Giorgio Caprioli, responsabile Osservatorio Contrattazione Cisl Lombardia, all’indomani della V edizione della Fiera regionale della Contrattazione promossa dalla sua organizzazione, spiega al Diario del Lavoro tendenze e limiti della contrattazione in Italia, proponendo possibili soluzioni.
Quali sono le tendenze più interessanti e innovative rilevate dal vostro studio?
Tra i dati più interessanti c’è sicuramente quello riguardante la voce salariale, che, se rimane il tema più discusso, continua però anche nella sua inesorabile discesa: nel 2014 questo argomento è stato al centro di meno del 50% degli accordi, solo un anno prima riguardava oltre il 60%. Di contro, abbiamo riscontrato la forte ascesa del welfare, presente sotto varie forme, mentre rimane stabile l’argomento della flessibilità, sia oraria che professionale.
Dal punto di vista delle debolezze, invece, quali dati emergono?
Il più evidente è quello sulla contrattazione territoriale: al di là dei proclami pubblici di Confindustria, riscontriamo sempre lo stesso dato, e cioè un vero e proprio blocco, generato dall’opposizione della stessa Confindustria. Per quanto riguarda invece la contrattazione aziendale, i dati critici sono principalmente due: da una parte la vecchia logica che spinge i sindacati ad occuparsi soltanto delle cifre, delegando alla controparte aziendale la definizione dell’insieme di indicatori e altri strumenti che rendono effettiva l’erogazione salariale, dall’altra la definizione sempre più generale e meno contestualizzata di questi indicatori da parte delle aziende.
Possibili soluzioni?
Per prima cosa bisognerebbe concentrarsi di più sull’organizzazione reale del lavoro e sulle specifiche di ogni vertenza. Poi, ritengo che i sindacati dovrebbero guardare con maggiore diffidenza agli indicatori il cui andamento non possa essere da loro direttamente controllato. Rimane il fatto, però, che il problema della piattaforme non si risolve solo denunciando, ma piuttosto ricorrendo a percorsi di formazione e riqualificazione dello stesso ceto sindacale.
Proprio per via dei “limiti” dimostrati dai sindacati, il governo sta meditando di intervenire per legge sulla rappresentanza e sulla contrattazione. Lei cosa ne pensa?
Per quanto riguarda la rappresentanza, se il governo facesse una legge che ricalca il Testo Unico, già da tempo sottoscritto sia dai sindacati che dalla Confindustria, non avrei nulla da ridire. Sulla riforma della contrattazione, invece, è un classico tema esclusivo delle parti sociali: penso che più il governo ne rimane alla larga, meglio è. Soprattutto considerando la possibilità che il governo introduca una legge sui salari minimi.
E’ contrario al salario minimo per legge? Per quale motivo?
In Italia tutti i dipendenti hanno già dei minimi contrattuali, fissati dai contratti nazionali collettivi: credo che la legge, se proprio dovesse intervenire, dovrebbe farlo soltanto nei confronti di quel 20% di lavoratori che non sono tutelati né dal contratto aziendale, né da quello nazionale.
Fabiana Palombo