Più che una conferenza stampa è stata un’assemblea affollatissima, al punto da rendere difficile l’accesso agli stessi giornalisti. Al Teatro delle Vittorie, indirizzo storico della migliore Rai, stamattina i tre leader confederali di Cgil, Cisl e Uil avevano dato appuntamento alla stampa per illustrare i motivi del no alle misure decise dal Governo per la Rai. Misure punitive, in effetti: prelevo forzoso di 150 milioni dal bilancio faticosamente risanato dal direttore generale Luigi Gubitosi, taglio delle sedi regionali (in verità spesso pletoriche), e soprattutto vendita obbligata di una quota di Raiway, la società che detiene la proprietà della rete di trasmissione, asset prezioso dell’emittente pubblica. Come risposta, i sindacati confederali e l’Usigrai avevano proclamato per l’11 giugno prossimo il primo sciopero generale della tv pubblica, ma in pochi giorni il quadro e’ cambiato parecchio.
Parlando domenica mattina al festival di Trento, infatti, Matteo Renzi era stato sì durissimo verso la Rai e lo sciopero (definito ‘’umiliante’’) ma nello stesso tempo aveva lasciato intravedere un’apertura: se volete parlare di cosa è servizio pubblico e di come riformarlo, aveva in sostanza detto il premier, io sono qui, fatevi avanti. L’Usigrai, per primo, ha colto la palla al balzo, diffondendo una nota con i punti di una eventuale trattativa con l’esecutivo. Lunedì si era sfilato dalla battaglia anche il leader Cisl Raffaele Bonanni, dichiarando che, alla luce delle novità, forse lo sciopero non era più una buona idea (e infatti, al Delle Vittorie Bonanni non si e’ presentato).
E ancora: martedì mattina, con una intervista al Corriere della sera, era stato lo stesso Gubitosi, a mostrare toni più dialoganti nei confronti del governo. In pratica, dunque, a sostenere lo sciopero c’erano solo Cgil e Uil. “Noi insistiamo: uno sciopero si fa o meno solo se cambiano le condizioni – ha detto Camusso al Delle Vittorie – e al momento non credo che le condizioni previste dal decreto siano cambiate”. La segretaria Cgil ritiene “grave” che il premier Renzi abbia parlato dello sciopero dei dipendenti Rai come di un fatto “umiliante”, osservando che, da che mondo è mondo, “i lavoratori manifestano con lo sciopero il loro dissenso, e in questo caso il governo e’ la controparte naturale, essendo azionista unico della Rai”. Molto duro anche Angeletti: “Il premier si comporta come un pessimo amministratore delegato dell’azienda pubblica Rai. Ha fatto bene a dire che è dei cittadini: lui dovrebbe per questo amministrarla ma è il peggiore amministratore”.
E dunque, sciopero confermato, ma per poco: subito dopo le dichiarazioni di fuoco di Camusso e Angeletti, infatti, la commissione di garanzia ha dichiarato illegittima l’astensione dal lavoro per l’ 11, per la contemporaneità con un altro sciopero proclamato in precedenza dal sindacato autonomo Usb per il 19. Dunque, per il momento, la situazione e’ sospesa. Intanto, pero’, resta difficilissima la situazione dell’azienda televisiva pubblica, riassunta efficacemente in una lettera aperta a Renzi firmata dal coordinamento interno IndigneRai, formato da dipendenti e precari della Rai. IndigneRai ricorda che se da un lato esistono indiscutibili sacche di sprechi e privilegi, e’ anche vero che l’azienda consta di 11 mila tra operai e impiegati, “di cui molti hanno ricevuto il bonus da 80 euro a causa degli stipendi inferiori al 1500 euro mensili”.
Per contro, Viale Mazzini continua a utilizzare malissimo le proprie risorse finanziarie: “Un cattivo utilizzo che si sostanzia nel pagare compensi, quelli sì indecenti, a figure professionali esterne all’azienda, quando internamente, al costo di un normalissimo stipendio, ci sono decine di dipendenti ugualmente professionali che potrebbero svolgere i medesimi compiti; cattivo utilizzo che si materializza quando si stipulano contratti di centinaia di migliaia di euro ad ex dipendenti pensionati o a collaboratori, mentre i giovani restano precari; cattivo utilizzo che si concretizza nel dilagare di appalti a società esterne per la realizzazione di programmi o di fiction, quando esistono le competenze e le capacità interne per realizzarle”.
Quanto alla cessione di RayWay, IndigneRai nota che cederla sotto il dikat del Governo equivale a svenderla: “una cosa è vendere per libera scelta e allora si cercherà di spuntare il miglior prezzo possibile; un’altra è dover vendere per una sorta d’imposizione e quindi sarà il compratore che imporrà il prezzo”. La cessione della rete metterebbe in discussione anche il rinnovo della concessione del servizio pubblico alla Rai, “dato che senza l’integrità statale dell’emittente di servizio pubblico potrebbe essere necessaria una gara europea per assegnare tale concessione”, col rischio “di uno smantellamento dell’azienda da qui al 2016”.
Infine, lascia tutti molto perplessi che il governo non abbia sprecato una sola parola sull’evasione e sulla mancata riscossione del canone da parte dello stato, causa di 500 milioni annui di mancate entrate per viale Mazzini.
Ma tutto sommato, anche dagli ‘’Indignados’’ della tv arrivano toni concilianti: “Caro presidente –conclude la lettera aperta a Renzi- Saremmo felici di sapere che lei è con noi per una nuova governance della Rai, con amministratori che pensino davvero al bene dell’Azienda e che cerchino di realizzare prodotti di eccellenza. Lei, presidente, vedrebbe parecchi di noi dalla sua parte se si partisse dalle cose che abbiamo elencato, e da altre che si possono fare per far si’ che la Rai torni ad essere la BBC italiana. Lei dice che se avessimo scioperato prima delle elezioni avrebbe avuto il 42,8 % di voti, ma se ci aiutasse davvero a fare quello a cui abbiamo accennato, può arrivare anche al 50%”.
Nunzia Penelope