La Banca centrale europea interviene contro i nuovi indebolimenti dell’inflazione operando un nuovo taglio ai tassi di interesse, tutti ridotti di 10 punti base. Il principale tasso di rifinanziamento passerà dallo 0,15 per cento allo 0,05.
Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali dallo 0,40 allo 0,30 per cento. Infine il tasso sui depositi che la Bce custodisce per conto delle banche commerciali, che era già negativo, passerà dal meno 0,10 per cento al meno 0,20 per cento.
I livelli stabiliti oggi, che entreranno in vigore dal 10 settembre, sono ovviamente nuovi minimi storici per tutti i principali tassi ufficiali dell’area euro. La decisione della Bce coglie in parte di sorpresa in mercati, tanto che l’euro ha segnato un repentino ripiegamento sotto quota 1,31 dollari, con molti analisti che prevedevano che avrebbe mantenuto lo status quo. Tuttavia la mossa fa seguito a segnali precisi che il presidente Mario Draghi aveva lanciato durante il suo intervento a un simposisio negli Stati Uniti ad agosto, a Jackson Hole.
Riferendosi al generale indebolimento dell’inflazione e al problematico calo anche delle delle generali attese di inflazione, il presidente aveva avvertito avvertito che “il Consiglio direttivo prenderà atto di questi sviluppi e, nell’ambito del suo mandato, userà tutti gli strumenti disponibili necessari a garantire la stabilità dei prezzi”.
Un messaggio che i mercati avevano interpretato come il preannuncio di ulteriori ammorbidimenti. Una quota minoritaria di esperti aveva pronosticato il nuovo taglio. E anche tra coloro che non si attendevano manovre sui tassi questa ipotesi non era esclusa, ma veniva giudicata come un provvedimento “cosmetico” dato che ormai su questo versante i margini di manovra erano già esigui.
In realtà la questione più rilevante è sul cosa la Bce intenda fare sul versante delle misure non convenzionali. Oggi stesso potrebbe fornire novità sul piano già deciso per resuscitare il settore dei titoli cartolarizzati (Abs). Tuttavia anche questa manovra potrebbe non essere risolutiva e per questo l’attenzione degli operatori riguarda anche la possibilità che si orienti verso qualcosa di più energico, un piano di acquisti generalizzati di titoli anche pubblici, un “Quantitative Easing” che però non sarebbe agevole da far passare nel direttorio.
Peraltro la Bce, come è sua consuetudine, potrebbe voler aspettare di verificare quali siano gli effetti concreti delle misure già decise, a giugno assieme al taglio dei tassi. In particolare valutare vedere cosa sortiranno i nuovi rifinanziamenti agevolati alle banche già decisi. Sono simili a quelli usati durante la crisi dei debiti, ma stavolta vincolati al riutilizzo nell’economia reale (Tltro).
Le prime operazioni si svolgeranno proprio a settembre e da questo canale complessivamente potrebbero transitare fino a 1.000 miliardi di euro, a più riprese fino al 2016.