La vertenza contrattuale dei metalmeccanici si fa sempre più cattiva. I sindacati annunciano nuovi scioperi, soprattutto hanno deciso di attuare il blocco totale di tutti gli straordinari e tutte le flessibilità di orario. Una misura che fa male, colpisce le aziende che devono ricorrere agli straordinari perché hanno commesse urgenti da rispettare. Non quelle marginali, che si arrabattano tra cassa integrazione e riduzioni di orario, ma quelle che camminano spedite, che stanno sul mercato ma proprio per questo sono più vulnerabili. L’obiettivo è evidente, creare malumore tra queste imprese perché a loro volta facciano pressioni su Federmeccanica perché cambi strategia.
Una strategia vincente? Al momento non sembra ce ne sia un’altra praticabile. “Non andremo a chiedere nuovi incontri col cappello in mano”, ha detto in conferenza stampa Rocco Palombella, il segretario generale dei meccanici della Uil. Perché, ha spiegato, sarebbe inutile: “Federmeccanica vuole un altro modello contrattuale, noi non lo possiamo accettare perché darebbe aumenti salariali solo a una minoranza, quindi andiamo avanti”.
Un braccio di ferro, quindi, nulla di nuovo. Chi ha solo un po’ di memoria degli anni 70 e 80 si ricorda che per rinnovare il contratto i metalmeccanici dovevano scioperare almeno 80–100 ore. Anzi, c’era qualcuno che pensava (e credeva) che il contrattone si sarebbe rinnovato solo quando le bandiere rosse avrebbero sventolato sui tetti di Mirafiori. Ma erano altri tempi, adesso siamo abituati da decenni a un diverso stile, se possibile non si fa un’ora di sciopero, se possibile si fa come i chimici, ci si riunisce una volta, magari per tutta la notte, ma alla fine si trova un accordo su tutto.
Nei bracci di ferro conta la forza e la durata. I sindacati dei meccanici affermano di non essere deboli. “Non siamo soli, ha detto Marco Bentivogli, il segretario dei meccanici Cisl, siamo uniti tra noi dopo tanti anni di divisioni, e abbiamo il consenso dei lavoratori, come dimostrato dal grande successo degli scioperi che abbiamo fatto finora”. Però lamentano l’assenza della politica, di tutta la politica, che si è mostrata “lontana e quasi imbarazzata”. E soprattutto non si sa quanto la categoria potrà andare avanti in questa prova di forza. E gli avversari? Palombella afferma che Federmeccanica è “sempre più sola”, ma è tutto da dimostrare.
Di vero c’è, come afferma Maurizio Landini, il segretario dei meccanici della Cgil, che questo non sembra proprio “il momento giusto per attivare scontri, servono accordi non guerre in un paese in difficoltà”. Ma la realtà è questa e del resto gli industriali affermano che serve un modello contrattuale tutto diverso proprio perché l’economia è disastrata, perché la categoria sembra in condizioni postbelliche, perché le aziende non reggono più un contratto oneroso come una volta, un contratto per il quale un’azienda distribuisce quattrini anche se ha i conti in rosso.
Ormai, nonostante gli scioperi e le manifestazioni che possono venire nel mese di luglio, tutti guardano al dopo ferie, a settembre o a ottobre. Ma non si capisce bene perché, dal momento che la situazione sembra incancrenita, le posizioni, come dice Bentivogli, marmorizzate. Cosa può avvenire infatti? Le due parti, gli industriali e i sindacati di settore, sono già troppo impegnate sulle loro posizioni, non possono cambiarle senza perdere la faccia. Possono intervenire le confederazioni? Forse sì, ma è tutto da scoprire. E’ un dato di fatto che Cgil, Cisl e Uil spingono per arrivare ad accordi entro luglio su un nuovo modello contrattuale, non troppo distante da quello vecchio, con tutte le confederazioni padronali, isolando così la Confindustria. E solo Confindustria può convincere Federmeccanica a cercare un’altra strada. Ma anche questa sembra una strada in salita, il nuovo presidente di Confindustria è certamente libero, ma si è pronunciato a favore delle tesi della sua federazione di categoria e potrebbe essergli difficile cambiare.
Massimo Mascini