Tra i molti paradossi della crisi ce n’è uno che si riflette positivamente sulle relazioni industriali: anziché acuire lo scontro tra imprese e sindacati, le difficoltà economiche in cui versa il paese finiscono per agire come uno stimolo a soluzioni innovative. E’ accaduto con il protocollo Finmeccanica, che apre alla partecipazione dei sindacati nelle scelte aziendali; ed e’ accaduto anche con il recente l’accordo Vodafone. Non uno di quegli accordi su cui si accendono i riflettori: intanto per la brevità del negoziato, 45 giorni in tutto, al netto dei ponti di Pasqua. Inoltre, non ci sono stati scontri, conflitti, scioperi. Eppure, c’erano da sistemare 700 esuberi. Ma sindacati e azienda alla fine hanno trovato una soluzione per tutto. Anzi, piu’ soluzioni. Spiega il responsabile delle relazioni industriali di Vodafone, Massimo Forbicini: “quando devi risolvere un problema che riguarda cosi’ tante persone, non e’ che puoi pensare di farcela con un sistema unico per tutti”. L’accordo Vodafone e’ praticamente taylor made: prevede la mobilita’ incentivata ( anche questa con ”taglie” differenti per la diverse esigenze), il potenziamento del part time, il supporto per coloro che volessero trasformarsi da dipendenti in imprenditori, e perfino il demansionamento: parola normalmente vietata in ambito sindacale, e che invece compare nero su bianco nell’accordo firmato anche dalla Cgil.
Forbicini, ma allora la crisi, invece di rinfocolare lo scontro sociale, induce alla concordia?
Sono tempi di profonda trasformazione delle relazioni industriali. L’elemento base oggi non e’ il conflitto, ma l’analisi del problema e le sue possibili soluzioni, cercando di contrapporre al disagio sociale fatti concreti. Inoltre, nel nostro settore, quello delle Tlc, c’e’ grande consapevolezza della difficolta’ del momento. Col sindacato abbiamo svolto una trattativa molto intensa, ma con obiettivi molto chiari per entrambe le parti: pur tutelando esigenze diverse, si trattava di trovare la soluzione a un problema molto concreto. La trattativa ha avuto anche un grande valore umano: ci siamo confrontati lealmente, lavorando e collaborando assieme, senza tatticismi, ma con una strategia comune, che era quella del rilancio dell’azienda su un doppio binario: dare sostegno a chi dall’azienda esce, e dare sostegno a chi nell’azienda resta.
Siete riusciti a fare tutto in poche settimane, e da soli, diciamo: solo l’azienda e il sindacato di categoria, senza coinvolgere le confederazioni ne’ il governo. Come e’ stato possibile?
Tecnicamente, abbiamo avuto un passaggio al Ministero, ma solo per un problema di giorni, anzi, di ponti di primavera: se non ci fossero state in mezzo le festivita’ avremmo concluso anche prima. Ma e’ vero, abbiamo fatto da soli; non c’e stato bisogno di coinvolgere nessun altro soggetto oltre ai sindacati di categoria e, naturalmente, i territori coinvolti. Il 10 aprile abbiamo fatto la prima vera ‘’nottata’’, nella quale abbiamo steso assieme i 18 punti dell’accordo. Di li in poi, i sindacati li hanno presentati nelle assemblee, chiedendo il mandato a firmare.
Firmare, non trattare?
Firmare: sui 18 punti eravamo gia’ d’accordo. Ci sono stati un paio di momenti di sofferenza, su alcuni territori, e ci siamo subito attivati per superarli con successo.
L’accordo prevede esodi incentivati fino a 36 mesi di stipendio, una cifra notevole.
Si, ma sarebbe limitativo vederlo solo come una questione di soldi. Abbiamo trovato, per esempio, il modo di continuare a garantire a chi esce alcune soluzioni di welfare. Faccio un esempio: garantiamo l’accesso al Fondo sanita’ Vodafone per dodici mesi. E se devi pagare l’apparecchio dei denti a tuo figlio, puoi continuare a farlo anche se sei ormai fuori dall’azienda.
Uno dei punti innovativi dell’intesa riguarda chi lavora nei negozi che dovranno chiudere, offrendo soluzioni a chi volesse trasformarsi in imprenditore. Pensate a una sorta di partnership?
Se qualcuno sente la voglia di affrontare la sfida imprenditoriale, siamo pronti a studiare soluzioni assieme. Vogliamo dare una mano a 360 gradi, aiutando le persone coinvolte a riprogettarsi la vita.
Nell’accordo si prevede anche il demansionamento: colpisce questa cosa, perche’ e’ stato uno dei punti sui quali la Cgil ha rifiutato di firmare l’accordo sulla produttivita’ con Confindustria. Qui, invece, c’e’ anche la firma della Slc Cgil. Come e’ possibile?
Lo prevediamo come ultimo strumento possibile per la gestione di eventuali esuberi residuali. E verra’ gestito nella massima trasparenza, seguendo i criteri dell’articolo 4, e non dell’articolo 8, del decreto Sacconi. Non verra’ usato in modo punitivo, e non e’ una leva unilaterale, ma una scelta condivisa rispetto alla linea comune di gestire tutti gli esuberi in maniera non traumatica.
Quindi non avete avuto problemi a far passare questo punto con la Cgil?
Assolutamente no. Abbiamo usato un criterio oggettivo, previsto dalla legge 223. Questo ci ha consentito di evitare una logica di impuntature di principio ‘’politico’’.
Nunzia Penelope