La vicenda degli insegnanti “deportati” dal Sud al Nord ha tenuto banco in queste settimane agostane su tutti i giornali. E’ chiaro che non bisogna mai difendere ciò che è indifendibile. Tuttavia mi chiedo quanti insegnanti nati e cresciuti a Sondrio o a Verona sarebbero disposti a trasferirsi a Gela o a Corleone a 40-50 anni d’età, dopo un decennio di incarichi nella scuola e magari con due figli a carico, per mille e trecento euro al mese. Per carità: un posto di lavoro pubblico e a tempo indeterminato oggi non si rifiuta. Sarebbe una follia. Ma diciamolo con franchezza: stavolta lo Stato ha dato una dimostrazione di insapienza con la storia degli “algoritmi” sbagliati e con le procedure (molto discutibili) di assegnazione delle cattedre. Si poteva evitare questa situazione con un po’ di buon senso e con un sano dialogo con i sindacati che di queste cose se ne intendono. Il risultato è una situazione di caos in tutte le province (non solo quelle del Sud) che porterà ad una valanga di ricorsi. Diecimila persone dovranno spostarsi dal Sud al Nord. Dietro gli errori nei trasferimenti ci sono storie di persone precarie da 20 anni, di famiglie avvelenate, di sogni e speranze deluse.
Ma al di là della vicenda, spiacevole in sé, ciò che intristisce è questa sequela di luoghi comuni e di falsi miti contro i giovani docenti del Sud all’insegna dell’urlo “lavativi e sfaticati”. Una caricatura della realta’. Vecchi pregiudizi nei confronti di un meridione piagnone, incapace di risollevarsi con le proprie gambe. In effetti la vicenda dei diplomati in alcune province del Sud premiati dai professori con i voti più alti alla maturità rispetto agli studenti del Nord, non e’ un bel segnale di trasparenza. Tuttavia, non me ne vogliano Ernesto Galli della Loggia e Gian Antonio Stella, e’ anche vero che i migliori laureati delle Università del Nord, dalla Bocconi alla Normale di Pisa, sono quasi sempre studenti meridionali, evidentemente piu’ motivati degli altri. Basta consultare i dati del Miur. Bisognerebbe poi ricordare che l’esodo della classe intellettuale meridionale è un fenomeno cominciato già nei primi anni del secolo scorso perché al Nord quasi nessuno sceglieva di fare il mestiere dell’insegnante, dopo tanti anni di studi e sacrifici. Intere generazioni di giovani rampolli della borghesia nordica sono stati educati e si sono formati attraverso i manuali dei meridionali Gentile, Vittorini, Guglielmino, Perrotta, Marchesi, Russo. E’ sbagliato, insomma, alimentare polemiche tra una presunta scuola del nord efficiente ed una scuola di privilegiati e raccomandati al Sud. Vi prego basta con questa vecchia retorica anti sudista.
Come ha scritto in un bellissimo libro Pino Aprile, la verità è che si vuole isolare un dettaglio per nascondere il totale. La progressiva delegittimazione della scuola meridionale è stata perpetrata in silenzio in questo ultimo decennio. In questo l’analisi di Galli della Loggia e’ corretta: il Mezzogiorno e’ da sempre un mondo a parte. Lo Stato nazionale non solo si e’ ritirato ma anzi ha favorito questo lento degrado del Sud. Se oggi il tempo pieno si fa solo nelle regioni del Nord è chiaro che ha bisogno di più insegnanti in quelle regioni. Lo stesso vale per gli asili nido i cui finanziamenti pubblici sono stati spesso dirottati al Nord, come chiedeva la Lega. I soldi destinati al sud per i servizi sono andati alle quote latte. C’è stata una chiara discriminazione economica, sociale, infrastrutturale e soprattutto culturale. Un altro esempio? La scandalosa cancellazione dai programmi dei licei della gran parte degli scrittori e dei poeti del Sud pur sapendo che il predominio della letteratura meridionale nel Novecento è evidente. Quasimodo, Deledda, Sciascia, Bufalino, Alvaro, depennati da una commissione ministeriale con un colpo di penna. Per non parlare dei criteri di valutazione introdotti per le Università: si definiscono migliori quelle nel cui territorio ci sono aziende ricche. Vuol dire che quelle del Sud sono destinate alla chiusura anche se fanno più ricerca di quelle del Nord. Risultato: i corsi di laurea nel Sud vengono soppressi ed i ragazzi sono costretti a trasferirsi nelle regioni settentrionali per studiare. Una emigrazione coatta di massa. Un costo sociale enorme ed un depauperamento del Sud. Insomma, le cose vanno sempre viste da entrambi i versanti. Se vogliamo davvero unificare culturalmente questo paese, dobbiamo uscire dalla logica degli algoritmi e dei centri di ricerca ed affrontare il tema della scuola con equilibrio, puntando sulla meritrocrazia sia per quanto riguarda la scelta del corpo docente, sia per la carriera scolastica degli studenti. Senza mortificare le aspettative di una parte del paese e di una intera generazione.
Salvo Guglielmino