Si riaccende lo scontro sull’Ilva. Ad aprire le ostilità e’ stato oggi il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, nel corso dell’assemblea annuale che si e’ svolta a Milano. Nella relazione, Gozzi ha attaccato duramente la decisione di mettere l’Ilva sotto tutela da parte del governo: ‘’un esproprio senza indennizzo’’, afferma il presidente dei siderurgici, che costituisce una ‘’macchia sulla reputazione del paese’’ e che rischia di ‘’rendere impossibile attrarre capitali esteri’’. Non solo. Gozzi avverte che la situazione dell’azienda e’ ormai al limite: “il piano finanziario e quello industriale non sono chiari” e servono 2-2,5 miliardi di euro per salvarla. “Io sono molto preoccupato –afferma- il governo dovrà dire al più presto come uscire da questa storia prima che sia troppo tardi, altrimenti si arriva a un punto di non ritorno”. Il presidente di Federacciai dettaglia le necessita’ economiche dell’impianto pugliese: “Servono subito 300-400 milioni di investimenti sugli impianti, ogni mese poi si perdono varie decine di milioni – ha spiegato – per far ripartire l’Altoforno 5 servono altri 250-300 milioni, poi c’è da finanziare il circolante per la produzione, che è di circa 1-1,5 miliardi. La magnitudo finanziaria di tutto questo è di 2-2,5 miliardi”. Somme che sono relative al solo periodo che va inizio 2015, ha precisato, “almeno fino a metà 2016 e anche oltre nulla si sbloccherà”.
Ma il direttore generale dell’Ilva, Massimo Rosini, non condivide nemmeno una parola: tanto che, mentre Gozzi parlava, si e’ alzato e ha lasciato irritatissimo l’assemblea. Piu’ tardi, ha precisato: “non condivido per nulla l’analisi del presidente Gozzi e le cifre da lui indicate non trovano alcun riscontro nei risultati della società”. Quanto alle gestioni commissariali, Rosini ha sottolineato che e’ solo grazie a queste ultime se l’Ilva non ha ancora chiuso i battenti: “In questi anni le gestioni commissariali e dei manager che si sono succeduti, con il supporto pieno e convinto del governo, hanno salvato Ilva dal fallimento, che avrebbe messo sulla strada 16mila lavoratori e pregiudicato un pezzo importante dell’industria nazionale. Ma forse – ha concluso – è proprio questo a cui miravano alcuni competitor nazionali e internazionali”.
A sua volta, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, intervenuto a sorpresa nell’assemblea, ha preso le parti di Gozzi, affermando che “ e’ “irrazionale e incomprensibile” quanto accaduto all’Ilva, sia sotto il profilo industriale che degli assetti proprietari’’. A tutti ha replicato, in diretta, il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che ha avuto una parte di primo piano nelle decisioni sull’Ilva. La soluzione individuata, ha affermato, “era ed è l’unica possibile e compatibile con gli obiettivi” che il Governo si era proposto: la salvaguardia dell’ambiente e dell’occupazione. “Ogni altra strada –ha aggiunto il ministro- avrebbe condotto a un problema enorme di natura sociale e ambientale, prima ancora che industriale. Credo che abbiamo agito coerentemente con l’obiettivo che ci siamo dati, ossia di rimettere l’azienda ad essere competitiva sul mercato e credo che abbiamo fatto quello che dovevamo fare”. Tuttavia, ha tenuto a precisare la Guidi nel suo intervento, l’obiettivo “non è quello di trasformare l’Ilva in una azienda pubblica”. “Al contrario – ha spiegato – l’intervento del Governo va nella direzione di garantire un risanamento che permetta ad Ilva di continuare a operare”. E del resto, ha ricordato, il Governo ha fatto fin dall’inizio ogni sforzo per trovare forme di coinvolgimento di operatori privati, che tuttavia non hanno avuto alcun esito. L’impianto di Taranto occupa 12mila addetti, senza considerare l’indotto, ha sottolineato il ministro, e “queste migliaia di persone pretendono giustamente una risposta da parte nostra, hanno diritto ad averla. Per il Governo era ed è imprescindibile fornire questa risposta: se possibile col coinvolgimento di privati, se necessario senza di essi”. Nel corso del lungo botta e risposta, tuttavia, nessuno ha ricordato le responsabilità della famiglia Riva, sulla quale, tra l’altro, pendono svariate inchieste giudiziarie per gravi reati fiscali. Nei giorni scorsi, la magistratura milanese ha ottenuto lo sblocco dei 1,2 miliardi trasferiti dai Riva in un paradiso fiscale, che ora saranno destinati al risanamento di Taranto.