“Non lasceremo soli i compagni della Fiom.” Queste parole, seguite da un intenso applauso, sono state pronunciate da Nicola Nicolosi nell’intervento con cui si è conclusa a Roma, venerdì 18 luglio, la prima assemblea nazionale di “Democrazia e lavoro”, l’area di minoranza da poco costituitasi all’interno della Cgil.
L’atto di nascita di quella che, a termini di Statuto, viene definita “minoranza congressuale”, è rappresentato da una lettera indirizzata, nei giorni scorsi, al presidente del comitato direttivo Cgil, Morena Piccinini. Lettera con cui i firmatari, in quanto appartenenti al direttivo stesso, esprimono formalmente la loro volontà di dar vita alla nuova aggregazione.
Tra questi firmatari si notano subito i nomi di Marigia Maulucci, ex segretaria confederale ai tempi di Cofferati; di Gianni Rinaldini, già successore di Claudio Sabattini alla guida della Fiom, dal 2002 al 2010, e poi leader di “La Cgilche vogliamo”, ovvero della componente di sinistra della Cgil nata in occasione del Congresso del 2010; nonché del succitato Nicolosi che, dal 2010 al2014, hafatto parte della Segreteria confederale in quanto leader di “Lavoro Società”, un’altra più piccola componente di sinistra che però, sempre nel Congresso del 2010, sostenne il documento presentato da Guglielmo Epifani, e ha poi sostenuto la maggioranza guidata da Susanna Camusso.
Vi siete persi? Niente paura. Come sempre, le geografie politiche interne a grandi organizzazioni e le biografie di leader maggiori o minori costituiscono un intreccio complicato che disorienta gran parte del pubblico. Ma quella di cui stiamo qui parlando, dopotutto, è una notizia e, quindi, vale la pena di approfondirla.
E la notizia è questa: a due mesi dal Congresso di Rimini, il variegato mondo della sinistra interna alla Cgil si è completamente riarticolato. All’estrema sinistra resta “Il sindacato è un’altra cosa”, ovvero l’area programmatica che è stata fondata e guidata, nel corso del recente processo congressuale, da Giorgio Cremaschi, un altro ex Fiom, nonché allievo eretico di Claudio Sabattini. Il quale Cremaschi, ormai tecnicamente pensionato, ha lasciato il testimone nelle mani di Sergio Bellavita, suo successore nella Fiom nazionale. Su posizioni sempre radicali, ma offerte con un linguaggio meno aspro, c’è la nuova aggregazione di cui stiamo parlando, “Democrazia e lavoro”, che riunisce in sé la maggioranza dell’ex minoranza denominata “La Cgilche vogliamo”, ormai priva della componente cremaschiana, e la maggioranza del gruppo di “Lavoro Società”, pur sempre capitanato da Nicolosi, ma ormai privo di parte dei sostenitori che aveva, specie in Lombardia, e che sono rimasti nella maggioranza camussiana.
L’obiettivo della nuova aggregazione, dichiarato da Rinaldini in apertura dell’assemblea, è programmaticamente ambizioso: è cioè non solo quello di spostare gli equilibri interni alla Cgil, ma quello di diventarne la maggioranza e, quindi, di radicalizzarne la linea politico-sindacale. A tale scopo, quelli di “Democrazia e lavoro” intendono sfidare il segretario generale uscito vincente dal Congresso, Susanna Camusso, da un lato, su un terreno interno, puntando a riformarela Cgilin senso, come essi dicono, “più democratico”; e, dall’altro, su terreni più tipicamente rivendicativi, quali fisco, pensioni e sistema contrattuale. Ovvero gli stessi prescelti da Camusso per l’iniziativa unitaria da lei proposta, a partire dal Congresso, a Cisl e Uil.
Nel suo intervento conclusivo, Nicolosi ha ringraziato Maurizio Landini per essere stato l’unico dei segretari generali di categoria Cgil ad aver accolto l’invito degli organizzatori, e ad aver quindi partecipato all’incontro con un suo intervento. Un ringraziamento non banale, perché ci aiuta a vedere un tassello non secondario del mosaico delle componenti interne alla Cgil, così come risulta attualmente ricomposto. Il nome di Landini, infatti, nonostante sia quello del più noto fra i critici di Susanna Camusso, non compare in calce alla lettera indirizzata a Morena Piccinini. E questa è un’altra notizia.
Come interpretarla? Probabilmente Landini, essendo Segretario generale di un sindacato di categoria importante comela Fiom, non ha ritenuto di poter aderire a un documento che si propone, esplicitamente, come testo fondativo di una nuova minoranza interna alla Cgil. Sono invece proprio i dirigenti della nuova aggregazione quelli che assumonola Fiom, a guida landiniana, come struttura di riferimento per il conflitto che intendono aprire contro le posizioni di Susanna Camusso.
Se questa analisi risultasse corretta, ci aiuterebbe a capire meglio il senso della frase citata qui in apertura. “Landini – ha detto Nicolosi subito prima di pronunciare quelle parole – ci ha fatto presagire nel suo intervento che, in autunno, potrebbe lanciare un’iniziativa di mobilitazione.” Ovvero un’iniziativa relativa, a quel che si comprende, a temi di portata generale. “In tal caso – ha scandito Nicolosi – noi di ‘Democrazia e lavoro’ non lasceremo soli i compagni della Fiom.”
Perché è utile capire il nuovo assetto delle relazioni fra le componenti interne alla maggior confederazione sindacale italiana? Perché il quadro uscito dal Congresso svoltosi in maggio a Rimini non era del tutto chiaro.
Nel Congresso del 2010, le differenze interne alla Cgil erano state, fin dall’inizio, più nette. Nel corso delle assemblee, si erano infatti allora confrontati due documenti. Uno, risultato ampiamente maggioritario, presentato da Epifani e Camusso, con l’appoggio di Nicolosi. L’altro, risultato minoritario, presentato da Rinaldini e Landini, con l’appoggio di Cremaschi.
Questa volta, invece, Susanna Camusso si era spesa per far sì che il Congresso, in questi tempi segnati da una prolungata crisi economica e occupazionale, si svolgesse in termini unitari. Un’ipotesi, questa, inizialmente accettata da tutti, meno che da Cremaschi. Nelle assemblee congressuali, non c’erano quindi a confrontarsi due documenti comunque robusti, ma quello presentato da una maggioranza molto ampia con quello proposto da un’infima minoranza. Al posto dello scontro fra i due documenti, nelle assemblee ha così tenuto banco il confronto sviluppatosi attorno ad alcuni emendamenti sostenuti, tra gli altri, da Rinaldini. Non è quindi un caso se, nella lettera inviata alla Piccinini, i firmatari affermano che ‘Democrazia e lavoro’ nasce per “continuare a far vivere i contenuti” di tali emendamenti, nonché “il giudizio negativo sull’accordo del 10 gennaio2014”.
Solo che, ecco il punto, il dirigente che – all’interno del mondo Cgil – si è battuto con voce più forte contro tale accordo, ovvero contro l’intesa firmata da Cgil, Cisl e Uil – con Confindustria prima e con Confcommercio poi – su rappresentatività e rappresentanza delle organizzazioni sindacali, è stato proprio Maurizio Landini. Ovvero quel dirigente il cui nome, come si è visto, non sta tra i firmatari della lettera alla Piccinini.
Ricapitolando, in Cgil c’è adesso un’ampia maggioranza guidata da Susanna Camusso, e due minoranze. Di queste una, “Il sindacato è un’altra cosa”, raccoglie gli eredi di Giorgio Cremaschi, capitanati da Sergio Bellavita. L’altra, “Democrazia e lavoro”, ha invece deciso di non dotarsi di un portavoce nazionale, ma guarda con speranza alle iniziative che Landini, formalmente estraneo alla nuova aggregazione, vorrà e potrà proporre all’organizzazione di cui è segretario generale:la Fiom.
Per certi aspetti, soprattutto per Landini, si tratta del ritorno a uno schema già noto. Quello sperimentato nella seconda metà degli anni 90, quando Claudio Sabattini puntava a guidare l’ala sinistra della Cgil non a partire da un documento di minoranza, ma in quanto leader del sindacato più militante e più battagliero della confederazione di corso d’Italia: quello dei metalmeccanici. Solo che, da allora, sono passati quasi vent’anni e lo spazio occupato dalla Fiom nel campo delle relazioni sindacali si è, oggettivamente, ristretto.
@Fernando_Liuzzi