La Cgil sta pensando a una nuova formula contrattuale in grado di superare il dualismo tra i lavoratori protetti e quelli che non hanno tutele. Nel seminario interno organizzato dalla confederazione a Milano il 10 e l’11 dicembre, il segretario nazionale Elena Lattuada ha indicato il terziario come uno dei settori in cui sono state fatte sperimentazioni interessanti. Abbiamo approfondito il tema con Danilo Lelli, funzionario nazionale della Filcams.
Lelli, puo’ spiegarci piu’ concretamente di quali sperimentazioni si tratta?
Per esempio il contratto degli studi professionali, che si applica a tutti i lavoratori della categoria, comprese partite iva, collaboratori di studio, praticanti. Un contratto che costruisce condizioni minime per tutti, e demanda alla contrattazione di secondo livello la reale applicazione di questo principio. Sui praticanti stiamo ancora trattando.
E a che punto siete?
Sono ottimista. Confprofessioni sembra interessata a trovare un buon accordo. Noi chiediamo il riconoscimento di un equo compenso, dei diritti fondamentali, del fondo sanitario e il pagamento da parte dello studio dell’iscrizione all’ordine.
Il contratto riguarda molti lavoratori?
Sì, nonostante gli studi siano mediamente composti da circa dieci persone, complessivamente nel settore lavorano più di un milione di lavoratori subordinati, 300mila praticanti e 400mila partite iva.
Altri esempi?
Il recente protocollo firmato con Unirec per i lavoratori del recupero crediti. L’accordo ha introdotto percorsi di stabilizzazione e riconosciuto minimi retributivi per i lavoratori non riconducibili al lavoro subordinato. E’ un accordo che può essere preso ad esempio nel settore:
infatti, anche se l’Unirec non fa attualmente parte del comparto studi professionali, ha dichiarato che applicherà quel contratto.
Riconducendo le partite iva nel contratto nazionale vi è un rischio che il costo del lavoro aumenti?
Qualche aumento dei costi potrà esserci, ma la parte datoriale lo ha accettato volentieri perché ha deciso di puntare sulla qualità. In media gli studi professionali sono piccoli e quello che importa è avere professionisti di qualità.
Si tratta di un modello che può essere esportato in altri settori?
Secondo laCgil, gli accordi del terziario rappresentano uno stimolo molto interessante.
In che modo?
Si pensi che solamente ai 400mila praticanti del settore. Abbiamo la possibilità di dare una speranza ai giovani favorendo l’accesso alla professione, rompendo quello schema attuale per cui solo il figlio di un avvocato ha la possibilita’ di diventare a sua volta avvocato.
In queste sperimentazioni qual è l’aspetto che le da più soddisfazioni?
Il fatto che la Cgil sia diventata il punto di riferimento di un mondo che prima non intercettava. Nel paese si è creato un enorme interesse per le nostre iniziative. Abbiamo anche creato un sito internet che si chiama conilcontratto.it, per avvicinare le persone alle nostre campagne.
Siete riusciti ad avvicinare alla battaglie sindacali anche i giovani?
Sì, in particolare gli studenti. Oggi, dopo la riforma del mercato del lavoro, è possibile svolgere il praticantato negli ultimi sei mesi dell’università. Il nostro scopo è quello di far capire agli studenti che devono cominciare da subito a contrattare la loro posizione negli studi.
Con questi accordi si porrà fine al rischio che i datori di lavoro possano mettere in concorrenza tra loro i lavoratori stabile e quelli precari?
Credo proprio di sì.
E’ ottimista per il futuro del settore?
Stiamo ponendo delle basi interessanti. Per avvicinare al sindacato lavoratori dinamici come quelli degli studi professionali abbiamo in primis dovuto evolvere noi. Si tratta quindi di cambiamento per entrambi molto positivo.
Luca Fortis