Sarà anche politicamente scorretto commentare le sentenze dei giudici ma, qualche volta è doveroso fare un’eccezione.
E’ il caso della sentenza del tribunale di Palermo dello scorso 23 novembre sul caso di Domenico Lipari, ex direttore dell’agenzia delle entrate di Palermo, assolto dall’accusa di ripetute molestie ai danni di due dipendenti dell’ufficio.
Nelle motivazioni, depositate il 2 febbraio, si parla si parla di un comportamento “inopportuno e prevaricatore” che testimonia “l’immaturità” dell’imputato. Per il tribunale, però, non è stato commesso un reato perché senza “appagamento sessuale” e senza “limitare la libertà sessuale delle due donne”. Secondo i giudici il contesto in cui si sono svolti i fatti, era “scherzoso” e gli atti in questione erano di conseguenza “privi di connotato sessuale”.
Insomma si è stabilito che è il molestatore a decidere se il contesto è scherzoso, e non la molestata, di conseguenza è il molestatore che decide se, quando e come una donna deve sentirsi violata.
Questa sentenza è emblematica, oltre che grave, perché è la riconferma di un’arretratezza culturale, a tutti i livelli, ancora troppo diffusa nel nostro Paese, che giustifica e tollera tali comportamenti, anche se identificabili dal nostro ordinamento come atti discriminatori.
Se è vero che il livello di civiltà di un Paese si misura nei luoghi di lavoro, è vero anche che da li si realizza la parità di genere. In questa direzione va anche l’accordo siglato lo scorso 25 gennaio da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, che recepisce l’Accordo Quadro europeo sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro, che risale al 2007.
Un accordo che riguarda la dignità di tutti, a partire dalle donne, notoriamente più soggette a questo odioso fenomeno.
Ma non è stato facile, ne’ scontato, ”ci sono voluti nove anni – ha commentato Susanna Camusso – perchè anche in Italia venisse sancita l’inaccettabilità di di comportamenti che si configurano come molestie o violenza e che vanno denunciati con la necessaria collaborazione di lavoratori e imprese, affinché negli ambienti di lavoro sia rispettata la dignità delle donne e degli uomini”.