“L’incontro di oggi è stato meramente interlocutorio: non si è discusso già nel merito dell’accordo quadro ma delle procedure”. Ad affermarlo è il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, commentando l’incontro di oggi all’Aran. La discussione avviata stamattina tra i sindacati e l’ Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni ha avuto al centro il rinnovo del contratto del lavoro pubblico. Proprio lo scorso giugno, la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico” rimasta ferma per più di 6 anni.
Ma il rinnovo dei contratti è subordinato alla riforma della Pubblica Amministrazione avviata dall’allora ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta nel 2009 e rimasta inattuata. La riforma prevedeva il taglio da 11 a 4 comparti a cui il governo Renzi vuole dare continuità. Ecco perchè, pochi giorni fa, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha inviato una lettera all’Aran sollecitando la discussione con i sindacati per raggiungere un accordo sia sulla riduzione dei comparti che sul rinnovo dei contratti. Lo scopo del governo è quello di procedere con i tagli della pubblica amministrazione accorpando i dipendenti e il loro inquadramento in meno comparti di quelli previsti attualmente. I sindacati, dopo l’incontro di oggi, esprimono però le loro preoccupazioni sulle risorse che il governo potrà stanziare per il rinnovo, previste dalla legge di stabilità.
“Ci sono due questioni preliminari da affrontare – dichiara il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino – per poter avviare la discussione relativa all’accordo quadro: risorse, nella legge di Stabilità non ci sono risorse necessarie a rendere credibile che il governo voglia veramente rinnovare i contratti; secondo, il governo e l’Aran devono liberare la contrattazione di vincoli fortissimi di legge che oggi la limitano”. Secondo Sorrentino, “Con aumenti che si vocifera vadano intorno ai 10 euro – precisa la dirigente sindacale – e senza garanzie per la rappresentatività in tutti i settori che tuteli la libertà sindacale, non siamo all’apertura di un confronto ma alla prosecuzione delle politiche dei governi precedenti”. “Dopo sei anni di blocco – conclude Sorrentino -con la sentenza della Corte i dipendenti pubblici hanno diritto al contratto e noi lavoriamo per consegnare questo obiettivo. Chiariti questi elementi preliminari, noi siamo pronti ad affrontare il confronto su accordo e contratti”.
“Il rinnovo dei contratti del Pubblico impiego- sostiene il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava– dopo sei anni di blocco ed una legislazione totalmente invasiva e penalizzante per la contrattazione del settore pubblico, assume una valenza straordinaria e di passaggio epocale. Siamo convinti che il contratto si debba fare subito, così come siamo convinti che debba essere fortemente innovativo, dalla definizione dei comparti imposta per legge, a tutti i passaggi successivi. Come Cisl, affermiamo la volontà di definire un contratto che ridia il diritto ai lavoratori pubblici di recuperare il potere d’acquisto e di intervenire nei processi di riorganizzazione e di riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni. Per questo anche il settore pubblico deve puntare sulla contrattazione di secondo livello che va liberata e valorizzata sia sui processi riorganizzativi sia per recuperare risorse. Il Governo- conclude Bernava- esca dal silenzio ed eviti che il prossimo incontro con l’Aran sia inconcludente e si affretti a definire le risorse economiche per gli aumenti”.
Allo stesso modo il segretario confederale dell’ Ugl, Augusto Ghinelli sottolinea “Come se più di 6 anni di attesa non fossero già troppi, i dipendenti pubblici rischiano anche di trovarsi di fronte ad una beffa, perché secondo indiscrezioni lo stanziamento economico, eventualmente messo a disposizione dal Governo per il rinnovo, dovrebbe oscillare tra i 300 e i 400 milioni di euro, che porterebbero nelle buste paga solo circa 10 euro lordi in più al mese, a fronte di una perdita reale stimata per anni intorno ai 250 euro al mese”. “Se questi sono i presupposti – dichiara invece il presidente dell’Anief-Confedir, Marcello Pacifico – per i lavoratori pubblici la riforma della pubblica amministrazione si trasformerà in un calvario. Perché si troveranno al centro di un progetto finalizzato al risparmio e alla gestione sempre più privatistica del personale: accorpando i comparti, diventerà sempre più facile spostare i dipendenti soprannumerari.”
Più drastica, l’Unione Sindacale di Base dichiara che “Il problema centrale è lo stanziamento delle risorse – precisa la dirigente dell’esecutivo nazionale del Pubblico Impiego, Daniela Mencarelli – e se non saranno adeguate a restituire valore alle retribuzioni dei lavoratori pubblici dopo sei anni di blocco, l’USB chiamerà i lavoratori alla massima mobilitazione”