Nella settimana della Passione, l’Italia segue il percorso di una doppia via crucis. Una e’ quella che, secondo tradizione, viene celebrata il venerdì santo a Roma, al Colosseo, luogo del martirio per definizione. L’altra e’ decisamente più insolita, si svolge tra il Quirinale e Palazzo Chigi, ed ha come protagonista la politica. Officiante nella prima via Crucis il nuovo papa Francesco, settantasette anni. Officiante nella seconda il capo dello Stato Giorgio Napolitano, ottantasette anni. Entrambi di età molto avanzata, sono però detentori di un patrimonio che evidentemente scarseggia in generazioni più giovani, e cioè la credibilità. Prima ancora che l’autorevolezza, e’ forse questa, oggi, l’unica caratteristica che può consentire di risolvere due crisi parallele: quella della chiesa, quella dei partiti. I due grandi vecchi si saranno anche chiesti per quale strana maledizione, con tutto il gran parlare che si fa di giovani e giovinezze, alla fine sempre a chi ha ormai troppe decine di pasque sulle spalle ci si rivolge per risolvere le crisi peggiori. Ma sta di fatto che, soprattutto sul fronte della politica, ne’ i trentenni arrivati in parlamento col Movimento 5 stelle del sessantenne Beppe Grillo, ne’ il sessantenne Pierluigi Bersani con il suo corredo di ‘’giovani turchi’’ quarantenni, sono stati in grado di mettere assieme uno straccio di accordo per dare vita a un governo. L’unico giovane che forse avrebbe potuto farcela, e cioe’ Matteo Renzi, e’ stato tenuto fuori dalla mischia per ragioni che sarebbe lungo elencare ma che tutti, ormai, conoscono; ora si parla di un suo ritorno in campo per salvare il salvabile del centro sinistra, e c’e’ solo da sperare che sia ancora in tempo, che non sia, nella temperie di questi terribili ultimi tre mesi, ingrigito irrimediabilmente anche il brillante sindaco di Firenze.
Nel suo messaggio augurale a papa Francesco, Napolitano ha sottolineato che “le festività pasquali ricorrono quest’anno in un momento particolarmente impegnativo per l’Italia, che affronta una fase cruciale di ricambio democratico ai vertici delle istituzioni”; e chissa’ se il presidente avra’ provato un po’ di invidia per il santo pontefice, che alla fin fine, per richiamare il suo popolo alla disciplina, puo’ sempre contare sulla fede. La politica, invece, la fede l’ha persa da un pezzo. Le ideologie sono morte e sepolte, e probabilmente sara’ anche un bene; ma non e’ un bene, pero’, la rissosita’ indistinta che le ha sostituite, ne’ la capricciosita’ indomabile di taluni nuovi movimenti che a loro volta hanno sostituito i vecchi partiti. Non e’ stato un bene la malapolitica, quella della corruzione e degli sprechi, che ha affondato la prima e la seconda repubblica; ma non e’ un bene nemmeno quella specie di ‘’Corrida’’ permanente che al momento la sostituisce. E che sostituisce alla selezione clientelare della vecchia classe dirigente una sorta di casting da Isola dei Famosi, dove si immagina che giornalisti di inchiesta, o studiosi d’arte antica, o severi giuristi, piuttosto che idraulici, casalinghe o agricoltori, siano in grado di assumere la guida del paese e di varare, per esempio, tutti quei provvedimenti necessari a risollevare l’economia, emergenza numero uno che tuttavia, malgrado il gran dibattere che se ne fa nei talk tv, resta per l’appunto un tema abbandonato alle chiacchiere di un plotone di economisti improvvisati e delle loro surreali ricette.
Ma per raccontare come si deve la politica italiana alla vigilia della Pasqua 2013 occorrerebbe la penna di Shakespeare: l’unica in grado di descrivere, per esempio, il travaglio di un Pierluigi Bersani, la sua vita da eterno secondo che arriva finalmente a un ruolo di protagonista ma e’ costretto dal fato a lasciare il palcoscenico ancor prima che si apra il sipario. Un eroe tragico, degno di un Macbeth, di un Amleto.
E dunque, chiudiamola qui. Limitiamoci ad esprimere ai nostri lettori l’auspicio che la Pasqua sia di resurrezione anche dal punto di vista laico e politico. E che gli italiani non finiscano invece per essere gli agnelli sacrificali di vecchi o nuovi riti che non condividono piu’.
NUNZIA PENELOPE