A Gela (Caltanisseta) un corteo di mille lavoratori ha sfilato in segno di protesta contro l’annunciato disimpegno dell’Eni. “In Mozambico l’azienda va ad investire 50 miliardi – affermano i dimostranti – mentre a Gela taglia investimenti per 700 milioni e migliaia di posti di lavoro”.
Nessuno sembra quindi credere alle dichiarazioni dell’amministratore delegato, Claudio Descalzi, secondo il quale l’Eni non intenderebbe né chiudere lo stabilimento né ridurre i posti di lavoro ma diversificare la produzione con investimenti anche più consistenti: “Lo dicevano anche lo scorso anno – puntualizzano i vertici di Cgil, Cisl, Uil e Ugl locali – quando hanno richiesto sacrifici, affrontati subito, in cambio di investimenti di la’ da venire e ora d’un colpo cancellati. Chiediamo che il governo convochi le parti e che si faccia garante con l’Eni di un serio progetto di lavoro, occupazione e sviluppo per Gela e perla Sicilia”.
Le maestranze in lotta hanno intensificato i blocchi lungo le vie di accesso alla raffineria e creato un nuovo presidio in contrada “Ponte Olivo”, davanti alla sede siciliana di Enimed, la consociata dell’Eni che effettua ricerche e sfruttamenti dei giacimenti di gas e petrolio. L’obiettivo e’ quello di arrivare a bloccare l’attività estrattiva dei pozzi.
La rivendicazione sindacale in merito alla situazione dello stabilimento gelese fa riferimento, in particolare, all’intesa di un anno fa che stabiliva investimenti per 700 milioni per rendere gli impianti ecocompatibili e più competitivi, e che ora sembra azzerato.
Per questo l’annuncio dell’ad Claudio Descalzi di puntare a investire 2,1 milioni in “non meglio precisati progetti” di trasformazione del sito in raffineria verde, “non ci piace”, tuonano i sindacati, che continuano a insistere per il diretto coinvolgimento del premier Matteo Renzi nella vicenda e per il suo intervento al tavolo su Gela che dovrebbe partire a Roma, questa settimana.
La Cisl rivolge anche l’appello al premier affinché sottolinei a Eni che “investire in Italia conviene più che spendere soldi per progetti in Paesi, dall’Iraq alla Libia al Mozambico alla Nigeria, dove per l’instabilità politica gli investimenti avviati potrebbero ridursi in fumo”.
In una nota, intanto, Cgil Cisl Uil di Gela esprimono “forte preoccupazione” per i 3.500 posti di lavoro a rischio, tra diretto e indotto. E per la tensione sociale che sale: “L’atteggiamento dell’Eni – scrivono – purtroppo conferma tutte le ragioni della mobilitazione della società civile, delle istituzioni locali, dei sindacati”.
Così, alla vigilia della presentazione a Londra del piano industriale dell’Ente nazionale idrocarburi, prevista per mercoledì 30, confederazioni e federazioni sindacali lanciano un nutrito pacchetto di iniziative.
Per domani sono in programma presidi e volantinaggi alle vie di accesso della città, mentre il 28 luglio, le segreterie confederali provinciali di Cgil, Cisl e Uil, hanno proclamato uno sciopero generale territoriale, con manifestazione e corteo che si terranno a Gela. Il 29, invece, scenderanno in lotta le maestranze di tutti i siti delle aziende Eni in Italia per lo sciopero nazionale di comparto con manifestazione a Roma.