Il responsabile delle relazioni sindacali di Electrolux Marco Mondini, crede che la contrattazione debba avvenire in gran parte in fabbrica, sulle necessità che ogni impresa presenta. Solo così è possibile aumentare la competitività e rafforzare l’occupazione.
Mondini, c’è spazio per contrattare in fabbrica condizioni e organizzazione del lavoro?
C’è e ci deve essere ancora più spazio a livello aziendale per migliorare sia il sistema delle relazioni sindacali sia i temi oggetto di contrattazione. Le imprese hanno bisogno di un cambiamento delle modalità e degli obiettivi della negoziazione.
Non va bene quanto fatto finora?
Fino a oggi il confronto è stato molto tradizionale, per lo più difensivo. Negli ultimi anni, poi, si è cercato prevalentemente di gestire l’impatto della crisi, appoggiandosi al sistema degli ammortizzatori sociali, ma per lo più mantenendo in piedi il sistema esistente.
Non è stata una cosa positiva?
Si, è senz’altro positivo, ma bisognerebbe incominciare a guardare avanti. Per esempio, nel recente accordo Electrolux si incominciano a vedere degli importanti elementi di novità, per la prima volta c’è stata una condivisione assoluta che il punto di partenza dovesse essere il recupero di competitività, soprattutto di costo, delle fabbriche e dunque del prodotto e che il costo del lavoro è l’elemento da affrontare.
E’ stata una cosa importante?
Sì, perché era la prima volta che succede. E’ emerso che il classico modo di gestire il negoziato non sarebbe stato utile e che il modello deve cambiare. Il sindacato, in questa vicenda, ha capito che le modalità di confronto che aiutano il rilancio delle imprese deve assumere una dinamica diversa. E’ solo l’inizio, ma dovrà essere sempre più chiaro che il confronto deve essere dinamico e modellato sulle esigenze concrete, anche a costo di intaccare qualcosa che si è ottenuto in passato, quando quelle conquiste erano possibili, e che il confronto sul merito deve cambiare in relazione alle esigenze.
Cambiare in quale direzione?
Un sistema e un confronto che “cucia abiti su misura”. Quando si ingrassa o si dimagrisce si deve cambiare taglia e “guardaroba”, non è possibile continuare a portare abiti che vanno stretti o larghi. Così si deve fare per il confronto sindacale, bisogna adattare il sistema di confronto alle condizioni reali dell’impresa, nulla è statico, ci si deve adattare al cambiamento della realtà in cui si opera, abbandonando la logica di posizioni pregiudiziali e di principio.
E’ quanto avete fatto in Electrolux con l’accordo raggiunto?
Con questo accordo, oltre agli importanti interventi del governo, che hanno preso atto del gap di competitività con la concorrenza internazionale, le parti sociali hanno incominciato a implementare un modello più adeguato alla realtà. Il sindacato ha rinunciato a pause e a permessi sindacali e ha concordato a degli interventi per migliorare la produttività e l’efficienza delle fabbriche, scambiandolo, nei fatti, con maggiore visibilità e certezze, per un periodo dato, in termini di occupazione e investimenti. Lo scambio ha cercato di coniugare esigenze di miglioramento competitivo e protezione dell’occupazione.
Ciascuno ha fatto la sua parte?
Sì, il governo tenendo presente le esigenze di ridurre il costo del lavoro attraverso la decontribuzione dei contratti di solidarietà, le parti sociali cercando misure che in modo complementare e sussidiario garantissero l’incremento di competitività di costo, alla luce del fatto che, naturalmente, allo stato è impossibile intervenire solo sul cuneo fiscale per evidenti esigenze di coperture di bilancio.
Gli 80 euro di Renzi hanno aiutato.
Certamente, sono importanti, perché aiutano a sostenere il reddito dei lavoratori e possono rappresentare un elemento di sicurezza a sostegno delle misure che vanno affrontate a livello aziendale per migliorare la competitività delle realtà produttive.
Per quali vie potrebbe passare questo miglioramento?
Dipende da quali elementi sono riconosciuti e condivisi nel confronto negoziale come necessari e indispensabili. Il nostro accordo sulle pause, sui permessi sindacali e sugli incrementi di produttività ed efficienza è un esempio, ma tutto dipende dalle specifiche esigenze delle singole aziende. Per noi è importante incidere sul costo del lavoro, quindi abbiamo posto attenzione alle pause, ai permessi sindacali e a quegli aspetti che incidono direttamente sul costo delle ore lavorate, e nel futuro dovremo affrontare anche il tema dei premi di risultato, perché siano maggiormente legati ai risultati aziendali e ne stimolino il raggiungimento, mentre oggi tendono sì a essere variabili, ma in una prospettiva di consolidamento.
E’ più facile farlo nelle piccole imprese?
In un certo modo sì, perché nelle multinazionali c’è più rigidità, causata dal fatto che le imprese sono più grandi, più visibili, quindi creano dei precedenti.
Deve cambiare il rapporto tra la contrattazione nazionale e quella aziendale?
Alcuni aspetti del contratto nazionale devono essere gestiti al livello di impresa, il contratto nazionale dovrà necessariamente alleggerirsi per dare spazio alla contrattazione aziendale. La contrattazione aziendale dovrà svolgersi, senza rigidità e senza posizioni assolute, sui problemi reali. Problemi che non sono mai uguali per tutti. Per noi potrebbe essere importante l’assenteismo, per un’altra azienda può essere l’utilizzo degli impianti, per un’altra ancora l’orario plurisettimanale. Ognuno ha le sue esigenze. Ma è un problema essenzialmente culturale, per il quale occorre adeguatamente prepararsi.
Mondini, ma le grandi aziende, come l’Electrolux, hanno attenzione reale all’impatto che questi accordi hanno sui lavoratori? Si tengono nel dovuto conto le loro esigenze, quelle del singolo lavoratore?
L’attenzione sulle condizioni di lavoro è una priorità e una condizione imprescindibile, specie per quanto attiene alla salute e alla sicurezza sui luoghi di lavoro, ma anche sulle esigenze del singolo lavoratore. Lo dimostra l’attenzione con cui i temi qualità ed ergonomicità della prestazione lavorativa vengono affrontati e gestiti, sia sul piano contrattuale, sia pratico. Per esempio, nei nostri stabilimenti i sistemi di valutazione del rischio delle modalità della prestazione sono consolidati e condivisi e costituiscono il corollario necessario di ogni intervento di processo e organizzativo. Se, poi, vogliamo fare qualche altro richiamo, nella nostra azienda il tasso di part time è superiore alla media nazionale, e per le posizioni compatibili abbiamo cercato di soddisfare quanto possibile le richieste di telelavoro, e così via. Sempre in una prospettiva di rispetto delle esigenze dei lavoratori.
Lei parla di salto culturale, il sindacato è in grado di farlo?
Sono sicuro di si, e me lo auguro. Con questo accordo abbiamo fatto tutti un passo in avanti in questa direzione, creando un precedente nelle relazioni industriali. La strada è quella giusta, vedremo cosa faremo adesso. Perché dobbiamo capire cosa fare dal 2018 in avanti ,ovvero al termine della durata del piano industriale, e preparare il terreno e le condizioni per un positivo rilancio, alla luce della possibile evoluzione del mercato.
L’unità sindacale è importante?
E’ strategica ed essenziale, perché si riflette sulla efficacia delle relazioni sindacali e dunque sulla gestione del lavoro nelle fabbriche.
Massimo Mascini