A prima vista, la questione ha un carattere spiccatamente tecnico. Ma è giunta agli onori della cronaca perché, al di là del suo interesse specifico, ha costituito l’occasione perché si esplicitasse una polemica, sia pure contenuta, fra il capogruppo Pd alla commissione Lavoro della Camera e l’Inps.
Di cosa stiamo parlando? Oggi, pressola Camera dei Deputati, si è svolta una conferenza stampa tenuta da Cesare Damiano, Presidente della Commissione, anche lui del Pd, e da Maria Luisa Gnecchi, capogruppo del partito di maggioranza nella stessa Commissione. Argomento iniziale dell’incontro stampa, una circolare Inps, la n. 35 del 14 marzo 2012, attuativa di una disposizione relativa al pensionamento dei nati nel1952. Aparere degli onorevoli Gnecchi e Damiano, tale circolare è andata oltre i limiti propri dell’Istituto.
Vediamo la cosa più da vicino. La legge “Salva Italia” del 2011, prevedeva l’istituzione di un canale agevolato per l’andata in pensione delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti da imprese del settore privato nati nel ’52, ovvero nel corso di un’annata i cui figli risultavano sfavoriti dall’impostazione originaria della riforma progettata dal ministro Elsa Fornero. In pratica, il comma 15-bis dell’articolo 24 del decreto legge 201/2011, poi convertito, con modifiche, nella legge 214 dello stesso 2011, prevedeva che i lavoratori nati nel ’52 potessero andare in pensione una volta raggiunta l’età di 64 anni e 7 mesi, qualora avessero acquisito determinati traguardi contributivi entro il 31 dicembre 2012. Altre agevolazioni erano previste per le lavoratrici.
Però, la citata circolare Inps (n. 35 del 2012), ha posto, oltre a questi requisiti, una condizione aggiuntiva: e cioè che i lavoratori o le lavoratrici aspiranti alla pensione risultassero occupati alla data del 28 dicembre 2011. Inpratica, tale circolare ha finito per escludere i lavoratori che, invece, avevano perso la propria occupazione prima di quella data. Ciò ha determinato una “doppia penalizzazione” di quegli stessi lavoratori definita come “incomprensibile” da Damiano. Lo stesso Damiano ha quindi chiesto la correzione della circolare. L’on. Gnecchi è stata poi anche più esplicita: “L’Inps deve rispettare il legislatore – ha affermato – e non può porre limiti non previsti dai testi di legge”. Piuttosto, ha aggiunto, deve occuparsi “dei propri compiti istituzionali, senza inventare situazioni aggiuntive che limitano le platee” dei lavoratori interessati da un provvedimento legislativo.
Al di là di questa questione specifica, nella parte finale della conferenza stampa ha però fatto la sua comparsa quello che è forse il vero punto di frizione frala Commissione Lavoro della Camera e l’Istituto previdenziale: la valutazione dei costi reali derivanti dalle sette operazioni di salvaguardia fin qui effettuate in favore dei cosiddetti lavoratori esodati. Sullo sfondo c’è il progetto di avviare un’ottava salvaguardia..Per realizzare tale provvedimento, secondo Damiano è possibile utilizzare “i risparmi relativi alle precedenti salvaguardie”. Ciò consentirebbe di “mettere la parola fine” alla storia delle salvaguardie degli esodati “senza gravare ulteriormente “ sui conti pubblici.
In pratica, secondo Damiano, il costo totale delle prime sette salvaguardie è stato fin qui inferiore alle previsioni e, quindi, alle risorse economiche via, via stanziate. Risorse che, secondo Damiano, sono frutto di calcoli abbondantemente prudenziali, e quindi superiori ai successivi costi di fatto. Gli esponenti del Pd hanno quindi chiesto all’Inps maggiore trasparenza circa lo scostamento fra le cifre stanziate, e quelle effettivamente necessarie per sostenere i costi derivanti dalle salvaguardie fin qui varate. “L’Inps ci dia i numeri giusti”, ha scandito in conclusione l’on. Gnecchi.
@Fernando_Liuzzi