Garanzia Giovani è stata (come anche il JobsAct e tutti i provvedimenti in materia di politiche del lavoro) beneficiaria di lodi e denigrazioni (servo encomio e codardo oltraggio..?). Ma essendo ormai all’ordine del giorno il suo rifinanziamento vale la pena verificare se è possibile darne una valutazione obiettiva; in altre parole: vale la pena provarci ancora o sono soldi buttati via?
L’analisi dei dati (ISFOL, giugno 2016) ci dice che hanno aderito a GG oltre 1 milione di giovani: poco meno del 50% del target che, non dimentichiamo, era costituito dai giovani sotto i 29 anni che non lavorano e non sono in formazione: è poco in un Paese dove le Politiche Attive del Lavoro non sono mai esistite? Forse no: è segno che nel Paese c’è aspettativa nei confronti di una novità come le Politiche Attive.
Di tutti i giovani che hanno aderito, 350.000 hanno ricevuto una proposta: circa il 30% dei candidati. E’ poco? Una ricerca ARIFL ci dice che i risultati dei programmi di ricollocamento della Lombardia, e quelli comparabili di Gran Bretagna e Australia, danno esiti analoghi, intorno al 30%. Dunque stiamo parlando di un esito positivo? Calma: di questi 350.000 esiti positivi più della metà consistono in tirocini. Ma, domanda successiva, questi tirocini come finiscono? Bene, i dati di Piemonte, Lombardia e Veneto ci dicono che circa il 50% viene stabilizzato con un contratto di lavoro dipendente. Non è poco: il dato storico in Lombardia di stabilizzazione dei tirocini si aggirava prima di GG attorno al 12%
In realtà, però, stiamo parlando della media del pollo; ci son fortissime criticità che attengono all’attuazione della misura da parte delle Regioni: esiste un certo “strabismo” nella gestione del programma, che riguarda la misura dell’accompagnamento al lavoro e la successiva collocazione, ossia gli interventi che agli operatori vengono pagati “a risultato”. Solo alcune regioni hanno attivato questa misura (in totale 9) e di queste solamente 6 (Lombardia, Veneto, Liguria, Lazio, Puglia, Campania) hanno consentito che fosse aperta alle Agenzie per il Lavoro private. Il risultato è che Garanzia Giovani adotta il servizio di accompagnamento (con il rimborso a risultato avvenuto) solamente nel 30% del territorio nazionale. Guarda caso torna la percentuale di successo del 30% di cui si parlava prima.
Significativo il dato della Lombardia: il 60% dei richiedenti ha avuto una proposta di lavoro e tra questi un po’ più della metà ha avuto contratti (a termine, a tempo indeterminato, apprendistato) e poco meno della metà ha avviato tirocini. La ragione sta nel fatto che GG in Lombardia si è inserita su un sistema già consolidato di Politiche Attive (Dote Unica) di cui ha sostanzialmente rappresentato la fascia “dedicata” ai giovani NEET.
Ora, è chiaro che nei meccanismi di GG ci sono cose che vanno cambiate: ne parleremo. Ma il fatto che a parità di meccanismi i risultati siano così differenti tra le diverse Regioni, e che in particolare il risultato della Lombardia sia così tanto sopra la media, indica che le ragioni del successo di GG stanno soprattutto nelle modalità attuative adottate dalle Regioni. Evidentemente avere puntato sull’accompagnamento al lavoro e la collocazione, col pagamento a risultato, e aver creato un mercato aperto ai soggetti pubblici e privati è stata una scelta vincente. Del resto è una caratteristica consolidata del sistema lombardo di Politiche Attive, che consente di ottimizzare gli skills sia dei soggetti privati che di quelli pubblici, messi sullo stesso piano con le stesse regole e le stesse risorse. Giova ricordare a questo proposito che nei primi dieci operatori per risultati di Dote Unica Lavoro due sono AFOL (Centri per l’Impiego, nella denominazione classica).
Se ne deve dedurre che il problema di una miglior efficienza di GG non sta tanto nei suoi meccanismi interni quanto nella sua attuazione con un sistema che non metta vincoli alla competizione tra soggetti pubblici e privati accreditati.
Per inciso, l’esperienza di GG rappresenta anche un riferimento per l’attuazione delle Politiche Attive previste dal Jobs Act, in particolare l’Assegno di Ricollocazione: sarebbe sbagliato non prendere atto come il modello lombardo, che esclude competenze ed obblighi esclusivi in capo ai soggetti pubblici, è quello che si è dimostrato più efficiente.
In conclusione, e per tornare alla domanda iniziale, il metro di valutazione di GG dovrebbe cogliere, ancor più che i risultati in assoluto avendo a riferimento un risultato ideale, “alla scandinava”, quali progressi siano stati fatti rispetto al punto di partenza, cioè in Italia uguale a zero. . Il primo passo è stato fatto. Il bicchiere è oggettivamente mezzo vuoto, ma prima era vuoto del tutto. E il riformismo è paziente e intelligente: richiede di ripartire dai successi e di trarre lezioni dagli errori.