avrebbe potuto perché non è stata chiamata a partecipare al negoziato. Adesso è da attendere il solito diluvio di proteste, peraltro già in atto da tempo per la mancata partecipazione a quel tavolo.
La prima cosa da notare è che non è stato un brutto accordo, tutt’altro. L’aumento salariale è stato cospicuo, è stata migliorata tutta la parte di welfare contrattuale, specie per quanto si riferisce alla sanità, con novità sostanziali che faranno molto bene ai lavoratori in questi anni di crisi. Le imprese non possono lamentarsi perché c’è stato un trade off di sostanza in termini di migliore utilizzo delle disponibilità di macchinari e persone. Fim e Uilm possono essere contente dell’intesa, ma anche la Federmeccanica, come sempre quando si raggiunge un accordo. Del resto, se non fosse stato così, se le imprese non avessero trovato il loro rendiconto a firmare quell’accordo non l’avrebbero fatto, come i vertici di Federmeccanica hanno tenuto a dire fin dalle prime battute del negoziato. Ormai i contratti non si rinnovano più perché sono scaduti, ma perché tutte e due le parti trovano un vantaggio, e così è stato.
I problemi nascono dal mancato consenso della Fiom. Dietro l’esclusione dal tavolo di trattativa c’era una ragione precisa, perché questo sindacato non aveva mai riconosciuto la validità del contratto che si andava a rinnovare. Si trattava di un altro accordo separato e il sindacato della Cgil lo aveva sempre combattuto. Sarebbe stato strano che partecipasse poi al negoziato per rinnovarlo. In realtà Landini aveva chiesto a Fim e Uilm, e alla Federmeccanica, di fare tabula rasa del passato e di iniziare tutti assieme una nuova pagina con questo nuovo contratto. Ma non era stato creduto. Gli altri due sindacati e l’associazione degli imprenditori avevano chiesto a Landini un gesto formale, per significare che si voleva ripristinare un rapporto vero, l’accettazione del vecchio contratto, ma Landini ha pensato che questo avrebbe significato una resa e non se l’è sentita.
Adesso che la trattativa è finita resta il problema della e per la Fiom. E’ da credere che alle prossime trattative, tra tre anni, la Fiom parteciperà al negoziato. Confindustria, Cgil, Cisl e Uil stanno per tradurre in comportamenti concreti l’accordo che avevano raggiunto già un anno e mezzo fa sulla rappresentanza. Sulla base di quelle norme un sindacato forte come è la Fiom avrà tutto il diritto di partecipare al negoziato. Ma il problema non per questo si risolverà, perché il pericolo di un accordo separato è sempre presente. Le linee strategiche della Fiom si stanno radicalizzando ed è presumibile che questo processo continui. All’orizzonte non si vedono cambiamenti, al contrario sembra che ogni occasione segni un nuovo distacco, tanto che la Fiom è ormai lontana dagli altri sindacati di categoria, ma in buona sostanza anche dalla stessa Cgil, con la quale si trova spesso, se non quasi sempre in disaccordo. Essere su posizioni di radicalità non è una colpa, al contrario, ma se si vuole lavorare assieme deve esserci una base di comune sentire, che sembra davvero stia del tutto sparendo.
Questo è un problema per tutti. Per i lavoratori, che vedono le distanze tra loro stessi aumentare. Per gli altri sindacati, che devono sempre fare i conti con un’azione forte di disturbo. Della Cgil che ha al suo interno una federazione che non si ritrova nelle linee portanti della politica dell’organizzazione. Ma soprattutto per la Fiom, che rischia di sparire dalla scena. Già oggi solo la indubbia capacità mediatica di Landini la tiene fuori dal cono d’ombra nel quale si è cacciata, ma la situazione non può che peggiorare. A parte i problemi finanziari legati proprio alla mancata firma dei contratti, perché non si partecipa alla spartizione delle risorse finanziarie messe a disposizione dai senza tessera, un sindacato nazionale che non firma i contratti ha vita stentata. Nessuno crede che la Fiom sparirà, la sua tradizione è troppo forte e viva per non reggere. E la Fiom è presente in tutte le grandi aziende, dove firma tranquillamente gli accordi. Troverà prima o poi la forza per rompere il circolo che la tiene prigioniera della sua stessa radicalità. Questo almeno è l’augurio che tutti si fanno. Ma forse deve metterci qualcosa di sé.
Massimo Mascini