Tomasso, cosa ne pensa del passaggio della Pininfarina alla Mahindra?
È una incognita. Non dimentichiamo che Pininfarina viene da un forte indebitamento, quindi l’acquisto che significa? Oggi ci troviamo davanti a una squisita operazione finanziaria. Insomma, siamo tutti con il fiato sospeso. Per i prossimi giorni il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino ha chiesto agli indiani un incontro per capire quali sono le prossime mosse. Per ora la Mahindra non ha minacciato licenziamenti, ma si prospettano comunque vari scenari, dipende dal piano industriale che presenteranno.
Quali scenari?
Potrebbero riconfermare tutto e lasciare la situazione industriale così com’è in Italia, investire in ricerca e potenziare le vendite più nel mercato estero che interno. Questo perché è dalla fine degli anni ’90 che il settore delle carrozzerie è in costante crisi, dato che i grandi marchi automobilistici, come ad esempio la Fiat, ormai progettano direttamente in casa loro. Negli anni ’60 e ‘70 invece c’era un grande affiatamento.
Oppure?
Un lento prosciugamento. La Mahindra potrebbe spostare la produzione e il marchio in India, lasciando la progettazione in Italia. L’Italia diventerebbe quindi un punto di appoggio che produce i prototipi. Tutto questo potrebbe quindi rimanere così oppure, dopo cinque o sette anni, potrebbero assorbire del tutto la parte italiana.
In che situazione è l’economia del nord-ovest?
Non voglio essere disfattista, tutti parlano di ripresa, ma i dati vanno letti attentamente. In Piemonte perderanno il lavoro, nel settore manifatturiero, circa 30.000 persone. Tutta gente che sta in cassa integrazione, in deroga, precari.
Quindi il totale è più alto.
Se mettiamo anche in conto solo il settore del commercio, saliamo con altrettante migliaia di persone in crisi. In passato, c’erano negozi ogni due metri ma adesso, con la riduzione dei consumi, la situazione è precipitata.
Cosa pensa del’intervento del governo nel mondo del lavoro?
Non vedo una scossa, la situazione è in stallo. La legge di stabilità ha tolto l’Imu, ma sarei felice di pagarla se ci fossero politiche di sviluppo serie e organizzate. La prima che mi viene in mente è il fatto che non abbiamo un piano energetico, né nazionale né territoriale. Intervenire sul settore dell’energia, che non solo per le famiglie ma anche per le imprese è un capitolo di spesa importante, porterebbe a un rapido sviluppo economico, e non solo ecologico, del paese. In Italia abbiamo un potenziale energetico impressionante che aspetta di essere utilizzato e non viene fatta una minima progettazione per l’utilizzo di queste risorse a portata di mano.
Emanuele Ghiani