I titoli dei giornali non brillano di fantasia, esercitandosi da giorni su cose del genere ‘’I due Pd’’, oppure ‘’Le due sinistre’’. Il tema è quello del prossimo fine settimana, in cui si confronteranno la manifestazione organizzata dalla Cgil a San Giovanni e la kermesse fiorentina creata da Matteo Renzi, giunta alla sua quinta edizione. “Chi va dove”, è il gioco di moda. Tradotto: chi sta con chi. Chi con il governo, e con Renzi, chi con il sindacato, e con la piazza. Sinistra di lotta versus sinistra di governo. Ma se l’Italia non fosse il paese più fortemente caratterizzato dalla sindrome del pesce rosso, con relativa memoria a brevissimo termine, basterebbe un passo indietro di pochi anni per ritrovare gli stessi titoli sulle stesse testate e con gli stessi accenti. Cambierebbero solo i nomi dei contendenti: invece che Camusso vs Renzi, chesso’, Cofferati vs D’Alema.
Fu del resto proprio allora, nel lontanissimo (per la memoria italica) 1996, che la cinghia di trasmissione tra il sindacato e il partito iniziò a incepparsi, fino a strapparsi clamorosamente nei primi anni del millennio, con le reciproche frecciate al veleno scambiate tra l’allora Cinese e l’allora Baffo di ferro. Successivamente fu rappezzata, ma solo in parte, dal ritorno in scena di Silvio Berlusconi del 2001, che magicamente riportò in piazza unite le due sinistre: quella sindacale e quella politica. Vale la pena di ricordare i tre milioni a Roma del 2002, con Cofferati e in difesa dell’articolo 18: il centro sinistra ormai ex di governo c’era tutto, ai piedi del gigantesco palco alto come un palazzo (che l’attico, per così dire, era riservato solo alla Cgil e al suo leader); ed è singolare davvero pensare che sono passati dodici anni, e stiamo allo stesso punto, alla stessa contesa. Negli anni successivi, altre adunate oceaniche videro le bandiere del Pd e quelle della Cgil sventolare insieme, unite anche con quelle della Cisl e della Uil. Epoche di palchi enormi, da rock star, di back stage dove si incontravano leader di partito e di sindacato, direttori di grandi giornali, attrici famose, registri di grido. Nel 2004, a San Giovanni, sinistre unite sotto le insegne dei movimenti, di Nanni Moretti, di Fiorella Mannoia che dal palco cantava – e tutta la piazza con lei – “Quello che le donne non dicono”. E piu’ avanti, nel 2009, ancora al Circo Massimo, Veltroni ed Epifani, Pd e sindacato, uniti nella lotta, la solita, l’unica che funziona, quella contro Berlusconi. Ma oggi, con il Cavaliere ormai trasfigurato da Caimano a benefattore dei degenti di un centro anziani (di qualche giorno fa la notizia che li ha allietati con un concerto al pianoforte, insieme al compagno di sempre Fedele Confalonieri, gran finale con ‘’Malafemmena’’ cantato tutti in coro, e chissà se c’era un pizzico di autobiografia nella scelta del titolo), o a paladino dei diritti delle minoranze, dai gay agli immigrati, il collante naturale viene a mancare. E dunque, riecco le due sinistre.
Sprazzi di ricordi: Achille Passoni, già dirigente Cgil, poi parlamentare diessino – o piddino, o come si chiama adesso, per citare una bella e cattiva battuta di Veltroni- detto anche ‘’l’uomo pullman’’ per l’insuperata e illimitata capacità di riempire piazze, che si aggira nel back stage giurando: “l’ho riempita tre volte, sta’ piazza, non chiedetemelo più”. E sarà un caso, ma di piazze così piene, dopo, non se ne sono infatti piu’ viste. Né per il partito (che peraltro nemmeno ha osato convocarle) né per il sindacato, che negli anni piu’ recenti non è mai riuscito a mettere insieme nulla di veramente entusiasmante: piazze ormai tristi, annoiate, esauste.
Ma lasciamo perdere le nostalgie e torniamo alle due sinistre che si contenderanno questo week end, nonché i titoli sui giornali di domenica mattina. Paragonare la manifestazione della Cgil con la Leopolda è un esercizio inutile: i professori di matematica del liceo sostenevano che non si possono sommare le pere con i carciofi, e vale anche in questo caso. L’unica cosa che accomuna le due iniziative sta infatti nella scelta dei “’presentatori”: quattro sconosciuti – o emergenti, o nuovi talenti, mettiamola così – sono stati selezionati da Renzi per condurre la manifestazione dal palco di Firenze, tre altrettanto sconosciuti – i due più giovani segretari generali d’Italia e una studentessa di 23 anni – sono stati individuati da Camusso per quello Roma. Per il resto, solo differenze abissali, a partire dai numeri, che ancorché decisivi non sono certo confrontabili: i forse diecimila di Firenze contro i forse molto oltre centomila di Roma non si contano, al massimo, forse, si pesano.
Per definire il succo delle due iniziative senza perdersi nei dettagli però meglio ricorrere a due definizioni molto sintetiche: “Inclusione versus sottrazione”, intesa come la sottrazione di diritti praticata dal governo Renzi, per usare le parole della Cgil; “Proposta versus protesta”, per dirla invece con la ministra Maria Elena Boschi, laddove protesta (della Cgil) ha un’accezione negativa e sterile, mentre proposta (la Leopolda) ha quella, positiva, della ricostruzione e rilancio del paese.
Sta tutta qui la divisione tra le due sinistre. Tra quella che ritiene indispensabile la difesa di alcuni baluardi, e quella convinta che solo abbattendoli si potranno raggiungere nuove frontiere. Quale sia la strada giusta è complicato da dire, ma è impossibile non osservare che siamo sempre alla stessa differenza da vent’anni: e ancora non se ne esce. Domenica si tireranno ancora una volta le somme: fatti i conti della piazza, si vedrà quale delle cosiddette due sinistre avrà vinto e – forse – si ridefiniranno i rapporti di forza tra sindacato e governo, in vista della futura trattativa a Palazzo Chigi e di molto altro. Ma sempre sperando, prima o dopo, di riuscire a vedere una sola sinistra che cammina e combatte unita. Sarebbe la prima volta, e sarebbe anche bello.
Nunzia Penelope