“Tuteleremo i lavoratori in tutte le sedi e non sarà consentito che su di loro vengano scaricate altrui responsabilità”, afferma il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, commentando la vicenda delle quattro banche salvate, Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti. Secondo il sindacalista bisogna “mostrare un genuino interesse a che siano accertate e perseguite le vere responsabilità di anni di ‘allegra’ gestione”. Pertanto, “chi in questi giorni, cavalcando l’ira dei risparmiatori, tenta di coinvolgere i lavoratori nelle responsabilità di chi in passato ha male amministrato, cerca capri espiatori fra chi non ha responsabilità”.
Secondo Megale, infine, le nuove quattro banche “sono ora solide, ben patrimonializzate e in grado di soddisfare imprese e famiglie, svolgendo una funzione indispensabile ai territori e alle comunità”. Ma il presidente e gli amministratori “debbono velocemente recuperare il gap e ripristinare con atti concreti rapporti e relazioni con i depositanti, la clientela e i risparmiatori”.
Entrando nel merito della vicenda, durante la puntata di ieri di Italia Parla di Radio Articolo 1, ha dichiarato: “Innanzitutto ricordiamo che tre delle quattro banche in questione erano già indagate dalla magistratura per responsabilità dei top manager. Poi non si capisce perché il Governo non ha avuto la capacità di essere all’altezza della situazione nei confronti dell’Unione europea, che ha considerato aiuto di Stato il fondo di garanzia interbancario, pagato da tutte le banche”.
“Ad ogni modo – ha proseguito Megale -, il decreto del Governo, sia pur tardivo, ha scongiurato guai peggiori per la maggior parte dei correntisti di quelle banche e per gli stessi dipendenti di quegli istituti. Ci si dimentica che le responsabilità di tutta la faccenda sono di quei banchieri che per interessi speculativi personali hanno portato quelle realtà al disastro, mettendo a rischio oltre un milione di clienti. E alla fine tutto è ricaduto sui risparmiatori con conti correnti oltre i 100.000 euro con obbligazioni ordinarie”.
“È fuor di dubbio – ha spiegato il sindacalista – che se gran parte dei banchieri coinvolti è finita sotto inchiesta, lo si deve al fatto che la Banca d’Italia, dopo molte ispezioni, ha ritenuto di rimuovere i Consigli d’amministrazione di quelle banche, passando a una gestione commissariale, proprio perché imputabili di mala gestione e fenomeni di corruzione. Molti hanno accusato i lavoratori di quelle banche che hanno venduto le obbligazioni, risultate fatali per i risparmiatori. Chi dice questo non ha capito niente, perché le obbligazioni vengono emesse dalla banca e il lavoratore svolge la sua attività sulla base delle informazioni che gli istituti di vigilanza presuppongono. Se poi vogliamo dire che non si può chiedere ai lavoratori, come hanno fatto le banche, di vendere più prodotti possibili per guadagnare il più possibile, e che non si può immaginare di spiegare a un pensionato tutte le avvertenze e le precauzioni sulla pericolosità dei prodotti venduti, sono d’accordo e penso sia necessaria una riforma semplificativa per limitare la vendita di determinati prodotti e far sì che tutto avvenga con un’informazione trasparente. Però, non dimentichiamoci che quelle stesse obbligazioni sono state emesse anche dal 2005 al 2007, anni in cui l’economia tirava e i tassi di rendimento non erano quelli attuali”.
“Stiamo operando affinché, dopo aver salvato gli istituti di credito, i posti di lavoro e un milione di clienti – ha continuato il segretario della Fisac –, il Governo produca una correzione del suo decreto emesso all’interno della Legge di stabilità. Una sorta di clausola sociale di tutela dei 130.000 risparmiatori che hanno perso complessivamente 700 milioni. L’esecutivo parla di un intervento pari a 100, noi pensiamo che serva qualcosa di più, un salvataggio del 30% dei risparmi, assieme a un’attenzione maggiore alle condizioni sociali degli investitori. Più in generale, anche alla luce di quest’ultima vicenda, dopo quelle di Montepaschi e delle Bcc, credo sia opportuno riprendere il confronto sul sistema bancario al servizio del Paese, della ripresa produttiva, dell’occupazione e dei risparmiatori”. Nel 2008, prima della crisi, il sistema bancario valeva 220 miliardi, ora non supera i 150, quindi con una perdita totale di mercato enorme. I prodotti a rischio sono pari a 70 miliardi, circa il 10% dell’attività complessiva in derivati. Ciò vuol dire che 120 miliardi vanno suddivisi tra investitori istituzionali e risparmiatori retail, famiglie e imprese. Di fronte a un panorama del genere, Bankitalia e Consob devono fare due cose: la prima, immaginare una lista di prodotti vietati, che non si possono vendere, perché troppo a rischio; la seconda, che le spiegazioni di ogni prodotto in vendita siano semplici, chiare e concise, alla portata di tutti”.