Giornale radio Rai delle ore 13:00 di oggi, 20 aprile. Prima notizia: sciopero nazionale dei metalmeccanici per il contratto. Servizi in voce da Torino, Milano e Reggio Emilia. E’ solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare per dire che, con l’iniziativa di lotta odierna, la prima indetta unitariamente dopo 8 anni, la più grande categoria dell’industria del nostro paese ha riconquistato la sua visibilità di fronte all’opinione pubblica. Questo il primo risultato certo. Anche se lo scopo perseguito dai sindacati Fim, Fiom e Uilm, quando hanno proclamato per oggi questa astensione dal lavoro di quattro ore per turno, era sicuramente più ambizioso: sbloccare la trattativa rispetto al nodo decisivo del salario e conquistare un contratto all’altezza delle attuali esigenze.
Ore 16:00 sempre di oggi, 20 aprile. Dalla sede nazionale di corso Trieste, entra in rete un comunicato stampa unitario di Fim, Fiom, Uilm in cui vengono riportate le percentuali di adesione all’iniziativa di lotta di alcune principali fabbriche elencate regione per regione. Secondo i sindacati confederali della categoria, al primo turno la media nazionale di astensione dal lavoro si colloca “oltre il 75%”. In particolare, poi, il comunicato sottolinea gli alti livelli di partecipazione all’iniziativa di lotta registrati, sempre al primo turno, alla Comer Industries di Reggio Emilia, ovvero nell’azienda di cui è proprietario il Presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi. Qui i lavoratori hanno scioperato al 90%. Una percentuale molto alta che, peraltro, è stata raggiunta anche in altre medie e grandi aziende.
A dimostrazione del fatto che la vertenza dei metalmeccanici ha ormai assunto, come accadeva anche in passato, un valore più ampio dei confini della categoria, lo sciopero odierno era stato benedetto ieri dai massimi dirigenti delle tre Confederazioni: Susanna Camusso (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uilm). In particolare, Camusso aveva sottolineato che “è importante per tutto il sindacato che i metalmeccanici, unitariamente, rinnovino il loro contratto coerentemente con la proposta di modello contrattuale che abbiamo elaborato insieme a Cisl e Uil”.
E adesso, passato lo sciopero, che succederà? Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, ha le idee chiare. Concludendo la manifestazione provinciale svoltasi a Napoli, in piazza Santa Lucia, ha detto: “Già da stasera, quello che devono fare gli imprenditori metalmeccanici è riaprire la trattativa”. E ciò, evidentemente, non per il puro gusto di negoziare, ma per “fare il contratto”.
Sullo stesso tasto ha battuto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. Parlando in conclusione della manifestazione organizzata a Reggio Emilia, la città – come sopra ricordato – di Fabio Storchi, Palombella ha chiesto che “Federmeccanica cambi la sua proposta contrattuale, a partire dal salario, e ci convochi al più presto”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, che ha parlato a Milano davanti alla sede dell’Assolombarda, in via Pantano: “La riuscita dello sciopero dimostra come i metalmeccanici vogliano il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Da domani Federmeccanica deve riaprire il tavolo delle trattative”. E ha poi aggiunto: “Non credo che Federmeccanica voglia assumersi la responsabilità di uno scontro del quale adesso il Paese non ha bisogno”.
L’ultimo sciopero unitario dei metalmeccanici per il contratto risale alla fine del 2007, ovvero a un periodo in cui la crisi finanziaria aveva già cominciato a delinearsi negli Stati Uniti, ma nessuno (o quasi) aveva immaginato che si sarebbe poi trasformata in una crisi economica globale di lì a meno di un anno. Allora la vertenza si concluse poco dopo, e cioè nel gennaio del 2008, grazie anche all’accorta quanto discreta mediazione del ministro del Lavoro dell’epoca, Cesare Damiano. Il quale ottenne il consenso congiunto dei sindacati e della Federmeccanica, allora guidata da un imprenditore del Nord-Est, Massimo Calearo. Il quale alla fine firmò, pur sapendo di non avere il consenso della Fiat.
Adesso la situazione è molto diversa, da vari punti di vista. Da un lato,la Fiat, con le sue note durezze negoziali, si è ormai trasformata in Fca e non fa più parte di Federmeccanica. E questo, a prima vista, potrebbe rendere più semplici le cose. Dall’altro lato, però, alle spalle dell’attuale negoziato ci sono anni di crisi che hanno colpito duramente il tessuto produttivo del nostro Paese, con particolare riferimento a diversi subsettori dell’industria metalmeccanica. Una crisi da cui non si può dire che l’Italia sia ormai definitivamente e nettamente uscita.
Il quesito che sta adesso davanti alla trattativa è dunque questo: “Quale contratto per la ripresa?”. Ancora a Milano, Landini ha detto: “Per il nostro Paese, questo è il momento di far ripartire l’economia”. Mostrandosi implicitamente convinto che, così come suggerito, peraltro, da banchieri centrali quali Mario Draghi (Bce) e Ignazio Visco (Bankitalia), sia ormai giunto il momento di mettere un po’ di soldi freschi nelle tasche dei lavoratori. E ciò, appunto, allo scopo di far ripartire i consumi e, quindi, la domanda interna.
Diversa la ricetta che sembra albergare nelle menti dei dirigenti di Federmeccanica e Assistal. Le associazioni delle imprese metalmeccaniche aderenti a Confindustria, infatti, con un approccio classicamente microeconomico piuttosto che macroeconomico, tendono a contenere gli esborsi che potrebbero essere posti a carico delle aziende del settore sotto la voce “retribuzioni dei dipendenti”.
Il punto di accordo culturale uscito dai 14 incontri lungo i quali si è fin qui snodata la trattativa per il contratto dei metalmeccanici – tra il novembre 2015 e il marzo 2016 -, è forse quello costituito dall’idea di ricercare un’intesa che superi un certo clima conflittuale che ha fatto parte della storia delle relazioni sindacali nel settore.
Ma il problema irrisolto è: con quale accordo favorire tale superamento? Il meno che si possa dire, è che la risposta a tale domanda non è stata ancora trovata. Anche se, forse, qualche terreno di possibile accordo comincia ad essere visibile. “Se il Paese vuole ripartire – ha detto oggi Marco Bentivogli – deve ripartire dall’industria.” Parole che appaiono in singolare sintonia con un’affermazione impegnativa fatta ieri, al Senato, dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il quale ha scandito che “se c’è un futuro in questo Paese, è un futuro industriale, non un futuro da Disneyland dei servizi”. La parola torna adesso a Federmeccanica.
@Fernando Liuzzi