Il Tribunale di prima istanza dell’Ue, bocciando due ricorsi italiani, ha confermato oggi a Lussemburgo le decisioni della Commissione europea di bloccare il pagamento della quota comunitaria (46.634.365 euro) dei Fondi strutturali (Fesr) che erano stati destinati alla gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania.
Il blocco dell’esborso per tutte le domande di pagamento di questi finanziamenti presentate dopo il 17 maggio 2006 (data di entrata in vigore della direttiva Ue sui rifiuti) era stato decretato dalla Commissione nel 2008. Una decisione presa nel quadro di una procedura d’infrazione contro l’Italia, e approdata nel 2010 a una condanna della Corte di Giustizia, per non aver applicato le norme Ue al sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in Campania. La Corte aveva sentenziato che la mancata creazione di un sistema integrato e adeguato di smaltimento da parte delle autorità competenti aveva messo in pericolo la salute umana e l’ambiente.
L’Italia aveva presentato due ricorsi contro la sospensione dei pagamenti, sostenendo che avrebbero dovuto essere bloccati solo i fondi relativi alle misure specificamente oggetto della procedura d’infrazione, e non tutti i progetti nel settore della gestione e smaltimento dei rifiuti. Il Tribunale ha bocciato queste motivazioni, affermando che esiste comunque un collegamento sufficiente fra la misura decisa dalla Commissione e l’oggetto della procedura d’infrazione. Sull’Italia (nonostante il netto miglioramento della raccolta differenziata a Napoli, che però non sembra sufficiente) pende da tempo la minaccia dalla Commissione europea di un secondo ricorso per non esecuzione della sentenza del 2010, che potrebbe portare a una seconda condanna della Corte, con pesantissime multe pecuniarie per il periodo pregresso e giornaliere per ogni giorno di permanenza in situazione d’infrazione.
Contro la decisione del Tribunale può essere presentato appello, entro due mesi, alla Corte europea di Giustizia, limitatamente alle questioni di diritto.