I pensionati italiani non vedono la fine del tunnel della crisi. Il 45% ritiene infatti che il peggio debba ancora venire e il 32% che siamo all’apice. Solo il 17% ritiene invece che il peggio sia passato mentre il 6% non si esprime.
Nonostante i recenti dati sul leggerissimo aumento del Pil non emerge una crescita rilevante di fiducia. Il 55% dei pensionati comunque sostiene che si tratti di un segnale che fan ben sperare ma che la strada per uscire dalla crisi sia ancora lunga, il 35% addirittura che non significa niente e che la crisi è ancora molto pesante. È quanto emerge dall’analisi dello Spi-Cgil realizzata in collaborazione con Ipsos.
Rispetto alla qualità della vita negli ultimi anni il 74% dei pensionati sostiene che sia peggiorata o che comunque sia rimasta uguale in negativo mentre solo il 24% ha visto dei miglioramenti.
Qualche barlume di speranza viene espressa invece rispetto ad un periodo di medio-lungo termine. Il 46% dei pensionati sostiene infatti che nei prossimi 5-10 anni la qualità della vita migliorerà o resterà comunque positiva mentre per il 43% peggiorerà o resterà uguale in negativo. L’11% invece preferisce non sbilanciarsi.
Prima del proprio benessere, della pensione, della sanità, del welfare o delle tasse è il lavoro dei propri figli e nipoti la vera preoccupazione dei pensionati italiani.L’88% degli over 65 sostiene infatti che l’occupazione e l’economia in generale siano i problemi più urgenti a livello nazionale. Il 37% indica invece il welfare, solo il 6% la sicurezza e l’immigrazione, il 5% l’ambiente e il 2% la mobilità.
L’ordine delle priorità non cambia nella sostanza se ci si riferisce ai problemi nel proprio comune di residenza. Anche in questo caso infatti a guidare la classifica è l’occupazione, indicata dal 45% dei pensionati, seguita dal welfare e dalla mobilità (20%), dall’ambiente (10%) e infine da sicurezza e immigrazione (6%).
Dai pensionati italiani arriva una vera e propria iniezione di fiducia nei confronti del governo Renzi, desiderosi come sono di veder uscire l’Italia da una situazione di crisi economica e di stallo politico che si protrae da troppo tempo.
Il 38% di loro ripone molta fiducia nel nuovo esecutivo e il 35% ne ha abbastanza mentre il 26% ne ha poca o nessuna.
Si tratta però di una fiducia non incondizionata. I pensionati infatti consegnano la loro ideale lista della spesa al governo guidato da Matteo Renzi indicando le priorità per sé stessi, per i propri famigliari e per le condizioni generali del paese.
Riferito alla propria condizione il 62% dei pensionati ritiene che il primo problema urgente che il governo deve affrontare sia quello del livello delle pensioni e il loro potere d’acquisto. Seguono l’occupazione (per il 48%), la pressione fiscale (per il 43%), la qualità e quantità dei servizi sociali destinati alle fasce deboli (per il 36%), la crescita economica e la riduzione della burocrazia (per il 30%) e il controllo dei conti pubblici (per il 21%).
La gerarchia delle priorità cambia, e di molto, laddove i pensionati devono elencare quelle che sono le priorità per i propri famigliari.
In cima alle richieste al nuovo esecutivo c’è infatti quella di un intervento in favore dell’occupazione (lo sostiene l’82% dei pensionati) ma anche sulla pressione fiscale (per il 40%), sulla riduzione della burocrazia (per il 33%), sulla qualità e sulla quantità dei servizi sociali (per il 27%). Distanziati, tra i problemi da affrontare, quello del controllo dei conti pubblici (lo indica il 21% dei pensionati) e delle pensioni (per il 20%).
Il tema dell’occupazione resta prioritario anche quando i pensionati si devono esprimere in merito alla condizione generale del paese (lo è per l’82% di loro).
Seguono i temi della pressione fiscale (per il 47%), delle pensioni (per il 39%), della burocrazia (per il 34%), della crescita economica (per il 31%) e della tenuta dei conti pubblici (per il 25%).