Al presidente del Consiglio Renzi si può rimproverare di tutto, ma non che non sia determinato e tenace nel portare avanti i suoi programmi. La vicenda del Senato, solo per citarne una, è uno degli esempi più lampanti, ma la madre di tutte le battaglie sarà la tanto annunciata riduzione delle tasse, con il suggello definitivo del rapporto tra il detto e il fatto. E’ lì che si saprà se Berlusconi è un Renzi difettivo o se Renzi è un illuso che crede di riuscire laddove Berlusconi ha fallito.
Resta il fatto che per ridurre il carico fiscale a partire dalla tanto odiata IMU la spesa pubblica dovrà essere necessariamente tagliata e quindi il fondo sanitario, già misero di suo, non potrà essere rivalutato a 115 miliardi così come già stabilito nell’ultima manovra di agosto ( frutto dell’intesa in Stato e regioni), e confermato nell’ultima nota di aggiornamento del DEF. E infatti nell’intervista rilasciata pochi giorni fa al TG5 il presidente Renzi ha annunciato che il fondo sanitario per il 2016 si fermerà a 113 miliardi registrando pur sempre, a suo dire, l’incremento di 1 miliardo rispetto all’anno in corso (109,7 miliardi). E qui la scaltrezza di Renzi: perché in valori assoluti il fondo crescerà, anche se molto meno di quanto già concordato, e quindi da un punto di vista formale sbaglia chi parla di tagli ( sindacati in primis in buona compagnia di 5 stelle e minoranza interna), trattandosi invece solo di minore incremento rispetto al previsto. E’ inutile ricordare che in cinque anni il Fondo Sanitario ha perso circa 30 miliardi di dotazione e che il finanziamento per la sanità è ormai a un livello più basso della Grecia; a questo, il “palazzo” risponde con il solito il ritornello: il nostro SSN è tra i migliori del mondo e con una buona programmazione si possono ancora risparmiare somme importanti ora vengono perse per corruzione, inefficienza o scarsa appropriatezza per eccesso di prestazioni inutili.
In realtà Renzi ha gioco facile perché chi potrebbe contrastarlo, con più di una buona ragione, non ha la forza e la volontà per farlo; la sua minoranza interna fa una opposizione di facciata, non avendo né uomini né idee in grado di competere per la leardership del partito; le regioni sono in linea con il presidente del consiglio con poche eccezioni che non fanno differenza; il presidente delle stesse regioni Sergio Chiamparino, e’ improbabile si schieri contro il presidente del suo stesso partito; il ministro della Salute Beatrice Lorenzin (duramente contestata dai medici a Porta a Porta) non e’ in grado di imporre alcunché a regioni e governo; e infine i sindacati non riescono ad avere una propria proposta unitaria con cui mobilitare lavoratori, cittadini ed utenti.
Eppure il fronte sulla sanità potrebbe riservare qualche sorpresa. Le sofferenze del personale (medici ed infermieri) ha ormai raggiunto livelli di guardia tanto da spingere anche la pavida federazione nazionale degli ordini dei medici FNOMCEO a uscire dal letargo e fare sentire la sua voce di protesta. Lo stesso dicasi per la federazione dei collegi degli infermieri IPASVI, la cui posizione è più delicata in quanto in attesa del via libera da parte del governo all’ampliamento delle competenze del proprio personale. E se questo avvenisse, piegando a loro vantaggio lo scontro in atto coi medici che vedono in pericolo ruolo e attività riservate per legge, è difficile immaginare una opposizione di sostanza al governo.
La novità delle ultime ore è la decisione dei medici di famiglia di indire lo stato di agitazione a cui il presidente Renzi, che solitamente non tiene in nessun conto il parere dei sindacati specie se confederali, ha subito risposto dichiarandosi disponibile ad incontrarli e discutere. Il casus belli è il decreto in corso di approvazione sull’appropriatezza prescrittiva. Un mezzo surrettizio per ottenere attraverso tagli, limitazioni e sanzioni per i professionisti che commettano errori nel prescrivere accertamenti non più dovuti, un risparmio di 106 milioni di minori spese sulla specialistica. Un risparmio non solo risibile ma anche impossibile da realizzare nel concreto perché riferito all’anno in corso, ormai già terminato senza che il decreto sia stato ancora approvato. Un piccolo dettaglio di nessuna importanza, si potrebbe chiosare. Un dettaglio però di poco conto solo per il governo che il taglio di 2,3 miliardi sul fondo 2015 e 2016, al cui interno sono ricompresse le minori spese di cui sopra, ha già realizzato con il bene placido delle regioni.
Diversa la situazione dei medici che per prescrivere accertamenti dovranno rispettare clausole e limitazioni mal scritte e ancora meno ponderate per le conseguenze cha avranno nel concreto, e che in caso di errore dovranno subirne le conseguenze pagando di proprio. Su questo il fronte dei medici sembra compattarsi e lo sciopero di tutti i professionisti, da quelli dipendenti a quelli convenzionati, da oltre 5 anni senza contratto, con carichi di lavoro crescenti e ora tartassati da norme loro imposte dall’alto, sembra acquistare un altro spessore.
Renzi sa che Susanna Camusso, nonostante i suoi sforzi, non potrà metterlo in difficoltà. Non è più il sindacato confederale a esercitare quel ruolo egemonico che aveva prima della grande crisi; troppo vecchio e obsoleto il suo modo di rappresentare la società, e di questo ne è convinto, oltre Renzi, l’intero PD. Per i medici però è diverso; le loro istanze non sono quelle dei metalmeccanici di Landini e neanche quelle dei dipendenti pubblici che il Ministro Madia sta cercando di rimettere il riga. I medici rappresentano nella società una forza intellettuale a cui è affidato il bene più prezioso che i cittadini hanno: la salute. E nei confronti della protesta di centinaia di migliaia di camici bianchi è difficile immaginare di potere fare spallucce o tirar dritto. Certo dipenderà dalla determinazione con cui i medici affronteranno la battaglia e programmeranno le loro azioni di lotta, ma ben difficilmente il governo potrà fare finta di niente. E di lì il fronte potrebbe allargarsi a tutti coloro che ritengono il nostro SSN un valore e presentare un conto salato a chi vuole alleggerire le tasse smontando pezzo a pezzo il nostro welfare state.
Roberto Polillo