La crisi di rappresentanza nel pubblico impiego da parte delle storiche confederazioni Cgil, Cisl e Uil ha ormai raggiunto un livello difficilmente immaginabile fino a pochi anni orsono. La cura Brunetta che ha tagliato alla base ogni possibilità di negoziazione ha costretto il sindacato nel ruolo di mero spettatore delle scelte della amministrazione, rafforzando nei luoghi di lavoro la naturale tendenza al consociativismo di basso profilo a favore dei propri iscritti. Il ruolo di battitore dell’ex ministro Brunetta ha tuttavia trovato terreno fertile anche nei governi successivi che si sono ben guardati dall’abrogare le norme più penalizzanti per le prerogative sindacali e nello stesso campo sindacale dove a un evidente deficit di leadership, di proposte e di visioni sul ruolo della PA si è accompagnato una crescente dipendenza dei leader sindacali dai partiti di riferimento . E questa perdita di autonomia dalla politica , testimoniata dal passaggio di quasi tutti i segretari confederali scaduti dalle sedi delle confederazioni agli scranni del Parlamento, ha a sua volta impedito una seria azione di contrasto a una pletora di norme capestro espressamente riservate a colpire i pubblici dipendenti ( il cui idealtipo è la riforma Foriero delle pensioni). Il gioco reiterato più volte di non disturbare il manovratore di turno non è tuttavia a costo zero per le organizzazioni sindacali tradizionali. Alla perdita di reale incisività politica e negoziale si sta accompagnando infatti l’emergere di nuovi soggetti politici chiamati a colmare questo progressivo vacuum di rappresentanza. Da un lato sono gli ordini professionali delle professioni regolamentate a espandere le proprie competenze verso campi ortodossicamente lontani dalle prerogative riservate loro dalla legge; dall’altro professionisti appartenenti a campi diversi scelgono la strada della convergenza verso aggregazioni multiprofessionali al fine di incrementare il loro capitale “politico” e il loro potere negoziale.
È questo il caso della Cosmed , una aggregazione di 27.000 iscritti certificati dall’Aran che aggrega al suo interno tutta la dirigenza della PA(dalle categorie tecniche e professionali classiche di medici, veterinari, biologi, chimici, farmacisti, fisici, psicologi, a quelle tradizionalmente “amministrative) e che sta lanciando una vera e propria Opa nel campo della rappresentanza totale della dirigenza.
Va letto in questa luce il convegno tenutosi a Roma il giorno 11 dicembre in cui sono stati invitati tutti i partiti a un confronto di tipo “politico” su una serie di documenti preparati dalla Cosmed a certificazione delle malversazioni subite in modo quasi esclusivo dai dipendenti pubblici.
A parte la scarsa consistenza di un proposta che vorrebbe affidare ai dirigenti stessi la mannaia della spending review ora nelle mani di Cottarelli, non c’è dubbio che la iniziativa colma un vuoto reale, utile si spera, per svegliare le confederazioni dal torpore che le pervade. Ripartire dai problemi reali dei dirigenti e del restante personale della PA abbandonando la deriva politicista dei principali leader sindacali sempre più impegnati in logiche di schieramento ( basta pensare alle primarie del Pd recentemente svoltesi) può rappresentare una ultima chance per mantenere una leadership fortemente in crisi ed ora minata da nuovi soggetti che si fanno avanti nel campo istituzionale.
Roberto Polillo