E’ di pochi giorni fa la lettera firmata da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil con la quale le parti sociali denunciavano al ministro Poletti il sostanziale boicottaggio, da parte delle direzioni del Lavoro, della raccolta dati sulla rappresentanza. Una lettera sorprendente, considerando le costanti sollecitazioni del governo a sindacati e imprese perché si realizzi la tanto attesa rappresentanza certificata, minacciando peraltro di procedere per legge non si fosse ottenuto il risultato previsto in tempi stretti. Ma, a quanto pare, e’ proprio il governo – o meglio, il ministero del Lavoro- a tenere il piede sul freno.
Per capire cosa c’e’ dietro, occorre fare un salto indietro di almeno due anni esatti, e tornare al settembre 2014, quando lo stesso Poletti emanò una direttiva che impegnava le direzioni territoriali a collaborare con la gigantesca opera di raccolta dati messa in atto dalle parti sociali. L’accordo del gennaio 2014 sulla rappresentanza, firmato da CONFINDUSTRIA e sindacati, prevede infatti che la ‘’bilancia” sulla quale pesare il reale valore di rappresentanza di ciascuna parte sia composta da due ‘’piatti’’: sul primo gli iscritti per ciascun contratto di categoria, sul secondo i voti ottenuti da ciascun sindacato nelle elezioni delle Rsu. Per il primo caso l’ente di riferimento era l’Inps, nel secondo il compito spettava invece alle direzioni territoriali del lavoro, alle quali era indirizzata, appunto, la direttiva del ministero.
Perche’ le direzioni? Presso queste ultime, in base all’accordo del 1993, e’ insediato il comitato di garanzia a cui si ricorre in caso di contestazioni sulle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. E dunque, ritenute un ‘’elemento terzo’’ in grado di certificare in modo veritiero, e con tanto di timbro ‘’pubblico’’, i voti ottenuti da ciascuna sigla sindacale.
A due anni di distanza, però, la situazione è la seguente: i dati che attenevano alle iscrizioni dei lavoratori alle diverse categorie contrattuali sono stati raccolti al 50%, con punte dell’80 e perfino 90% in alcune grandi categorie come metalmeccanici, chimici, trasporti. Questo anche grazie a un accordo stipulato dalle parti sociali con l’Inps, che ha funzionato a dovere. Dalle direzioni territoriali, invece, zero assoluto: non e’ arrivato nemmeno un dato. Il che rende pero’ inutile anche la raccolta sull’altro fronte, poiche’ i due rilevamenti –iscritti e voti Rsu- devono necessariamente essere ‘’incrociati’’ per fornire un risultato certo.
Constatata la situazione di totale stallo, sindacati e Confindustria hanno quindi deciso di scrivere una lettera pubblica al ministro Poletti, richiamandolo alle sue responsabilità. Sperando che abbia più successo delle altre numerose sollecitazioni inviate in questi mesi alle direzioni, alle quali le varie strutture hanno risposto con le scuse più diverse: che non avevano il tempo di occuparsi della raccolta dati, che non era chiaro ‘’come’’ dovevano occuparsene, che non erano in grado di definire il comitato di garanzia, che attendevano una più stringente direttiva dal ministero o, infine, non hanno risposto affatto.
Su questo atteggiamento singolare, tuttavia, più che la volontà di boicottare l’iniziativa sulla rappresentanza sembra pesi una sorta di ‘’guerra fredda’’ che sarebbe in corso al ministero del Lavoro, sottoposto da mesi a una costante ristrutturazione di ruoli, incarichi e deleghe, con conseguenti tensioni e ripicche nelle diverse strutture. Come che sia, sta di fatto che a quasi tre anni dall’accordo firmato da sindacati e CONFINDUSTRIA, e a due dalla direttiva ministeriale, la raccolta dati resta ancora monca, ed e’ quindi impossibile stabilire con certezza ‘’chi rappresenta chi’’. E stavolta non per colpa dei sindacati.