Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha tenuto oggi la consueta audizione trimestrale davanti al Parlamento europeo, secondo il quale i recenti crolli delle Borse “riflettono l’elevata sensibilità del settore a prospettive economiche più deboli del previsto”, ma anche “i timori che alcune parti del settore bancario siano esposte a rischio nei settori della produzione di materie prime”. “In ogni caso – ha assicurato Draghi – non ci sarà una Basilea 4”, ovvero “non chiederemo alle banche di aumentare i capitali. Per uscire dalla crisi è necessario che gli Stati diminuiscano le tasse e aumentino gli investimenti”.
“Circa metà della ripresa degli ultimi due anni può essere attribuita alle scelte della Bce”, afferma il presidente della Bcc, per poi correggersi: “Anzi, negli ultimi quattro anni la nostra è stata l’unica politica di stimolo” nell’Eurozona”. Ma gli stimoli monetari della Bce da soli non bastano per stabilizzare la ripresa economica, “diventa sempre più chiaro che le politiche di bilancio dovrebbero sostenere la ripresa tramite investimenti pubblici e una tassazione più bassa”. Questo mentre “il rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita resta essenziale per mantenere la fiducia nell’architettura di bilancio”. Inoltre, alla ripresa devono contribuire anche le riforme e le politiche strutturali, che puntino a migliorare il contesto per imprese, investimenti e creazione di lavoro, ha aggiunto Draghi.
In generale, ha dichiarato Mario Draghi, sono diversi gli indicatori che indicano un rallentamento della crescita globale: “I dati relativi al commercio e all’attività economica sono stati inferiori alle attese e i mercati ne hanno risentito. Molti stati hanno manifestato di avere strutture inefficienti; lo slancio delle economie emergenti è diminuito; ha poi inciso il rallentamento del petrolio, soprattutto per alcuni paesi; Il sentimento sui mercati si è aggravato; il crollo delle comodities ha aumentato la volatilità; e le quotazioni delle banche sono state le più colpite”. Di fronte a questo scenario, se la Bce dovesse rilevare un aumento persistente degli “effetti secondari” dei cali del petrolio sull’inflazione, oppure se risultassero problemi alla trasmissione della politica monetaria a causa delle tensioni dei mercati, “se uno di questi due fattori dovesse comportare rischi per la stabilità dei prezzi, non esiteremo ad agire”. E un intervento potrebbe avvenire già a marzo. La politica monetaria della Bce “è stata accomodante, e resterà accomodante per un lungo periodo di tempo”.
Nell’area euro esiste inoltre, ha rilevato il presidente della Bce, “un sottoinsieme di banche con elevati livelli di crediti deteriorati”. Questi Non performing loans (Npl) sono stati identificati durante l’analisi approfondita del settore e per questo “siamo in una posizione favorevole per abbassarli in maniera ordinata nei prossimi anni. Per questo il ramo della vigilanza della Bce – ha ricordato Draghi – sta lavorando a stretto contatto con le autorità nazionali, per assicurare che le nostre politiche sui crediti deteriorati siano completate con le necessarie misure nazionali”.
Infine Draghi ha parlato della possibilità di ritirare le banconote da 500 euro, affermando: “c’è una sempre maggiore convinzione nell’opinione pubblica che i tagli più grandi siano utilizzati per scopi criminali. In questo contesto la Bce sta valutando di intervenire, ma nel caso dovremo farlo con enorme cautela”, ha affermato Draghi. “Il Consiglio Direttivo della Bce sta riflettendo sulla questione, stiamo cercando una migliore soluzione. In ogni caso non vogliamo ridurre la liquidità in circolazione”, ha concluso.