Nell’assemblea di sabato 23 marzo u.s. una minoranza di azionisti, poco più del diciotto per cento, schierandosi contro l’azione di responsabilità ha coperto gli ex vertici della banca Popolare Vicentina producendo un danno molto grave all’intero settore. Mi vengono in mente le parole pronunciate dal liberale Winston Churchill: “Alcune persone vedono un’impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com’è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante”.
Da quando sono alla guida dei bancari della CGIL di fatti del genere ne sono accaduti diversi. Questo ci segna a maggior ragione in un momento in cui siamo tutti chiamati a fare sacrifici. Il mondo è sotto la morsa del terrorismo, l’economia europea stenta a riprendersi. Le banche si stanno trasformando velocemente e i lavoratori sono sottoposti a nuove forme di stress: meno certezze e più pressioni alla vendita. Eppure il management, a onor del vero non tutto e nemmeno una maggioranza, troppo spesso è causa di errori o azioni immorali che mettono a repentaglio il lavoro di migliaia di persone e i risparmi di altrettanti.
Viene subito da pensare che il problema sia nella vigilanza e in parte lo è. Ma c’è un elemento aggiuntivo, più difficile da diffondere, e riguarda la selezione della classe dirigente. I controlli sono necessari e i provvedimenti una volta rotto l’uovo sono doverosi. Per questo ho chiesto alla Banca d’Italia, alla Bce e alla Consob di intervenire per annullare l’assurda decisione rispetto alla BPVI. E mi aspetto che quanto fatto da Nicastro, presidente delle quattro banche di cui al “salva banche” del 22/11/2015 in termini di azioni di responsabilità per circa 400 milioni a carico degli ex vertici, venga fatto nel breve periodo anche dai vertici di BPVI. Ma la domanda che ci dobbiamo porre è: chi ha sostenuto la crescita dei manager che dal Monte dei Paschi, alla Popolare Vicentina passando per Banca Marche hanno fatto danni? E chi li controllava mentre operavano maldestramente?
A mio avviso e necessario rafforzare i controlli istituzionali, diffondere principi di etica a partire dalle scuole primarie e prevedere la presenza di rappresentanti dei lavoratori e dei risparmiatori nei consigli di sorveglianza delle banche. Altrimenti rischiamo di ritrovarci periodicamente a denunciare l’abuso, a pagarne le conseguenze e a chiederci: com’è stato possibile?
Il perché, invece, accadano certe cose mi è chiaro. Ed ha a che fare con la visione che si ha del proprio lavoro. C’è chi vuole trainare il paese verso la crescita e la buona occupazione ed è disposto ad ogni sacrificio e chi, invece, vuole solo “mungere”, accada quel che accada.
Negli anni ho più volte avanzato l’idea di un “grande patto” per la crescita. “Un’alleanza tra le forze migliori del paese” per il lavoro e la produttività. L’etica, però, viene prima. L’etica è la base su cui costruire e realizzare progetti per il paese.
La mia cultura affonda le sue radici negli insegnamenti di Giuseppe Di Vittorio, Luciano Lama e Bruno Trentin. Ed è questa la cultura, a mia volta, che cerco di trasmettere. Il dissesto degli ultimi anni mi conferma che ce n’è più bisogno e non meno, come la politica del populismo dolce vuole far credere.